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Lucia Baldini / Franco Pozzi – Pulsar
L’arte di Lucia e di Franco rivela campi di forza dello spazio vivo del mondo, linee magnetiche e intellettuali invisibili
Comunicato stampa
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Pulsar, dice il dizionario, è un «oggetto astronomico dalle dimensioni simili a quelle di un pianeta, relativamente vicino alla Terra, che emette impulsi radio con impressionante regolarità». Anche i minuziosi e distaccati compositori di lessici provano stupore di fronte a un corpo astrale che ha il respiro misterioso, organico e carnale di un muscolo che palpita, di un cuore che batte e dilata le arterie in corrispondenza della diastole. E Pulsar è l’intuizione, se non la chiave ermeneutica, sotto cui si custodisce il paziente e affinatissimo lavoro di Lucia Baldini e Franco Pozzi. Al cospetto di un fenomeno che “impressiona”, appunto, persino gli uomini di scienza e di filologia, gli artisti conservano qualcosa da narrare sul rapporto, insieme energetico e spirituale, tra il mondo astrale e quello terrestre. In questo senso “pulsano” come astri o divinità lontane, le luci nei colti notturni pittorici della Baldini, così come “palpitano” le stratificazioni preziose di gommalacca o le anamorfosi lenticolari d’inchiostro raggiato di Pozzi.
L’arte di Lucia e di Franco rivela campi di forza dello spazio vivo del mondo, linee magnetiche e intellettuali invisibili; ma “ri-velare” se da una parte significa svelare, dall’altra vuol dire velare due volte. Il mistero, per Pozzi, si dischiude attraverso l’atto del togliere un’oscura garza dalle lievi carte piegate su sé stesse che questo pittore rovesciato accarezza con pazienti, delicate lentissime pennellate. Il disegno palindromo ne scaturisce come un’architettura borrominiana, come il labirinto di un giardino all’italiana immaginato da Borges: una decantazione, sublimazione ed esaltazione dell’idea barocca resa nella sua purezza di trame “pulsanti” di fuoco, tenebra e luce. Il segreto una volta svelato nella sua struttura, s’infittisce. Le farfalle, di contro, liberano l’enigmatica simmetria quasi a significare l’innamoramento tragico e leggero per la meravigliosa enigmaticità simbolica del mondo.
Lucia, all’opposto, discopre le orditure vitali del cosmo, attraverso sapienti velature e sovrapposizioni: ricamare sul telaio è atto femminile originario, magico e religioso. Non è un aggiungere, né un nascondere, tutt’altro. Si tratta, in breve, di trapuntare le finestre visuali spalancate sull’orizzonte dell’esperienza, in modo da sostenere ed educare con commovente pazienza lo sguardo, confidando e trasmettendo per garbate allusioni un modo di contemplare e di pensare. Le trame non celano ma segnano le arterie “palpitanti” dei luoghi distesi fra terra e cielo. Microcosmicamente le bellissime foglie, impressionate con risentita eleganza come carte fotografiche, innestano il ricordo soggettivo in un’orditura originaria, in una misteriosa matematica del vegetare che aggiunge alle tre dimensioni spaziali la quarta, temporale e destinale, del crescere e del trovare direzione e senso. È una sorta di devozione laica ed intensa alla nostalgia come dono irricambiabile che ci permette di guardare e di pensare ancora all’essenza e all’origine, lì dove comincia la fiaba.
Alessandro Giovanardi
L’arte di Lucia e di Franco rivela campi di forza dello spazio vivo del mondo, linee magnetiche e intellettuali invisibili; ma “ri-velare” se da una parte significa svelare, dall’altra vuol dire velare due volte. Il mistero, per Pozzi, si dischiude attraverso l’atto del togliere un’oscura garza dalle lievi carte piegate su sé stesse che questo pittore rovesciato accarezza con pazienti, delicate lentissime pennellate. Il disegno palindromo ne scaturisce come un’architettura borrominiana, come il labirinto di un giardino all’italiana immaginato da Borges: una decantazione, sublimazione ed esaltazione dell’idea barocca resa nella sua purezza di trame “pulsanti” di fuoco, tenebra e luce. Il segreto una volta svelato nella sua struttura, s’infittisce. Le farfalle, di contro, liberano l’enigmatica simmetria quasi a significare l’innamoramento tragico e leggero per la meravigliosa enigmaticità simbolica del mondo.
Lucia, all’opposto, discopre le orditure vitali del cosmo, attraverso sapienti velature e sovrapposizioni: ricamare sul telaio è atto femminile originario, magico e religioso. Non è un aggiungere, né un nascondere, tutt’altro. Si tratta, in breve, di trapuntare le finestre visuali spalancate sull’orizzonte dell’esperienza, in modo da sostenere ed educare con commovente pazienza lo sguardo, confidando e trasmettendo per garbate allusioni un modo di contemplare e di pensare. Le trame non celano ma segnano le arterie “palpitanti” dei luoghi distesi fra terra e cielo. Microcosmicamente le bellissime foglie, impressionate con risentita eleganza come carte fotografiche, innestano il ricordo soggettivo in un’orditura originaria, in una misteriosa matematica del vegetare che aggiunge alle tre dimensioni spaziali la quarta, temporale e destinale, del crescere e del trovare direzione e senso. È una sorta di devozione laica ed intensa alla nostalgia come dono irricambiabile che ci permette di guardare e di pensare ancora all’essenza e all’origine, lì dove comincia la fiaba.
Alessandro Giovanardi
21
luglio 2007
Lucia Baldini / Franco Pozzi – Pulsar
Dal 21 luglio al 04 agosto 2007
arte contemporanea
Location
IL LABORATORIO DELL’IMPERFETTO
Gambettola, Via Viole, 128, (Forlì-cesena)
Gambettola, Via Viole, 128, (Forlì-cesena)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì dalle ore 14,30 alle 18,30 fuori orario su appuntamento
Vernissage
21 Luglio 2007, ore 21
Autore
Curatore




