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Getulio Alviani – Opere dagli anni sessanta alla fine degli anni settanta
Mostra personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Getulio Alviani
Opere dagli anni sessanta alla fine degli anni settanta
Negli occhi di Getulio Alviani
«…attraverso l’occhio si assumono più dell’ottanta per cento delle informazioni e ciò lo rende il
fulcro dell’essere e del fare. tutto questo è stato il mio unico interesse e scopo della vita, ben al
di sopra delle mode o “delle diverse chiavi di lettura” che non sapevo neppure cosa fossero. poi
il mondo dell’immagine è esploso in una direzione del tutto diversa – scrive Getulio Alviani–
invece dell’acutizzazione del pensiero sono dilagati, per l’incontrastata influenza dei mass-media,
la banalità, la mediocrità diffusa, la passività, l’atrofizzazione del senso critico in una generalizzata
omologazione verso il basso…».
Il 20 aprile la Galleria Tonelli inaugura la mostra dedicata a Getulio Alviani (Udine, 1939) che
prevede l’esposizione di una ventina di lavori realizzati dall’artista tra il 1960 e la fine degli
anni ’70. Perseguendo negli anni incessanti ricerche sui materiali e innescando un meccanismo
d’organizzazione d’insieme in sistemi programmati, Alviani ha dato vita a opere come le diverse
superfici a testura vibratile, il rilievo speculare a elementi curvi del 1965 e i cerchi virtuali del 1967-
69.
Lo sguardo di Getulio Alviani, la sua espressione e il suo atteggiamento sono un filtro che mette
in luce ciò che prende forma nella sua mente. «nella mia mente, tutti i concetti, le sensazioni, le
idee prendevano forma di punti, segmenti, linee, colori, volumi, pesi e rapporti a livello geometrico
elementare, dinamici nel loro svilupparsi… - racconta Alviani - i sensi non contaminati hanno
proporzioni matematiche». Osservare con gli occhi di Getulio Alviani significa tra le altre cose,
esplorare nei frammenti della sua gioventù e percorrere, in tal modo, un viaggio a ritroso nel
tempo, quando l’esistenza dei singoli si rapportava a questioni differenti da quelle dell’oggi e
quando «le prospettive tendevano verso l’alto», ricorda l’artista. L’agire, il mettere in atto un’idea
e il rapporto con l’arte sono sempre stati i termini di raffronto più marcati nella vita di Alviani fino
al momento in cui ha avuto a che fare con i mutamenti del periodo contemporaneo, camminando tra
le sfumature culturali, sociali e politiche avvenute nel corso di questi anni. Se allora, in gioventù,
Alviani dava all’arte un ruolo di prestigio e d’illuminante inclinazione, ponendo l’uomo stesso in
una posizione di potere sul versante evolutivo, nel periodo attuale egli appare alquanto catastrofico.
Ci si domanda cosa sia accaduto. Soltanto analizzando il passato si può essere all’altezza di una
comprensione del presente. «…l’uomo è stato sommerso da una proliferazione di oggetti e d’istanze
inconsulte. Si è giunti in quasi tutti i campi - e in arte in particolare, sostiene Alviani - alla più totale
offesa dell’intelligenza e al trionfo dell’imbecillità. L’assoluta arbitrarietà ha sostituito la lucidità di
accertamento e di valutazione. La razionalità è meno che opzionale, la scaltrezza e la spudoratezza
sono divenute doti ricercate nelle quali l’indole italiana, così pronta ad assorbire e adottare mode
facili, certo s’identifica…». Il suo risentimento non si scaglia solamente verso il mondo dell’arte
che è diventato a parer suo «ricettacolo dei peggiori inetti, di chiunque non sia in grado di fare
nient’altro, un ripiego per incapaci impudenti e per una pletora di millantatori, spacciatori d’idiozie
contrabbandate come cultura», ma anche sul sistema tutto che ci circonda, un sistema perverso dal
quale distanziarsi.
Da giovanissimo Getulio Alviani trascorre le sue giornate nel laboratorio di uno scultore.
Successivamente, frequenta uno studio di architetti e ingegneri fino a imbarcarsi in pianificazioni
di grafica e progettazione all’interno di un’industria di apparecchiature elettriche. A questo punto,
riflettendo sulle problematiche connesse alla comunicazione visiva, crea le prime “linee luce”,
ovvero superfici metalliche fresate che poi, organizzate e composte modularmente, si tramuteranno
nelle sue note superfici a testura vibratile. Un giorno, mentre Alviani stava lavorando in laboratorio,
apparse Zoran Krzisnik, allora direttore della Galleria d’Arte Moderna di Lubiana, per vedere dei
modelli di mobili e notò alcune lamierine realizzate da Alviani; rimase attratto e decise di chiedere
all’artista di realizzarle in misure maggiori per poterle esporle nella sua piccola galleria a Lubiana.
Forse fu un caso il suo ingresso nel mondo dell’arte.
di Valentina Cavera
Inaugurazione 20 aprile, dalle ore 18.00 alle 21.00.
Fino al 30 maggio.
Galleria Tonelli, corso Magenta 85, Milano.
Tel./fax: 02 4812434; galleria.tonelli@tin.it
Il catalogo, con testi di Getulio Alviani e fotografie di Paolo Vandrasch, è disponibile in galleria.
Opere dagli anni sessanta alla fine degli anni settanta
Negli occhi di Getulio Alviani
«…attraverso l’occhio si assumono più dell’ottanta per cento delle informazioni e ciò lo rende il
fulcro dell’essere e del fare. tutto questo è stato il mio unico interesse e scopo della vita, ben al
di sopra delle mode o “delle diverse chiavi di lettura” che non sapevo neppure cosa fossero. poi
il mondo dell’immagine è esploso in una direzione del tutto diversa – scrive Getulio Alviani–
invece dell’acutizzazione del pensiero sono dilagati, per l’incontrastata influenza dei mass-media,
la banalità, la mediocrità diffusa, la passività, l’atrofizzazione del senso critico in una generalizzata
omologazione verso il basso…».
Il 20 aprile la Galleria Tonelli inaugura la mostra dedicata a Getulio Alviani (Udine, 1939) che
prevede l’esposizione di una ventina di lavori realizzati dall’artista tra il 1960 e la fine degli
anni ’70. Perseguendo negli anni incessanti ricerche sui materiali e innescando un meccanismo
d’organizzazione d’insieme in sistemi programmati, Alviani ha dato vita a opere come le diverse
superfici a testura vibratile, il rilievo speculare a elementi curvi del 1965 e i cerchi virtuali del 1967-
69.
Lo sguardo di Getulio Alviani, la sua espressione e il suo atteggiamento sono un filtro che mette
in luce ciò che prende forma nella sua mente. «nella mia mente, tutti i concetti, le sensazioni, le
idee prendevano forma di punti, segmenti, linee, colori, volumi, pesi e rapporti a livello geometrico
elementare, dinamici nel loro svilupparsi… - racconta Alviani - i sensi non contaminati hanno
proporzioni matematiche». Osservare con gli occhi di Getulio Alviani significa tra le altre cose,
esplorare nei frammenti della sua gioventù e percorrere, in tal modo, un viaggio a ritroso nel
tempo, quando l’esistenza dei singoli si rapportava a questioni differenti da quelle dell’oggi e
quando «le prospettive tendevano verso l’alto», ricorda l’artista. L’agire, il mettere in atto un’idea
e il rapporto con l’arte sono sempre stati i termini di raffronto più marcati nella vita di Alviani fino
al momento in cui ha avuto a che fare con i mutamenti del periodo contemporaneo, camminando tra
le sfumature culturali, sociali e politiche avvenute nel corso di questi anni. Se allora, in gioventù,
Alviani dava all’arte un ruolo di prestigio e d’illuminante inclinazione, ponendo l’uomo stesso in
una posizione di potere sul versante evolutivo, nel periodo attuale egli appare alquanto catastrofico.
Ci si domanda cosa sia accaduto. Soltanto analizzando il passato si può essere all’altezza di una
comprensione del presente. «…l’uomo è stato sommerso da una proliferazione di oggetti e d’istanze
inconsulte. Si è giunti in quasi tutti i campi - e in arte in particolare, sostiene Alviani - alla più totale
offesa dell’intelligenza e al trionfo dell’imbecillità. L’assoluta arbitrarietà ha sostituito la lucidità di
accertamento e di valutazione. La razionalità è meno che opzionale, la scaltrezza e la spudoratezza
sono divenute doti ricercate nelle quali l’indole italiana, così pronta ad assorbire e adottare mode
facili, certo s’identifica…». Il suo risentimento non si scaglia solamente verso il mondo dell’arte
che è diventato a parer suo «ricettacolo dei peggiori inetti, di chiunque non sia in grado di fare
nient’altro, un ripiego per incapaci impudenti e per una pletora di millantatori, spacciatori d’idiozie
contrabbandate come cultura», ma anche sul sistema tutto che ci circonda, un sistema perverso dal
quale distanziarsi.
Da giovanissimo Getulio Alviani trascorre le sue giornate nel laboratorio di uno scultore.
Successivamente, frequenta uno studio di architetti e ingegneri fino a imbarcarsi in pianificazioni
di grafica e progettazione all’interno di un’industria di apparecchiature elettriche. A questo punto,
riflettendo sulle problematiche connesse alla comunicazione visiva, crea le prime “linee luce”,
ovvero superfici metalliche fresate che poi, organizzate e composte modularmente, si tramuteranno
nelle sue note superfici a testura vibratile. Un giorno, mentre Alviani stava lavorando in laboratorio,
apparse Zoran Krzisnik, allora direttore della Galleria d’Arte Moderna di Lubiana, per vedere dei
modelli di mobili e notò alcune lamierine realizzate da Alviani; rimase attratto e decise di chiedere
all’artista di realizzarle in misure maggiori per poterle esporle nella sua piccola galleria a Lubiana.
Forse fu un caso il suo ingresso nel mondo dell’arte.
di Valentina Cavera
Inaugurazione 20 aprile, dalle ore 18.00 alle 21.00.
Fino al 30 maggio.
Galleria Tonelli, corso Magenta 85, Milano.
Tel./fax: 02 4812434; galleria.tonelli@tin.it
Il catalogo, con testi di Getulio Alviani e fotografie di Paolo Vandrasch, è disponibile in galleria.
20
aprile 2012
Getulio Alviani – Opere dagli anni sessanta alla fine degli anni settanta
Dal 20 aprile al 30 maggio 2012
arte contemporanea
Location
GALLERIA TONELLI
Milano, Corso Magenta, 85, (Milano)
Milano, Corso Magenta, 85, (Milano)
Orario di apertura
lun-ven 9.30-13.30 e 16-19.30; sab 10-13 (pom su appuntamento)
Autore