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Stefano Taikyò Zanarini – Il Segno del Vuoto
Allievo convinto di Duchamp, Yves Klein, Kounellis, Mario Merz, “contaminato” dal Buddhismo Zen, l’artista Stefano Taikyò Zanarini opera in una dimensione artistica “altra” fortemente legata con la natura e la storia, in cui l’identità (la sua) diviene il retroterra necessario da cui agire per stabilire il senso di sé nello spazio e nel tempo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sabato 23 Ottobre 2010 s’inaugura, alle ore 18, presso E20 Gaia di Marsciano-Papiano (Perugia), la mostra “Il Segno del Vuoto”, dell’artista Stefano Taikyò Zanarini.
Didier Eribon, nel “Il linguaggio delle immagini”, afferma che il più delle volte chi oggi impiega la parola "arte" intende qualcosa di più della semplice evocazione di un'attività disinteressata e priva di funzione sociale: si percepisce quasi una sorta di esaltazione mistica.
Zanarini sembra proprio partire da questo intento, non propone un’opera finita, anzi non agisce per presentare l’opera in mostra, ma fornisce (soltanto) l’idea di ciò che per lui deve essere il processo creativo.
L’artista si muove, per necessità filosofica-spirituale, lontano dalla spettacolarizzazione delle esperienze.
Allievo convinto di Duchamp, Yves Klein, Kounellis, Mario Merz, “contaminato” dal Buddhismo Zen, l’artista Stefano Taikyò Zanarini opera in una dimensione artistica “altra” fortemente legata con la natura e la storia, in cui l’identità (la sua) diviene il retroterra necessario da cui agire per stabilire il senso di sé nello spazio e nel tempo.
Egli è convinto che l’uomo sia come un contenitore del tempo dentro il quale riecheggiano pulsioni rigide, valori e identità diverse, a volte inconciliabili o in contrasto, sorgenti da una dimensione psichica e vivente di appartenenza a determinati territori storici, territori impregnati di rimandi ai grandi racconti, agli scenari dell’eredità culturale.
Attraverso il suo “ready-made”, compie un’operazione di completa appropriazione di quei “segni” evidenti in ciascuna area culturale, cercando di dare peso al sentimento individuale quanto a quello collettivo.
Sente l’imperativo di analizzare le implicazioni della realtà, esplorare il senso delle cose.
Agisce all’interno di strutture culturali solide e onnipresenti, elaborando organismi concettuali, dove evocazioni in versi, faldoni espositivi, fascine di rami, polvere di gesso, canne che disegnano piramidi quadrangolari entrano in osmosi con un insieme corale che affronta la drammaticità del vuoto, dell’assenza, dell’abbandono di ogni speranza di totalità e unità dell’esistenza.
Didier Eribon, nel “Il linguaggio delle immagini”, afferma che il più delle volte chi oggi impiega la parola "arte" intende qualcosa di più della semplice evocazione di un'attività disinteressata e priva di funzione sociale: si percepisce quasi una sorta di esaltazione mistica.
Zanarini sembra proprio partire da questo intento, non propone un’opera finita, anzi non agisce per presentare l’opera in mostra, ma fornisce (soltanto) l’idea di ciò che per lui deve essere il processo creativo.
L’artista si muove, per necessità filosofica-spirituale, lontano dalla spettacolarizzazione delle esperienze.
Allievo convinto di Duchamp, Yves Klein, Kounellis, Mario Merz, “contaminato” dal Buddhismo Zen, l’artista Stefano Taikyò Zanarini opera in una dimensione artistica “altra” fortemente legata con la natura e la storia, in cui l’identità (la sua) diviene il retroterra necessario da cui agire per stabilire il senso di sé nello spazio e nel tempo.
Egli è convinto che l’uomo sia come un contenitore del tempo dentro il quale riecheggiano pulsioni rigide, valori e identità diverse, a volte inconciliabili o in contrasto, sorgenti da una dimensione psichica e vivente di appartenenza a determinati territori storici, territori impregnati di rimandi ai grandi racconti, agli scenari dell’eredità culturale.
Attraverso il suo “ready-made”, compie un’operazione di completa appropriazione di quei “segni” evidenti in ciascuna area culturale, cercando di dare peso al sentimento individuale quanto a quello collettivo.
Sente l’imperativo di analizzare le implicazioni della realtà, esplorare il senso delle cose.
Agisce all’interno di strutture culturali solide e onnipresenti, elaborando organismi concettuali, dove evocazioni in versi, faldoni espositivi, fascine di rami, polvere di gesso, canne che disegnano piramidi quadrangolari entrano in osmosi con un insieme corale che affronta la drammaticità del vuoto, dell’assenza, dell’abbandono di ogni speranza di totalità e unità dell’esistenza.
23
ottobre 2010
Stefano Taikyò Zanarini – Il Segno del Vuoto
Dal 23 ottobre al 27 novembre 2010
arte contemporanea
Location
E20 GAIA
Marsciano, Vocabolo Caprareccia-Papiano, 220, (Perugia)
Marsciano, Vocabolo Caprareccia-Papiano, 220, (Perugia)
Orario di apertura
da Lunedi a Domenica: 10/13 – 16/19
Vernissage
23 Ottobre 2010, ore 18
Autore
Curatore




