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Albano Paolinelli / Danilo Susi – Realismo astratto
Il termine “REALISMO ASTRATTO” sottintende una forma di conciliazione degli opposti. E’ un vero e proprio ossimoro, cioè una figura retorica in cui due termini opposti convivono. Ma si sa che l’arte è proprio la realizzazione dell’impossibile, visione di qualcosa che nel mondo ancora deve esistere. Per questo due artisti che provengono da percorsi e formazioni diverse, utilizzando la fotografia, Danilo Susi e la pittura, Albano Paolinelli, si sono messi insieme attorno ad un progetto comune. Si tratta di una scelta teorica che ha la sua ragion d’essere all’interno delle reciproche poetiche e della prassi dell’operare artistico. Ma si tratta anche della volontà di costituire un gruppo di ricerca, di mettere insieme delle affinità elettive che diventano originalità e ricerca di novità nell’arte
Il critico Valerio Dehò così si esprime nel testo introduttivo a proposito delle opere degli autori:
“ Il lavoro di Danilo Susi si svolge alla ricerca della poesia del mondo. Questa poesia viene principalmente dalla Natura, intesa non soltanto come spettacolo e traslitterazione del sublime, ma come particolare del tutto….è sempre l’acqua il soggetto universale come la musica, quello preferito da Susi, come un terreno di sperimentazione non soltanto compositiva, ma anche visiva. In molte immagini il movimento liquido viene osservato da uno scorcio molto ravvicinato, quasi da un close up, che rivela un mondo inaspettato.
Molti dei “luoghi” di Albano Paolinelli sono già pronti per abbandonare ogni mimesis, anzi sono già al di là, oltre l’evocazione dei titoli…luoghi, mappe o paesaggi, si tratta di avventure dentro l’umano e le sue suggestioni, le sue paure di perdersi o, peggio, di ritrovarsi. Bisogna affrontare la semplicità di queste visioni per quello che direttamente non si vede. Bisogna lasciarsi andare alla meditazione, fare andare il pensiero dove vuole, al di là della tela, oltre lo spazio che contiene fisicamente i quadri.
Il termine “REALISMO ASTRATTO” sottintende una forma di conciliazione degli opposti. E’ un vero e proprio ossimoro, cioè una figura retorica in cui due termini opposti convivono. Ma si sa che l’arte è proprio la realizzazione dell’impossibile, visione di qualcosa che nel mondo ancora deve esistere. Per questo due artisti che provengono da percorsi e formazioni diverse, utilizzando la fotografia, Danilo Susi e la pittura, Albano Paolinelli, si sono messi insieme attorno ad un progetto comune.
Si tratta di una scelta teorica che ha la sua ragion d’essere all’interno delle reciproche poetiche e della prassi dell’operare artistico. Ma si tratta anche della volontà di costituire un gruppo di ricerca, di mettere insieme delle affinità elettive che diventano originalità e ricerca di novità nell’arte.”
L’astrazione come rimeditazione del reale
Credo sia molto interessante riflettere su come ciascuno dei due autori realizza il proprio personale processo di astrazione: entrambe le modalità utilizzate da questi due artisti, sono quelle tipiche che noi usiamo non solo per “astrarre” (che è per la verità, tipica operazione artistica e visuale) ma soprattutto, per meditare, cioè per trovare sensi e analogie più profonde in ciò che vediamo. Si spiega forse così la parola “realismo” in così evidente antiteticità con “astrazione”: quelle dei due artisti non sono “fughe dal reale” ma piuttosto due esperienze ancorate ad esso, che partono cioè dal reale e non lo negano mai, assumendolo piuttosto, in ciascuna delle particolari visioni, come il luogo della riflessione e dell’indagine, come il luogo dove si esplica il proprio impegno estetico e intellettuale.
Non si nega il reale, lo si vuole piuttosto, rendere significativo, profondo e contemplativo e per fare ciò bisogna mettere in “evidenza” oppure bisogna trattarlo in modo che il filtro dei propri occhi, della propria anima e della propria arte, lo restituisca trasfigurato.
Partiamo dalla fotografia di Danilo Susi: il suo obbiettivo isola un particolare della realtà (un riverbero, un riflesso, una texture, un accostamento di colori) e si concentra sui rapporti cromatici e sulle superfici (soprattutto nel caso di questa mostra) mobili e instabili.
Il suo è uno sguardo analitico, dove il particolare diventa il tutto, dove si porta all’evidenza dell’osservatore qualcosa di apparentemente casuale e irrilevante che, astratto dal suo contesto diviene significante e di rilievo per la sua qualità estetica. L’attitudine analitica consente quindi di rivelare il senso e la bellezza nel dettaglio intimo della visione abituale: il “piccolo” diventa emblema, trova dignità; è quella piccola impressione fuggevole (e non a caso si potrebbe usare per la sua il termine di “fotografia impressionista”) che resta eternata nel congelamento e nel ritaglio. Il variabile e l’incostante inarrestabile flusso dello sguardo, il casuale che si dispone davanti agli occhi normalmente imprendibile diventa cosi una attimo fuggevole possibile sempre da contemplare.
Albano Paolinelli lavora invece attraverso una operazione di “sottrazione”: prima viene scelta una immagine del reale (un volto, una sedia, un angolo di città, un oggetto) poi essa viene scavata, scomposta, dilavata, sottratta alla certezza e alla definizione, sottratta allo sguardo ordinario. Questa è dunque una operazione di rimeditazione condotta attraverso un processo decostruttivo dell’immagine e del significato originario che essa rappresentava. Paolinelli ne prolunga le linee, ne cancella delle parti, ne fa emergere delle altre con altre logiche, decostruisce e ricostruisce il suo aspetto senza negarne l’identità di origine e attraverso questa operazione astraente, rielabora i significati. L’armonia o la disarmonia dei significati e dell’insieme viene composta a posteriori attraverso una riflessione sul senso della forma e sulle metafore legate all’oggetto.
Sono dunque due modi di astrarre: il primo ha un rapporto immediato, intuitivo, analitico che cerca tra gli sguardi possibili sul reale quella parte in grado di svelare il dettaglio che unico dia un senso per il tutto. Questo approccio del resto è intimamente legato alla fotografia come strumento creativo. Nell’altra modalità invece, il processo e la catarsi della visione sono condotti per metodo e “ragionamento” analogico, condotto in una paziente riflessione: è una rimeditazione su ciò che si è visto, sulla memoria, una operazione più concettuale che mira ad una sorta di spiritualizzazione dell’immanenza del dato visivo d’origine.
Il risultato è qualcosa di coinvolgente cromaticamente, visivamente ed intellettualmente, perché nelle visioni dei due autori resta fortemente presente una sorta di “incanto” e curiosità di capire e scoprire; tale approccio rende queste espressioni fresche e vitali, dinamiche e vive capaci di catturare l’osservatore attraverso la rilevanza dell’impatto estetico e portarlo comunque a concentrarsi sul “tempo interiore” che si richiede per poter apprezzare una qualsiasi forma d’arte.
C’è dunque dentro queste ricerche visive una passione inesauribile proprio nei confronti del reale che è sempre visto come il luogo d’origine dell’immaginazione e dell’interpretazione come se i nostri due artisti, attraverso vie diverse, avessero sempre ben chiaro che una creatività disancorata dal luogo da dove ha origine e nel quale tutti noi viviamo e siamo, potrebbe lasciarci perdere nell’autoreferenzialità e in un simbolismo vago. Il non perdere mai riferimenti con il reale consente invece di poter leggere queste immagini in tutta la loro potenzialità, in modo tale che l’astrazione si riveli come uno dei modi necessari per procedere alla ricerca del senso stesso della realtà.
Antonio Zimarino – Pescara, 6 ottobre 2013
Albano Paolinelli / Danilo Susi – Realismo astratto
arte contemporanea
Pescara, Via Gran Sasso, 53, (Pescara)