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Tutto è iniziato con una lettera. Una missiva spedita da Alessandro
Scarabello (Roma,
1979) agli “amici”. Seppur più propriamente amici del padre – fulcro da cui si
è irradiato l’intero progetto e che significativamente apre la mostra stessa -,
quelle persone sono diventate parte della sua esistenza, suoi amici, appunto.
Attraverso l’ormai obsoleta e pressoché dimenticata epistola cartacea,
Scarabello ha invitato i suoi “soggetti” a diventare soggetti-attivi del
ritratto. Ha cioè chiesto loro di ritornare con la mente al passato, a quel
momento che in qualche modo ha rappresentato uno spartiacque e che ha, di
conseguenza, determinato il successivo corso della loro esistenza.
Tutti ex sessantottini, o comunque partecipanti a quel
movimento di voglia di cambiamento e d’innovazione, con il loro ritratto e la
loro “piccola” storia, Scarabello, in linea al suo modo di approcciarsi alle
cose, delinea la personale concezione del mondo e l’attenzione a temi sociali,
nel senso più ampio del termine.
Da una visione allargata, che spaziava sugli homeless,
tradotta con una pittura pressoché evanescente, quasi per macchie di colore con
contorni sfumati e inesistenti, c’è qui una sorta di blow up sulle singole
personalità, accompagnato da un passaggio tecnico, da una pittura più materica,
che delinea anche il profilo psicologico delle persone ritratte.

Per dare importanza a ogni singolo essere, procedendo in
senso contrario all’attuale omologazione della persona. Nous voulons è infatti il titolo della mostra,
il motto in lingua francese per sottolineare in modo ancor più stringente il
bisogno impellente di cambiamenti. “Ho voluto vedere e constatare”, racconta lo stesso Scarabello, “come
delle persone che hanno vissuto una certa epoca, caratterizzata anche da eventi
di un certo spessore, si rapportino con l’attuale società”. Non è quindi un nostalgico
ricordare, ma un odierno verificare, confrontare, sentire, analizzare.
Da queste riflessioni, sono nati i nove ritratti. E il
racconto che ciascuno ha compiuto nel modo più confacente (lettera, collage,
foto eccetera) ha determinato la sintesi della loro esistenza in specifici
verbi, che titolano ogni singolo quadro. Opporre è Ivan, il papà, che rivendica la
propria diversità. Godere è Carlo, che è riuscito a trarre benefici anche dal
proprio lavoro. Evadere è Giancarlo, che non si riconosce in quello che lo circonda. Esaltare è Takis, che ha sottolineato
l’aspetto creativo di quella generazione. Mentre Sapere è Sergio e tutto il suo bagaglio
culturale.

Assaporare, alias Pio, col suo concetto di famiglia quale valore
portante della società e di ogni esistenza. Ricordare è Armando e la sua nostalgica
passione archeologica. Riscoprire è invece Roberto, che vuole enfatizzare i legami forti
che in certe età si creano in alcune situazioni. Infine Trasmutare (Franco), che si è simbolicamente
autopresentato con una banconota da un dollaro.
Scarabello (Roma,
1979) agli “amici”. Seppur più propriamente amici del padre – fulcro da cui si
è irradiato l’intero progetto e che significativamente apre la mostra stessa -,
quelle persone sono diventate parte della sua esistenza, suoi amici, appunto.
Attraverso l’ormai obsoleta e pressoché dimenticata epistola cartacea,
Scarabello ha invitato i suoi “soggetti” a diventare soggetti-attivi del
ritratto. Ha cioè chiesto loro di ritornare con la mente al passato, a quel
momento che in qualche modo ha rappresentato uno spartiacque e che ha, di
conseguenza, determinato il successivo corso della loro esistenza.
Tutti ex sessantottini, o comunque partecipanti a quel
movimento di voglia di cambiamento e d’innovazione, con il loro ritratto e la
loro “piccola” storia, Scarabello, in linea al suo modo di approcciarsi alle
cose, delinea la personale concezione del mondo e l’attenzione a temi sociali,
nel senso più ampio del termine.
Da una visione allargata, che spaziava sugli homeless,
tradotta con una pittura pressoché evanescente, quasi per macchie di colore con
contorni sfumati e inesistenti, c’è qui una sorta di blow up sulle singole
personalità, accompagnato da un passaggio tecnico, da una pittura più materica,
che delinea anche il profilo psicologico delle persone ritratte.

Per dare importanza a ogni singolo essere, procedendo in
senso contrario all’attuale omologazione della persona. Nous voulons è infatti il titolo della mostra,
il motto in lingua francese per sottolineare in modo ancor più stringente il
bisogno impellente di cambiamenti. “Ho voluto vedere e constatare”, racconta lo stesso Scarabello, “come
delle persone che hanno vissuto una certa epoca, caratterizzata anche da eventi
di un certo spessore, si rapportino con l’attuale società”. Non è quindi un nostalgico
ricordare, ma un odierno verificare, confrontare, sentire, analizzare.
Da queste riflessioni, sono nati i nove ritratti. E il
racconto che ciascuno ha compiuto nel modo più confacente (lettera, collage,
foto eccetera) ha determinato la sintesi della loro esistenza in specifici
verbi, che titolano ogni singolo quadro. Opporre è Ivan, il papà, che rivendica la
propria diversità. Godere è Carlo, che è riuscito a trarre benefici anche dal
proprio lavoro. Evadere è Giancarlo, che non si riconosce in quello che lo circonda. Esaltare è Takis, che ha sottolineato
l’aspetto creativo di quella generazione. Mentre Sapere è Sergio e tutto il suo bagaglio
culturale.

Assaporare, alias Pio, col suo concetto di famiglia quale valore
portante della società e di ogni esistenza. Ricordare è Armando e la sua nostalgica
passione archeologica. Riscoprire è invece Roberto, che vuole enfatizzare i legami forti
che in certe età si creano in alcune situazioni. Infine Trasmutare (Franco), che si è simbolicamente
autopresentato con una banconota da un dollaro.
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Alessandro Scarabello – Nous
voulons
The Gallery Apart
Via di
Monserrato, 40 (zona campo de’ Fiori) – 00186 Roma
Orario: da martedì
a sabato ore 16-20 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel./fax
+39 0668809863; info@thegalleryapart.it; www.thegalleryapart.it
[exibart]














