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Angela Carrubba Pintaldi – La porta, l’incognito, la luce
Durante la settimana della moda donna a Milano, una mostra preziosa in MyOwnGallery racconta di forze ancestrali, trasmutazioni, rituali di passaggio, misteri trascendenti e primordiali.
Comunicato stampa
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Durante la settimana della moda donna a Milano, una mostra preziosa in MyOwnGallery racconta di forze ancestrali, trasmutazioni, rituali di passaggio, misteri trascendenti e primordiali.
“La porta, l'incognito, la luce” di Angela Carrubba Pintaldi è un percorso suggestivo della nota creatrice di gioielli e artista attraverso le sue “porte”, pitture su base di porte antiche, tutti pezzi unici, dove i colori si mischiano alle polveri in un’esplosione di riflessi e sfumature cangianti rosso, viola, verde, bronzo, oro.
In contemporanea in art.box, window-gallery in via Tortona 27 bis, un’istallazione site-specific dell’artista.
“Non voglio cadere in una spiegazione che andrebbe a discapito di un vissuto dell’opera, ma voglio che si possa capirne i passaggi tra la pietra e la porta, due altalene del mio vissuto che si uniscono e si stratificano. Non ho fissato i tratti del mio volto per portarmelo come rappresentazione, ma ho cercato la mia “ individualità e la mia verità che stanno in un luogo più remoto, e che alla fine questo mio cercare comporrà il mio volto e non la forma… E’ in questo accesso alla rivelazione che voglio condurre l’osservatore, perché “la porta” si apre su un “mistero”, è l’apertura che permette di entrare e di uscire, dunque è il passaggio possibile , oltre che unico. E’ in quel ritmo che gli orientali trovano quello dell’universo e quello del respiro umano. Una simbologia che ha una forte valenza con la pietra, un percorso fatto di trasmutazioni .
Le polveri percorrono i miei sensi , diventano attive e il gesto assume un po’ alla volta il senso di un rituale, e in questa premessa vivo le sovrapposizioni che si caricano di quella febbre che cerca un’altra terra, un altro spazio, e danno corpo ai desideri, ed è in questo processo che alla vita viene consegnato il suo significato segreto. E’ una sorta di imperativo interiore che si addentra nei più profondi stati dell’anima e, come la pietra, crea un rapporto stretto con essa.. La mia diventa una professione di fede dove il respiro umano detta la fuoriuscita di una sorta di secrezione del mio dentro e nell’esplosione del viola, del rosso, del verde, del bronzo, dell’oro, diventa materia e vita. I colori traducono i conflitti di forze che si manifestano a tutti i livelli dell’esistenza, dalla dimensione del cosmico al mondo più intimo, e la mia mano è come se avesse segnato fin dall’inizio il libro delle sorti della mia vita e io non facessi altro che sfogliarne, una dopo l’altra, le pagine. In quelle porte è come se vi avvertissi un doppio volto, quello visivo e l’altro celato, dove il pensiero si annida nel vissuto più arcaico dell’immaginario e si apre al mistero invitandomi a superarlo. Ed è in questo ordine trascendente che ho vissuto la mia pittura e la sua filosofia, che è irrazionale e che non reggerebbe ad analisi”.
Angela Carrubba Pintaldi
“La porta, l’incognito, la luce”
“Non voglio cadere nella trappola di una spiegazione che in fondo andrebbe a discapito della verità e immediatezza dell’opera. Piuttosto cerco di fare capire i diversi successivi passaggi tra la pietra e la porta, due fasi eternamente altalenanti e intrecciate del mio vissuto.” Quasi una dichiarazione programmatica quella di Angela Carrubba Pintaldi, sulla strada della trasformazione ermetica, dell’alchimia. All’opera mirabile e alle imprevedibili metatesi sortite dagli alchimisti antichi mi fa pensare innanzitutto il processo creativo, la forza di scavo con cui Angela penetra con furia d’amore nella materia delle sue enormi tele, nell’orditura sovrapposta e vibratile di polveri e pigmenti cromatici che prima vi accumula e poi pazientemente, ostinatamente insidia, dilania, indaga con le mani in cerca di un varco possibile verso un luogo altro. Linfe ancestrali e trasmutazioni, la pietra che si liquefa per esplodere, crogiolo ribollente, in colori e riflessi primigeni e originari. Il mistero si mescola al quotidiano, una ritualità che rimanda ai primordi del mondo greco, l’esaltazione della presenza, dell’apporto corporeo come linguaggio finalmente più alto e più denso di senso. Affiorano dalla memoria le immagini prerazionali, barbariche, atemporali della Colchide di Pasolini. Medea che su una spiaggia lunare officia riti impenetrabili, oscuri e sibillini. La genesi delle opere di Angela non sembra essere necessitata ma prende vita da cromie che si dichiarano subito quali effetti di lontananza cronologica, di spaesamento e di sofferta catarsi, di fuga per ritrovarsi più che per perdersi. Cremisi, porpora, viola, un verde profondo e tramato di luce fibrillante, il bronzo, la sacralità indefinibile, cosmica dell’oro, una vena di bianchi disossati, desertici. E’ una tavolozza fantastica, aliena, remota. Nella stratificazione pittorica di Angela si incrocia come un contrasto totale, l’ingenuità, l’istintualità basica dei bimbi e l’obbligo sensitivo alla conoscenza. Una pulsazione prima appena avvertibile, poi sincopata, calda e abnorme che stravolge il caos ritmico della tela fin dentro i differenti livelli che la ricoprono. Arduo comprendere a quali ulteriori dimensioni, verso l’epifania di quali emblemi e segreti conducano le porte che l’artista sola può riconoscere ed enucleare nel magma energetico e cangiante della sua materia. Secrezioni e conflitti dal macro al microscopico, metafore d’ombra, un impasto di passione, suggestioni e contraddizione insieme carnale e devoluto allo spirito. Si delinea così uno spazio assoluto, dai contorni incommensurabili, siderali. Confini e abissi invisibili, stasi della memoria, parvenze ed echi di sogni e metamorfosi fuggitive. Volatili ideogrammi soltanto suggeriti che esigono di riformare il proprio segno abitano questo sopramondo intessuto di corrispondenze e liquidi presagi. “L’uomo gettò alcuni incensi su un braciere, separò il fumo con le due mani e per quell’apertura i prigionieri uscirono in un giardino”. Ecco finalmente, nella semplice cadenza di una favola gentile, rivelato il significato delle porte di Angela. Esempi di pura creazione, veicoli di passaggio, mura e schermi attraversati e vinti da una sura ardente. Al di là di essi, varcata la soglia, attende una misura traboccante, l’oggetto dell’impossibile amore che è fine ultimo delle fiabe e tutti quelli cui bisognò rinunciare per trovarlo. Presenze perfette. Terra nuova, cieli e mari nuovi, luminosità pura intorno al canto di uno spirito trasformato.
Cesare Cunaccia
“La porta, l'incognito, la luce” di Angela Carrubba Pintaldi è un percorso suggestivo della nota creatrice di gioielli e artista attraverso le sue “porte”, pitture su base di porte antiche, tutti pezzi unici, dove i colori si mischiano alle polveri in un’esplosione di riflessi e sfumature cangianti rosso, viola, verde, bronzo, oro.
In contemporanea in art.box, window-gallery in via Tortona 27 bis, un’istallazione site-specific dell’artista.
“Non voglio cadere in una spiegazione che andrebbe a discapito di un vissuto dell’opera, ma voglio che si possa capirne i passaggi tra la pietra e la porta, due altalene del mio vissuto che si uniscono e si stratificano. Non ho fissato i tratti del mio volto per portarmelo come rappresentazione, ma ho cercato la mia “ individualità e la mia verità che stanno in un luogo più remoto, e che alla fine questo mio cercare comporrà il mio volto e non la forma… E’ in questo accesso alla rivelazione che voglio condurre l’osservatore, perché “la porta” si apre su un “mistero”, è l’apertura che permette di entrare e di uscire, dunque è il passaggio possibile , oltre che unico. E’ in quel ritmo che gli orientali trovano quello dell’universo e quello del respiro umano. Una simbologia che ha una forte valenza con la pietra, un percorso fatto di trasmutazioni .
Le polveri percorrono i miei sensi , diventano attive e il gesto assume un po’ alla volta il senso di un rituale, e in questa premessa vivo le sovrapposizioni che si caricano di quella febbre che cerca un’altra terra, un altro spazio, e danno corpo ai desideri, ed è in questo processo che alla vita viene consegnato il suo significato segreto. E’ una sorta di imperativo interiore che si addentra nei più profondi stati dell’anima e, come la pietra, crea un rapporto stretto con essa.. La mia diventa una professione di fede dove il respiro umano detta la fuoriuscita di una sorta di secrezione del mio dentro e nell’esplosione del viola, del rosso, del verde, del bronzo, dell’oro, diventa materia e vita. I colori traducono i conflitti di forze che si manifestano a tutti i livelli dell’esistenza, dalla dimensione del cosmico al mondo più intimo, e la mia mano è come se avesse segnato fin dall’inizio il libro delle sorti della mia vita e io non facessi altro che sfogliarne, una dopo l’altra, le pagine. In quelle porte è come se vi avvertissi un doppio volto, quello visivo e l’altro celato, dove il pensiero si annida nel vissuto più arcaico dell’immaginario e si apre al mistero invitandomi a superarlo. Ed è in questo ordine trascendente che ho vissuto la mia pittura e la sua filosofia, che è irrazionale e che non reggerebbe ad analisi”.
Angela Carrubba Pintaldi
“La porta, l’incognito, la luce”
“Non voglio cadere nella trappola di una spiegazione che in fondo andrebbe a discapito della verità e immediatezza dell’opera. Piuttosto cerco di fare capire i diversi successivi passaggi tra la pietra e la porta, due fasi eternamente altalenanti e intrecciate del mio vissuto.” Quasi una dichiarazione programmatica quella di Angela Carrubba Pintaldi, sulla strada della trasformazione ermetica, dell’alchimia. All’opera mirabile e alle imprevedibili metatesi sortite dagli alchimisti antichi mi fa pensare innanzitutto il processo creativo, la forza di scavo con cui Angela penetra con furia d’amore nella materia delle sue enormi tele, nell’orditura sovrapposta e vibratile di polveri e pigmenti cromatici che prima vi accumula e poi pazientemente, ostinatamente insidia, dilania, indaga con le mani in cerca di un varco possibile verso un luogo altro. Linfe ancestrali e trasmutazioni, la pietra che si liquefa per esplodere, crogiolo ribollente, in colori e riflessi primigeni e originari. Il mistero si mescola al quotidiano, una ritualità che rimanda ai primordi del mondo greco, l’esaltazione della presenza, dell’apporto corporeo come linguaggio finalmente più alto e più denso di senso. Affiorano dalla memoria le immagini prerazionali, barbariche, atemporali della Colchide di Pasolini. Medea che su una spiaggia lunare officia riti impenetrabili, oscuri e sibillini. La genesi delle opere di Angela non sembra essere necessitata ma prende vita da cromie che si dichiarano subito quali effetti di lontananza cronologica, di spaesamento e di sofferta catarsi, di fuga per ritrovarsi più che per perdersi. Cremisi, porpora, viola, un verde profondo e tramato di luce fibrillante, il bronzo, la sacralità indefinibile, cosmica dell’oro, una vena di bianchi disossati, desertici. E’ una tavolozza fantastica, aliena, remota. Nella stratificazione pittorica di Angela si incrocia come un contrasto totale, l’ingenuità, l’istintualità basica dei bimbi e l’obbligo sensitivo alla conoscenza. Una pulsazione prima appena avvertibile, poi sincopata, calda e abnorme che stravolge il caos ritmico della tela fin dentro i differenti livelli che la ricoprono. Arduo comprendere a quali ulteriori dimensioni, verso l’epifania di quali emblemi e segreti conducano le porte che l’artista sola può riconoscere ed enucleare nel magma energetico e cangiante della sua materia. Secrezioni e conflitti dal macro al microscopico, metafore d’ombra, un impasto di passione, suggestioni e contraddizione insieme carnale e devoluto allo spirito. Si delinea così uno spazio assoluto, dai contorni incommensurabili, siderali. Confini e abissi invisibili, stasi della memoria, parvenze ed echi di sogni e metamorfosi fuggitive. Volatili ideogrammi soltanto suggeriti che esigono di riformare il proprio segno abitano questo sopramondo intessuto di corrispondenze e liquidi presagi. “L’uomo gettò alcuni incensi su un braciere, separò il fumo con le due mani e per quell’apertura i prigionieri uscirono in un giardino”. Ecco finalmente, nella semplice cadenza di una favola gentile, rivelato il significato delle porte di Angela. Esempi di pura creazione, veicoli di passaggio, mura e schermi attraversati e vinti da una sura ardente. Al di là di essi, varcata la soglia, attende una misura traboccante, l’oggetto dell’impossibile amore che è fine ultimo delle fiabe e tutti quelli cui bisognò rinunciare per trovarlo. Presenze perfette. Terra nuova, cieli e mari nuovi, luminosità pura intorno al canto di uno spirito trasformato.
Cesare Cunaccia
17
febbraio 2008
Angela Carrubba Pintaldi – La porta, l’incognito, la luce
Dal 17 al 27 febbraio 2008
arte contemporanea
Location
MY OWN GALLERY
Milano, Via Tortona, 27, (Milano)
Milano, Via Tortona, 27, (Milano)
Vernissage
17 Febbraio 2008, ore 16-20
Ufficio stampa
SUPERSTUDIO GROUP
Autore




