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Michelangelo Buonarroti – La Madonna della Febbre
esposta nella rocca la scultura in terracotta del tardo ‘400 che secondo lo studioso Roy Doliner è il modello realizzato dallo scultore per la Pietà vaticana
Comunicato stampa
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Grande appuntamento espositivo a Dozza, nella cui rocca dal 16 al 19 dicembre prossimi verrà esposta la scultura in terracotta del tardo ‘400 (ha una base di circa 58,3 centimetri ed è alta circa 30 centimetri) che secondo lo studioso ebreo americano di storia dell'arte, Roy Doliner, è il modello in terracotta realizzato da Michelangelo Buonarroti, che gli ispirò la Pietà vaticana.
Prima di Dozza, la scultura è stata esposta solo una volta al pubblico e solo per poche ore a Roma, il 2 dicembre scorso, al Palazzo delle esposizioni, in occasione della presentazione ufficiale del libro di Roy Doliner “Il Mistero Velato” (Ded’A edizioni). In questo volume Doliner fornisce le prove dell’attribuzione a Michelangelo, mentre in precedenza l’opera, ritrovata circa 8 anni fa, è stata attribuita allo scultore Andrea Bregno, artista di spicco nella Roma del ‘400
Proprio Roy Doliner, autore fra l’altro di best seller internazionali come “I segreti della Sistina” e “Caravaggio". Una luce nelle tenebre”, sarà a Dozza il 16 dicembre, alle ore 18, per presentare il suo nuovo libro “Il Mistero Velato”, nel corso di un incontro nel Salone maggiore della Rocca, al quale prenderanno parte anche Antonio Borghi, sindaco di Dozza, Georges De Canino, artista e critico d’arte, Roberto Saponelli, responsabile ricerca e sviluppo di Protesa (Gruppo Sacmi). Subito dopo l’incontro verrà esposta al pubblico la scultura in terracotta attribuita a Michelangelo. La presentazione del libro è ad invito ma sono riservati un certo numero di posti al pubblico (serve la prenotazione telefonica allo 0542.678240 - fino ad esaurimento dei posti disponibili).
L’opera sarà in mostra all’interno della Rocca di Dozza fino a domenica 19 dicembre, venerdì 17, sabato 18 e domenica 19 dicembre dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 La visita per ammirare la terracotta costerà 2 euro in più sul normale biglietto di ingresso alla rocca (5 euro).
La presentazione del libro e l’esposizione della scultura sono realizzate con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Dozza e della Fondazione Dozza Città d’Arte.
Perché Dozza – “La proprietà della scultura ha scelto di esporre nella nostra rocca la scultura perché sapeva di poter contare su di noi – spiega il sindaco di Dozza, Antonio Borghi -. Quando la proprietà ci ha proposto questa opportunità, abbiamo subito colto la sfida, senza spaventarci per un’operazione che ha uno spessore artistico-culturale senza paragoni nella storia del nostro territorio e che per certi versi rappresenta un evento di scala molto superiore alla nostra realtà”.
A questo si aggiunge anche un motivo storico. A legare Dozza e la scultura in terracotta c’è il cardinale Raffaele Riario (1460 - 1521), che aveva proprietà in Dozza e nel contempo è stato il primo mecenate che ha introdotto Michelangelo a Roma, nel 1496. “Il fatto che la proprietà abbia scelto di esporre a Dozza l’opera testimonia come il Comune e la Fondazione “Dozza Città d’Arte” siano in grado di garantire una capacità organizzativa, dei servizi e una struttura espositiva, come la rocca sforzesca, di alto livello” continua Borghi.
“L’esposizione a Dozza di questa scultura attribuita a Michelangelo dimostra il nostro forte impegno a garantire un’offerta importante e qualificata dal punto di vista artistico culturale e rappresenta un significativo riconoscimento del lavoro svolto in questo senso negli anni – aggiunge il sindaco -. Inoltre, ci consente di rafforzare ulteriormente l’offerta culturale per un turismo sempre più di qualità. Mi auguro che questa opportunità possa essere colta da più persone possibili”.
Il ritrovamento della scultura – A raccontare il ritrovamento e le successive fasi del restauro e dell’attribuzione è l’avv. Egidio Sarli, procuratore della proprietà dell’opera. Circa otto anni fa, in una piccola bottega di antichità, un collezionista italiano acquista una terracotta che sembra essere una Pietà del '700-'800, con un Cristo deposto sul grembo di Maria e un angioletto che reggeva la mano morta di Gesù. Al collezionista piace subito quell’opera, fino ad allora sconosciuta, che era riposta in una scatola di cartone ammuffito. Per il suo restauro, viste le non perfette condizioni, il collezionista si affida alla dottoressa Loredana Di Marzio, che in tre anni elimina ben otto strati di successive pitture, facendo emergere la scultura in tutta la sua bellezza.
In seguito ad ulteriori studi in laboratorio, la terracotta viene datata al tardo '400 e secondo la studiosa Giuliana Gardelli questo modello de «La Madonna della Febbre» va attribuito allo scultore Andrea Bregno,. Da tutto questo gli addetti ai lavori traggono la conclusione che Michelangelo nel realizzare la Pietà vaticana si sia ispirato al modello del Bregno.
L’attribuzione a Michelangelo - Le cose cambiamo quando, nei primi mesi del 2010, il proprietario decide di rivolgersi a Roy Doliner, chiedendogli di esaminare la scultura, perché alla sua base ci sono due lettere ebraiche. Doliner è certo la persona giusta, avendo già scritto dei segreti dei simboli ebraici nella Cappella Sistina, nel suo best seller “I segreti della Sistina”.
Appena vede l’opera, Doliner capisce subito che non è del Bregno. Doliner si mette subito al lavoro e individua una serie di elementi che lo conducono a Michelangelo. Il primo dato è che Michelangelo, a differenza di Bregno, era solito fare molti modelli in terracotta, prima di realizzare le proprie sculture. Inoltre, sul finire del ‘400 Bregno era al massimo della fama e non avrebbe avuto motivo per realizzare un “modello” di scultura per qualcun altro; era più logico che lo facesse Michelangelo, allora ventenne. Doliner, poi, scopre un secondo indizio, legato alle misure che gli artisti usavano all’epoca, a seconda della propria formazione. Bregno utilizzava il cubito romano (poco più di 44 cm), Michelangelo il braccio fiorentino (poco più di 58 cm). Non a caso la base del modello de «La Madonna della Febbre» è di 58,3 cm. Doliner individua poi un terzo indizio nell’estetica dell’opera: mentre Michelangelo modellava i corpi, mettendo in risalto la plasticità dei movimenti e dei muscoli, Bregno tendeva a nascondere il corpo, con le vesti.
Non mancano assai probanti documenti d’archivio. Antonio Basoja, l’ultimo e fedelissimo assistente di Michelangelo, aveva avuto in eredità dal Maestro la terracotta in questione. Come riportano le carte legali trovate anni fa da padre Corrado Leonardi, in una parrocchia di Casteldurante-Urbania, fu proprio il Basoja, che su quella terracotta ebbe un contenzioso, a chiamare l’opera «il Modello della Madonna della Febbre» di Michelangelo Buonarroti.
Doliner porta tutti questi indizi al proprietario e scrive il libro. “Il Mistero Velato” ora permette di fare luce sulla vicenda e di affermare che la scultura in terracotta è di Michelangelo ed è il modello della “Madonna della Febbre”, la Pietà vaticana. E dopo secoli, viene restituita al pubblico la possibilità di vedere l’opera.
Il ruolo di Protesa – Protesa (azienda del Gruppo Sacmi) ha utilizzato le più avanzate tecnologie di digitalizzazione 3D e modellazione 3 D, normalmente impiegate per l’industria, “per realizzare un modello in 3D dello stato di fatto della scultura come si presenta oggi; per la ricostruzione “virtuale” delle parti mancanti (il braccio destro del Cristo, l’alluce del piede destro del Cristo, la mano sinistra della Madonna, le ali e la testa del putto); infine per la riproduzione “reale” di come doveva essere originariamente l’opera” spiega Robrto Saponelli, responsabile Ricerca e sviluppo di Protesa. Questa riproduzione, realizzata in materiale plastico con la tecnica della “prototipazione rapida”, sarà esposto insieme alla scultura originale. Non è la prima volta che Protesa è al fianco del mondo dell’arte, mettendo a disposizione i suoi avanzatissimi servizi tecnologici. E’ già accaduto ad esempio, con la mostra del Canova, a Forlì, su richiesta della locale sede universitaria.
Prima di Dozza, la scultura è stata esposta solo una volta al pubblico e solo per poche ore a Roma, il 2 dicembre scorso, al Palazzo delle esposizioni, in occasione della presentazione ufficiale del libro di Roy Doliner “Il Mistero Velato” (Ded’A edizioni). In questo volume Doliner fornisce le prove dell’attribuzione a Michelangelo, mentre in precedenza l’opera, ritrovata circa 8 anni fa, è stata attribuita allo scultore Andrea Bregno, artista di spicco nella Roma del ‘400
Proprio Roy Doliner, autore fra l’altro di best seller internazionali come “I segreti della Sistina” e “Caravaggio". Una luce nelle tenebre”, sarà a Dozza il 16 dicembre, alle ore 18, per presentare il suo nuovo libro “Il Mistero Velato”, nel corso di un incontro nel Salone maggiore della Rocca, al quale prenderanno parte anche Antonio Borghi, sindaco di Dozza, Georges De Canino, artista e critico d’arte, Roberto Saponelli, responsabile ricerca e sviluppo di Protesa (Gruppo Sacmi). Subito dopo l’incontro verrà esposta al pubblico la scultura in terracotta attribuita a Michelangelo. La presentazione del libro è ad invito ma sono riservati un certo numero di posti al pubblico (serve la prenotazione telefonica allo 0542.678240 - fino ad esaurimento dei posti disponibili).
L’opera sarà in mostra all’interno della Rocca di Dozza fino a domenica 19 dicembre, venerdì 17, sabato 18 e domenica 19 dicembre dalle 9.30 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00 La visita per ammirare la terracotta costerà 2 euro in più sul normale biglietto di ingresso alla rocca (5 euro).
La presentazione del libro e l’esposizione della scultura sono realizzate con il patrocinio e la collaborazione del Comune di Dozza e della Fondazione Dozza Città d’Arte.
Perché Dozza – “La proprietà della scultura ha scelto di esporre nella nostra rocca la scultura perché sapeva di poter contare su di noi – spiega il sindaco di Dozza, Antonio Borghi -. Quando la proprietà ci ha proposto questa opportunità, abbiamo subito colto la sfida, senza spaventarci per un’operazione che ha uno spessore artistico-culturale senza paragoni nella storia del nostro territorio e che per certi versi rappresenta un evento di scala molto superiore alla nostra realtà”.
A questo si aggiunge anche un motivo storico. A legare Dozza e la scultura in terracotta c’è il cardinale Raffaele Riario (1460 - 1521), che aveva proprietà in Dozza e nel contempo è stato il primo mecenate che ha introdotto Michelangelo a Roma, nel 1496. “Il fatto che la proprietà abbia scelto di esporre a Dozza l’opera testimonia come il Comune e la Fondazione “Dozza Città d’Arte” siano in grado di garantire una capacità organizzativa, dei servizi e una struttura espositiva, come la rocca sforzesca, di alto livello” continua Borghi.
“L’esposizione a Dozza di questa scultura attribuita a Michelangelo dimostra il nostro forte impegno a garantire un’offerta importante e qualificata dal punto di vista artistico culturale e rappresenta un significativo riconoscimento del lavoro svolto in questo senso negli anni – aggiunge il sindaco -. Inoltre, ci consente di rafforzare ulteriormente l’offerta culturale per un turismo sempre più di qualità. Mi auguro che questa opportunità possa essere colta da più persone possibili”.
Il ritrovamento della scultura – A raccontare il ritrovamento e le successive fasi del restauro e dell’attribuzione è l’avv. Egidio Sarli, procuratore della proprietà dell’opera. Circa otto anni fa, in una piccola bottega di antichità, un collezionista italiano acquista una terracotta che sembra essere una Pietà del '700-'800, con un Cristo deposto sul grembo di Maria e un angioletto che reggeva la mano morta di Gesù. Al collezionista piace subito quell’opera, fino ad allora sconosciuta, che era riposta in una scatola di cartone ammuffito. Per il suo restauro, viste le non perfette condizioni, il collezionista si affida alla dottoressa Loredana Di Marzio, che in tre anni elimina ben otto strati di successive pitture, facendo emergere la scultura in tutta la sua bellezza.
In seguito ad ulteriori studi in laboratorio, la terracotta viene datata al tardo '400 e secondo la studiosa Giuliana Gardelli questo modello de «La Madonna della Febbre» va attribuito allo scultore Andrea Bregno,. Da tutto questo gli addetti ai lavori traggono la conclusione che Michelangelo nel realizzare la Pietà vaticana si sia ispirato al modello del Bregno.
L’attribuzione a Michelangelo - Le cose cambiamo quando, nei primi mesi del 2010, il proprietario decide di rivolgersi a Roy Doliner, chiedendogli di esaminare la scultura, perché alla sua base ci sono due lettere ebraiche. Doliner è certo la persona giusta, avendo già scritto dei segreti dei simboli ebraici nella Cappella Sistina, nel suo best seller “I segreti della Sistina”.
Appena vede l’opera, Doliner capisce subito che non è del Bregno. Doliner si mette subito al lavoro e individua una serie di elementi che lo conducono a Michelangelo. Il primo dato è che Michelangelo, a differenza di Bregno, era solito fare molti modelli in terracotta, prima di realizzare le proprie sculture. Inoltre, sul finire del ‘400 Bregno era al massimo della fama e non avrebbe avuto motivo per realizzare un “modello” di scultura per qualcun altro; era più logico che lo facesse Michelangelo, allora ventenne. Doliner, poi, scopre un secondo indizio, legato alle misure che gli artisti usavano all’epoca, a seconda della propria formazione. Bregno utilizzava il cubito romano (poco più di 44 cm), Michelangelo il braccio fiorentino (poco più di 58 cm). Non a caso la base del modello de «La Madonna della Febbre» è di 58,3 cm. Doliner individua poi un terzo indizio nell’estetica dell’opera: mentre Michelangelo modellava i corpi, mettendo in risalto la plasticità dei movimenti e dei muscoli, Bregno tendeva a nascondere il corpo, con le vesti.
Non mancano assai probanti documenti d’archivio. Antonio Basoja, l’ultimo e fedelissimo assistente di Michelangelo, aveva avuto in eredità dal Maestro la terracotta in questione. Come riportano le carte legali trovate anni fa da padre Corrado Leonardi, in una parrocchia di Casteldurante-Urbania, fu proprio il Basoja, che su quella terracotta ebbe un contenzioso, a chiamare l’opera «il Modello della Madonna della Febbre» di Michelangelo Buonarroti.
Doliner porta tutti questi indizi al proprietario e scrive il libro. “Il Mistero Velato” ora permette di fare luce sulla vicenda e di affermare che la scultura in terracotta è di Michelangelo ed è il modello della “Madonna della Febbre”, la Pietà vaticana. E dopo secoli, viene restituita al pubblico la possibilità di vedere l’opera.
Il ruolo di Protesa – Protesa (azienda del Gruppo Sacmi) ha utilizzato le più avanzate tecnologie di digitalizzazione 3D e modellazione 3 D, normalmente impiegate per l’industria, “per realizzare un modello in 3D dello stato di fatto della scultura come si presenta oggi; per la ricostruzione “virtuale” delle parti mancanti (il braccio destro del Cristo, l’alluce del piede destro del Cristo, la mano sinistra della Madonna, le ali e la testa del putto); infine per la riproduzione “reale” di come doveva essere originariamente l’opera” spiega Robrto Saponelli, responsabile Ricerca e sviluppo di Protesa. Questa riproduzione, realizzata in materiale plastico con la tecnica della “prototipazione rapida”, sarà esposto insieme alla scultura originale. Non è la prima volta che Protesa è al fianco del mondo dell’arte, mettendo a disposizione i suoi avanzatissimi servizi tecnologici. E’ già accaduto ad esempio, con la mostra del Canova, a Forlì, su richiesta della locale sede universitaria.
16
dicembre 2010
Michelangelo Buonarroti – La Madonna della Febbre
Dal 16 al 19 dicembre 2010
arte antica
presentazione
presentazione
Location
ROCCA SFORZESCA – PINACOTECA
Dozza, Piazzale Rocca, (Bologna)
Dozza, Piazzale Rocca, (Bologna)
Vernissage
16 Dicembre 2010, ore 18 Roy Doliner ne parlerà alla presentazione del suo nuovo libro
“Il Mistero Velato”
Autore