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25
novembre 2009
Il Macro dà il via a un nuovo, particolare progetto
chiamato MacroWall.
Il museo offre una delle sue pareti, per la precisione quella di fondo della
sala al secondo piano, di volta in volta a un artista diverso, per dar spazio a
un’opera o a un’installazione di grande formato. Condizione necessaria, ma non
sufficiente, è la capacità della prescelta di espandersi nell’ambiente e di
conquistarsi l’attenzione dello spettatore, che deve quasi essere
irresistibilmente richiamato dalla parete- opera.
Alessandro Pessoli (Cervia, Ravenna, 1963; vive a Milano) è il primo
inquilino a mostrare il suo operato: una serie di 50 acquerelli di piccolo
formato disposti in sequenza, a comporre una vera e propria storia dal sapore
fantastico. Il romagnolo sceglie un mezzo pittorico appartenente alla
tradizione delle tecniche artistiche per trasporre in immagini quello che lui
stesso ha definito “un sogno pilotato”, nel senso che – al momento della realizzazione –
passava da un foglio all’altro senza soluzione di continuità, come in preda a
un delirio espressivo.
Il risultato è un insieme di singole scene che però
possono essere riassorbite in un tutto unico, popolate da figurine evanescenti
disposte in architetture e ambienti appena accennati con un tratto leggero. Si
dispiega dunque sotto gli occhi dello spettatore quello che sembra un incrocio
tra uno storyboard per il cinema e il blocco per gli schizzi dell’artista,
poiché ogni foglio cattura una piccola fetta di mondo, inquadrando situazioni
reali, come il sub in fondo al mare o il parco di divertimenti, oppure
fantastiche, come certi scenari da Alice nel paese delle meraviglie fatti di colore addensato o “sgocciolato”.
Pessoli, presente alla 53. Biennale di Venezia, ha saputo
sviluppare sin dal suo esordio in pittura, sul finire degli anni ’80, un’arte
che non solo trascende il risultato della Transavanguardia, tanto in voga
all’epoca, ma anche le successive esperienze anni ’90 relative alle
installazioni, al video e a tutti i nuovi media, rimanendo indiscutibilmente
autentica e fuori dal coro, immersa “in una specie di liquido amniotico”, secondo le parole dell’artista.
Proprio questa sottile malinconia, questa fuga immaginaria
in uno spazio senza tempo e senza dimensioni conferisce a quest’opera il
diritto di occupare un posto ben definito non solo sulla parete di un museo, ma
anche nello spazio bianco delle menti dei visitatori, dispiegandosi in “un
piccolo film mentale, immaginifico e bizzarro”.
Quasi non ci si rende conto delle grandi dimensioni del
lavoro presentato al Macro, perché conserva una dimensione intima e raccolta
pur nella sua vastità, come un insieme di solitudini, tante piccole bolle che
ospitano micro-storie e micro-drammi. Proprio come in un condominio a più
piani, ma diluite in un’atmosfera ora rarefatta, ora densa e rappresa.
chiamato MacroWall.
Il museo offre una delle sue pareti, per la precisione quella di fondo della
sala al secondo piano, di volta in volta a un artista diverso, per dar spazio a
un’opera o a un’installazione di grande formato. Condizione necessaria, ma non
sufficiente, è la capacità della prescelta di espandersi nell’ambiente e di
conquistarsi l’attenzione dello spettatore, che deve quasi essere
irresistibilmente richiamato dalla parete- opera.
Alessandro Pessoli (Cervia, Ravenna, 1963; vive a Milano) è il primo
inquilino a mostrare il suo operato: una serie di 50 acquerelli di piccolo
formato disposti in sequenza, a comporre una vera e propria storia dal sapore
fantastico. Il romagnolo sceglie un mezzo pittorico appartenente alla
tradizione delle tecniche artistiche per trasporre in immagini quello che lui
stesso ha definito “un sogno pilotato”, nel senso che – al momento della realizzazione –
passava da un foglio all’altro senza soluzione di continuità, come in preda a
un delirio espressivo.
Il risultato è un insieme di singole scene che però
possono essere riassorbite in un tutto unico, popolate da figurine evanescenti
disposte in architetture e ambienti appena accennati con un tratto leggero. Si
dispiega dunque sotto gli occhi dello spettatore quello che sembra un incrocio
tra uno storyboard per il cinema e il blocco per gli schizzi dell’artista,
poiché ogni foglio cattura una piccola fetta di mondo, inquadrando situazioni
reali, come il sub in fondo al mare o il parco di divertimenti, oppure
fantastiche, come certi scenari da Alice nel paese delle meraviglie fatti di colore addensato o “sgocciolato”.
Pessoli, presente alla 53. Biennale di Venezia, ha saputo
sviluppare sin dal suo esordio in pittura, sul finire degli anni ’80, un’arte
che non solo trascende il risultato della Transavanguardia, tanto in voga
all’epoca, ma anche le successive esperienze anni ’90 relative alle
installazioni, al video e a tutti i nuovi media, rimanendo indiscutibilmente
autentica e fuori dal coro, immersa “in una specie di liquido amniotico”, secondo le parole dell’artista.
Proprio questa sottile malinconia, questa fuga immaginaria
in uno spazio senza tempo e senza dimensioni conferisce a quest’opera il
diritto di occupare un posto ben definito non solo sulla parete di un museo, ma
anche nello spazio bianco delle menti dei visitatori, dispiegandosi in “un
piccolo film mentale, immaginifico e bizzarro”.
Quasi non ci si rende conto delle grandi dimensioni del
lavoro presentato al Macro, perché conserva una dimensione intima e raccolta
pur nella sua vastità, come un insieme di solitudini, tante piccole bolle che
ospitano micro-storie e micro-drammi. Proprio come in un condominio a più
piani, ma diluite in un’atmosfera ora rarefatta, ora densa e rappresa.
articoli correlati
Pessoli
alla Biennale 2009
chiara ciolfi
mostra visitata il 17 novembre 2009
dal 12 ottobre al 30 novembre 2009
MacroWall #1 – Alessandro Pessoli
a cura di Cecilia Canziani e Luca Lo Pinto
MACRo – Museo d’Arte Contemporanea di Roma
Via Reggio Emilia, 54 (zona Nomentana-Porta Pia) – 00198 Roma
Orario: da martedì a domenica ore 9-19
Ingresso: intero
€ 4,50; ridotto € 3
Catalogo Electa
Info:
tel. +39 06671070400; fax +39 068554090; macro@comune.roma.it; www.macro.roma.museum
[exibart]
Alessandro è uno dei pochi che resteranno !
certo perchè è riuscito a lavorare con galleristi come anton kern e greengrassi!!!
No ! semplicemente perchè è bravo. Conosco Alessandro fin dai tempi dell’accademia a Bologna e quindi so quello che dico !
Terribile non tanto il pittore ma l’ignoranza e l’incompetenza di certi ; alla biennale ha fatto una pessima figura