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Sergio Coppi – Martyrium Amoris
In occasione della Festività di San Valentino 2012 le fotografie di Sergio Coppi propongono una profonda riflessione sul senso dell’amore, sentimento universale da non confondersi con il vacuo sentimentalismo. L’amore nell’accezione più ampia del termine, che prevede la fraterna condivisione, l’amore filiale, l’amore di chi consacra la propria vita al servizio degli altri, l’amore di Dio Padre.
Comunicato stampa
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In occasione della Festività di San Valentino 2012 le fotografie di Sergio Coppi propongono una profonda riflessione sul senso dell’amore, sentimento universale da non confondersi con il vacuo sentimentalismo. L’amore nell’accezione più ampia del termine, che prevede la fraterna condivisione, l’amore filiale, l’amore di chi consacra la propria vita al servizio degli altri, l’amore di Dio Padre. L’amore senza confini, raziali o ideologici, captato nella vita quotidiana, quella più vera e non patinata, che Coppi ha fotografato sottolineando l’essenza del sentimento. La mostra si apre con una frase emblematica un pensiero di Madre Teresa di Calcutta che ha detto: “La peggiore malattia dell’Occidente oggi non è la tubercolosi o la lebbra, ma il non sentirsi amati e desiderati, il sentirsi abbandonati. La medicina può guarire la malattia del corpo, ma l’unica cura per la solitudine, la disperazione e la mancanza di prospettive, è l’amore. Vi sono numerose persone al mondo che muoiono perché non hanno neppure un pezzo di pane, ma un numero ancora maggiore muore per mancanza d’amore.”
Coppi ha tradotto questa frase con la grafia della luce: le sue immagini, a volte, documentano realtà difficili, ma non per questo meno cariche d’amore. Scrivono i curatori: “L’amore crea un esercito di “martiri”, pronti a offrire se stessi per il bene del prossimo. Da tale concetto si dipana la mostra, che propone una riflessione attraverso alcune finestre virtuali e visuali affacciate su alcuni aspetti della carità, nella città natale di san Valentino: un cristiano come tanti che però si è fatto strumento del Vangelo, annullando se stesso e la sua vita in nome della Carità. La forza di Valentino, quindi, è la forza del “martire”, ossia la forza di ogni cristiano chiamato alla Carità. La città di Terni che ha toccato con mano il martirio di Valentino e insieme al suo quello di tanti altri cristiani – da Zenone ai Protomartiri francescani, dai discepoli di Valentino a Giunio Tinarelli – non può non distinguersi nella premura verso il prossimo, facendosi anch’essa “martire” degli ultimi, dei soli, di chi ha perso tutto.
La dimensione prioritaria della città di san Valentino sarà – e non potrà essere altrimenti – quella dell’amore autentico, quello evangelico che abbatte le barriere della solitudine e che si sforza di creare una società più umana e non una “città di soli” (Vincenzo Paglia, La via dell’amore). Se è vero che da soli si sta male, infatti, l’unica soluzione è aprirsi agli altri perché del resto, come sosteneva Madre Teresa di Calcutta: “La peggiore malattia dell’Occidente oggi non è la tubercolosi o la lebbra, ma il non sentirsi amati e desiderati, il sentirsi abbandonati. La medicina può guarire la malattia del corpo, ma l’unica cura per la solitudine, la disperazione e la mancanza di prospettive, è l’amore. Vi sono numerose persone al mondo che muoiono perché non hanno neppure un pezzo di pane, ma un numero ancora maggiore muore per mancanza d’amore”.
In effetti, buona parte della società contemporanea tende a riconoscere nell’individualismo e nel piacere edonistico due vessilli del successo, applicabili anche all’ambito sentimentale o amoroso. Al di là di qualche labile e vacuo slancio filantropico, non di rado finalizzato a suscitare la pubblica ammirazione, molte persone si trincerano dietro i più vari ma pur sempre personali e privati interessi, da quelli economici a quelli ideologici, elevando barriere tra loro e il mondo circostante, incuranti del bene e del destino comune. Per invertire tale nefasta, disumana attitudine c’è soltanto un rimedio: “L’amore (che) vince, abbatte le frontiere, spezza le barriere fra gli esseri umani. L’amore (che) crea una nuova società”, come ha scritto il beato Giovanni Paolo II per la festa di San Valentino nel 1997.” E in merito all’arte di Coppi aggiungono: “Molte delle sue fotografie hanno insegnato al nostro sguardo a mettere a fuoco l’essenza della vita, e per questa mirabile capacità sono assimilabili alla più sublime arte poetica. Così le immagini di questa mostra: icastica testimonianza dell’amore, inteso soprattutto come attenzione verso il prossimo o carità fraterna che in parte caratterizzano e contraddistinguono ancora il vivere nella città di San Valentino”
Si badi bene, infatti, che le foto che si espongono non sono state fatte per l’occasione, né sono costruite, ma sono scatti “rubati” dalla vita reale, senza finzione, senza costruzioni a posteriori. Coppi ha fissato nelle sue immagini gesti amorevoli, la forza dei sentimenti, la fraterna condivisione, che dimostrano con icastica evidenza come “La carità, ossia la testimonianza dell’amore gratuito e disinteressato di Dio, in particolare nella sua manifestazione verso i poveri, costituisce il segno più evidente della presenza di Dio nel mondo contemporaneo.” (V. Paglia)
La mostra si divide in tre capitoli, dispiegati nelle principali sale al pianterreno del museo.
La I sale è costituita dalle foto della serie “Baci da Terni”: una raccolta d’immagini che vanno dal tenero bacio di due bambini di fronte alla Lancia di luce, all’amorevole passeggiata di un padre che con il figlio disabile visitano Carsulae, scelta come immagine-simbolo della mostra.
La II sala sarà riservata a “Una giornata particolare”: la storia di Squillino e Maura, due sventurati che si sono amati e a cui l’intera città ha voluto bene (“Dio è presente ovunque gli sventurati sono amati per se stessi”. S. Weil).
La III sezione dedicata al “Martyrium Amoris”, Coppi la dedica alle testimonianze di Valentino, dei Protomartiri francescani, di Gabriele dell’Addolorata e di Giunio Tinarelli fino ad arrivare alla santità “conosciuta”, quella del Beato Giovanni Paolo II di cui Coppi mostra alcuni scatti inediti della visita che il pontefice fece alla città di Terni nel 1981. Un consistente numero di immagini sono riservate ad illustrare le “opere di misericordia”, ovvero la sintesi dell’opera cristiana della Carità nella quotidianità di una società offuscata dall’egoismo.
Coppi ha tradotto questa frase con la grafia della luce: le sue immagini, a volte, documentano realtà difficili, ma non per questo meno cariche d’amore. Scrivono i curatori: “L’amore crea un esercito di “martiri”, pronti a offrire se stessi per il bene del prossimo. Da tale concetto si dipana la mostra, che propone una riflessione attraverso alcune finestre virtuali e visuali affacciate su alcuni aspetti della carità, nella città natale di san Valentino: un cristiano come tanti che però si è fatto strumento del Vangelo, annullando se stesso e la sua vita in nome della Carità. La forza di Valentino, quindi, è la forza del “martire”, ossia la forza di ogni cristiano chiamato alla Carità. La città di Terni che ha toccato con mano il martirio di Valentino e insieme al suo quello di tanti altri cristiani – da Zenone ai Protomartiri francescani, dai discepoli di Valentino a Giunio Tinarelli – non può non distinguersi nella premura verso il prossimo, facendosi anch’essa “martire” degli ultimi, dei soli, di chi ha perso tutto.
La dimensione prioritaria della città di san Valentino sarà – e non potrà essere altrimenti – quella dell’amore autentico, quello evangelico che abbatte le barriere della solitudine e che si sforza di creare una società più umana e non una “città di soli” (Vincenzo Paglia, La via dell’amore). Se è vero che da soli si sta male, infatti, l’unica soluzione è aprirsi agli altri perché del resto, come sosteneva Madre Teresa di Calcutta: “La peggiore malattia dell’Occidente oggi non è la tubercolosi o la lebbra, ma il non sentirsi amati e desiderati, il sentirsi abbandonati. La medicina può guarire la malattia del corpo, ma l’unica cura per la solitudine, la disperazione e la mancanza di prospettive, è l’amore. Vi sono numerose persone al mondo che muoiono perché non hanno neppure un pezzo di pane, ma un numero ancora maggiore muore per mancanza d’amore”.
In effetti, buona parte della società contemporanea tende a riconoscere nell’individualismo e nel piacere edonistico due vessilli del successo, applicabili anche all’ambito sentimentale o amoroso. Al di là di qualche labile e vacuo slancio filantropico, non di rado finalizzato a suscitare la pubblica ammirazione, molte persone si trincerano dietro i più vari ma pur sempre personali e privati interessi, da quelli economici a quelli ideologici, elevando barriere tra loro e il mondo circostante, incuranti del bene e del destino comune. Per invertire tale nefasta, disumana attitudine c’è soltanto un rimedio: “L’amore (che) vince, abbatte le frontiere, spezza le barriere fra gli esseri umani. L’amore (che) crea una nuova società”, come ha scritto il beato Giovanni Paolo II per la festa di San Valentino nel 1997.” E in merito all’arte di Coppi aggiungono: “Molte delle sue fotografie hanno insegnato al nostro sguardo a mettere a fuoco l’essenza della vita, e per questa mirabile capacità sono assimilabili alla più sublime arte poetica. Così le immagini di questa mostra: icastica testimonianza dell’amore, inteso soprattutto come attenzione verso il prossimo o carità fraterna che in parte caratterizzano e contraddistinguono ancora il vivere nella città di San Valentino”
Si badi bene, infatti, che le foto che si espongono non sono state fatte per l’occasione, né sono costruite, ma sono scatti “rubati” dalla vita reale, senza finzione, senza costruzioni a posteriori. Coppi ha fissato nelle sue immagini gesti amorevoli, la forza dei sentimenti, la fraterna condivisione, che dimostrano con icastica evidenza come “La carità, ossia la testimonianza dell’amore gratuito e disinteressato di Dio, in particolare nella sua manifestazione verso i poveri, costituisce il segno più evidente della presenza di Dio nel mondo contemporaneo.” (V. Paglia)
La mostra si divide in tre capitoli, dispiegati nelle principali sale al pianterreno del museo.
La I sale è costituita dalle foto della serie “Baci da Terni”: una raccolta d’immagini che vanno dal tenero bacio di due bambini di fronte alla Lancia di luce, all’amorevole passeggiata di un padre che con il figlio disabile visitano Carsulae, scelta come immagine-simbolo della mostra.
La II sala sarà riservata a “Una giornata particolare”: la storia di Squillino e Maura, due sventurati che si sono amati e a cui l’intera città ha voluto bene (“Dio è presente ovunque gli sventurati sono amati per se stessi”. S. Weil).
La III sezione dedicata al “Martyrium Amoris”, Coppi la dedica alle testimonianze di Valentino, dei Protomartiri francescani, di Gabriele dell’Addolorata e di Giunio Tinarelli fino ad arrivare alla santità “conosciuta”, quella del Beato Giovanni Paolo II di cui Coppi mostra alcuni scatti inediti della visita che il pontefice fece alla città di Terni nel 1981. Un consistente numero di immagini sono riservate ad illustrare le “opere di misericordia”, ovvero la sintesi dell’opera cristiana della Carità nella quotidianità di una società offuscata dall’egoismo.
11
febbraio 2012
Sergio Coppi – Martyrium Amoris
Dall'undici al 19 febbraio 2012
fotografia
Location
MUSEO DIOCESANO E CAPITOLARE
Terni, Via Xi Febbraio, 4, (Terni)
Terni, Via Xi Febbraio, 4, (Terni)
Orario di apertura
Giorni feriali: 15.00-19.00
Giorni festivi: 10-12.30 e 16-19
Vernissage
11 Febbraio 2012, h 18
Autore
Curatore