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Tommaso Ottieri – Cento Orizzonti
Visioni lucide e disincantate di un mondo prossimo, vicino, eppure così sfuggente, paesaggi urbani o interni architettonici restituiti con la più estrema adesione realistica unita a una decisa freschezza segnico-gestuale sembrano caratterizzare la cifra stilistica dell’opera di Tommaso Ottieri
Comunicato stampa
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Visioni lucide e disincantate di un mondo prossimo, vicino, eppure così sfuggente, paesaggi urbani o interni architettonici restituiti con la più estrema adesione realistica unita a una decisa freschezza segnico-gestuale sembrano caratterizzare la cifra stilistica dell’opera di Tommaso Ottieri.
La scelta del soggetto, ovvero i paesaggi urbani o le strutture di palazzi o gli interni di edifici, si ascrivono al vedutismo o ai generi codificati dalla più salda tradizione, ma sono attualizzati con una nuova sensibilità e immediatezza prensile.
Il vedutismo si impone proprio nel Settecento, l’epoca più cosmopolita, ed è particolarmente apprezzato nelle città più aperte, più interessate al viaggio, allo scambio, alla conoscenza. Le città portuali come Venezia, Londra o Napoli hanno prospettive ampie, lo sguardo non trova ostacoli visivi e l’orizzonte più lontano fonde mare e cielo, finito ed infinito. Questa dimensione allargata, grandiosa, spalanca gli occhi e permette di vedere più fortemente nonché di cogliere il respiro dell’immenso nella finitezza del mondo.
Il personale e originale modo di sentire e percepire il mondo si rivela nell’atto di captare immagini che si sottraggono ad una identificazione certa e univoca nello spazio e nel tempo, riproponendole come subitanee proiezioni della memoria e intuite come libere da ogni fissità.
La rapida riconoscibilità dei luoghi sembra infatti sottoposta ad una aleatorietà che ne preannuncia un’imminente scomparsa. Lo stile quasi bozzettistico unito ad una pittura magra ed agile stesa con il tocco rapido della pennellata traducono l’impronta della vita, ne restituiscono il fluido trascorrere, l’incessante divenire.
Luce e ombra, come se viaggiassero in direzione opposta, collidono mentre l’attrito genera strascichi di materia, ognuno lascia traccia di sé nell’altro .
Si può infatti cogliere il principio di un qui e ora che è soggetto alla sua possibile negazione, lo scenario può variare, le persone che un minuto prima popolavano le vie o gli interni possono andarsene e il tempo cancellare le tracce del loro passaggio.
I suoi dipinti mostrano una notevole varietà di impostazione, di soluzioni scaltre in cui cogliere brani di estesissimi scorci cittadini o di architetture incombenti (a volte ricordando Piranesi) come nel Duomo di Colonia e instabili al tempo stesso, come dovute ad una attività visionaria o allucinatoria. Alla sorprendente restituzione del reale infatti si contrappongono direzionalità diverse della composizione suggerendo una inquietante animazione degli oggetti che arretrano, avanzano quasi potessero sottrarsi alle leggi gravitazionali.
In London blue, la città notturna è vista dall’alto ed è strutturata secondo direttrici spaziali corrispondenti a grandi assi viari illuminati a giorno che solcano aree urbane caotiche immerse nell’ombra, ma baluginanti di scintillii che producono un effetto di vibrante motilità.
In Asolo di giorno la veduta aerea mostra una precisione quasi fotografica per l’analisi del dettaglio, eppure si ha l’impressione che la cittadina emerga come dopo un’onda di riflusso che ha reso umide e nitide le pareti, i tetti e le finestre delle case, l’istantanea di una realtà, dunque, le cui forme fluide sono destinate a mutare presto nel tempo.
In Asolo di notte bagliori improvvisi come proiettati dai fari di automobili in corsa che come lampi di un temporale improvviso rivelano e illuminano fugacemente il borgo medievale restituendolo in una visione fantasmagorica e al contempo intensamente attuale. La veduta è impostata su una prospettiva ampia che si piega, una sorta di spazio curvo la mette così in contatto con la vastità dello spazio infinito.
Nel dipinto Bassano. Piazza della Libertà i due pannelli accostati producono l’unitarietà dell’immagine derivata però da una doppia visione dello stesso luogo, una ravvicinata (il singolo pannello), una dalla prospettiva lontana (i pannelli uniti).
L’artista quindi elabora e gioca con le possibilità della visione e delle sue leggi, inganna l’occhio dello spettatore, lo illude sulla realtà che rappresenta, lo fa sentire piccolo davanti a costruzioni singole e al loro interno, come Giona inghiottito nel loro ventre, o lo conduce lontano a guardare il panorama di un mondo che diviene infimo, infinitamente piccolo. Il linguaggio è di estrema novità e scioltezza, sfuggente, ma potentemente espressivo, di una icasticità che stravolge la quieta e tranquilla esistenza scaricandole un forte flusso di energia che implode od esplode nella coscienza.
Carla Chiara Frigo
La scelta del soggetto, ovvero i paesaggi urbani o le strutture di palazzi o gli interni di edifici, si ascrivono al vedutismo o ai generi codificati dalla più salda tradizione, ma sono attualizzati con una nuova sensibilità e immediatezza prensile.
Il vedutismo si impone proprio nel Settecento, l’epoca più cosmopolita, ed è particolarmente apprezzato nelle città più aperte, più interessate al viaggio, allo scambio, alla conoscenza. Le città portuali come Venezia, Londra o Napoli hanno prospettive ampie, lo sguardo non trova ostacoli visivi e l’orizzonte più lontano fonde mare e cielo, finito ed infinito. Questa dimensione allargata, grandiosa, spalanca gli occhi e permette di vedere più fortemente nonché di cogliere il respiro dell’immenso nella finitezza del mondo.
Il personale e originale modo di sentire e percepire il mondo si rivela nell’atto di captare immagini che si sottraggono ad una identificazione certa e univoca nello spazio e nel tempo, riproponendole come subitanee proiezioni della memoria e intuite come libere da ogni fissità.
La rapida riconoscibilità dei luoghi sembra infatti sottoposta ad una aleatorietà che ne preannuncia un’imminente scomparsa. Lo stile quasi bozzettistico unito ad una pittura magra ed agile stesa con il tocco rapido della pennellata traducono l’impronta della vita, ne restituiscono il fluido trascorrere, l’incessante divenire.
Luce e ombra, come se viaggiassero in direzione opposta, collidono mentre l’attrito genera strascichi di materia, ognuno lascia traccia di sé nell’altro .
Si può infatti cogliere il principio di un qui e ora che è soggetto alla sua possibile negazione, lo scenario può variare, le persone che un minuto prima popolavano le vie o gli interni possono andarsene e il tempo cancellare le tracce del loro passaggio.
I suoi dipinti mostrano una notevole varietà di impostazione, di soluzioni scaltre in cui cogliere brani di estesissimi scorci cittadini o di architetture incombenti (a volte ricordando Piranesi) come nel Duomo di Colonia e instabili al tempo stesso, come dovute ad una attività visionaria o allucinatoria. Alla sorprendente restituzione del reale infatti si contrappongono direzionalità diverse della composizione suggerendo una inquietante animazione degli oggetti che arretrano, avanzano quasi potessero sottrarsi alle leggi gravitazionali.
In London blue, la città notturna è vista dall’alto ed è strutturata secondo direttrici spaziali corrispondenti a grandi assi viari illuminati a giorno che solcano aree urbane caotiche immerse nell’ombra, ma baluginanti di scintillii che producono un effetto di vibrante motilità.
In Asolo di giorno la veduta aerea mostra una precisione quasi fotografica per l’analisi del dettaglio, eppure si ha l’impressione che la cittadina emerga come dopo un’onda di riflusso che ha reso umide e nitide le pareti, i tetti e le finestre delle case, l’istantanea di una realtà, dunque, le cui forme fluide sono destinate a mutare presto nel tempo.
In Asolo di notte bagliori improvvisi come proiettati dai fari di automobili in corsa che come lampi di un temporale improvviso rivelano e illuminano fugacemente il borgo medievale restituendolo in una visione fantasmagorica e al contempo intensamente attuale. La veduta è impostata su una prospettiva ampia che si piega, una sorta di spazio curvo la mette così in contatto con la vastità dello spazio infinito.
Nel dipinto Bassano. Piazza della Libertà i due pannelli accostati producono l’unitarietà dell’immagine derivata però da una doppia visione dello stesso luogo, una ravvicinata (il singolo pannello), una dalla prospettiva lontana (i pannelli uniti).
L’artista quindi elabora e gioca con le possibilità della visione e delle sue leggi, inganna l’occhio dello spettatore, lo illude sulla realtà che rappresenta, lo fa sentire piccolo davanti a costruzioni singole e al loro interno, come Giona inghiottito nel loro ventre, o lo conduce lontano a guardare il panorama di un mondo che diviene infimo, infinitamente piccolo. Il linguaggio è di estrema novità e scioltezza, sfuggente, ma potentemente espressivo, di una icasticità che stravolge la quieta e tranquilla esistenza scaricandole un forte flusso di energia che implode od esplode nella coscienza.
Carla Chiara Frigo
20
ottobre 2007
Tommaso Ottieri – Cento Orizzonti
Dal 20 ottobre all'undici novembre 2007
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO DI ASOLO – PALAZZO DELLA RAGIONE
Asolo, Via Regina Cornaro, 74, (Treviso)
Asolo, Via Regina Cornaro, 74, (Treviso)
Orario di apertura
ore 16.00 - 20.00 e su appuntamento
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