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Trecento anni di storia dell’arte. Ma per la prima volta affiancati uno all’altro, con la produzione di Tracey Emin accoppiata alla tela dell’artista inglese del XVIII secolo Joseph Wright, oppure Wolfgang Tillmans che sarà in scena con le sue foto ai Concorde relazionato alle immagini di Christopher Nevinson e dei suoi biplani della prima guerra mondiale. Un esperimento che da oggi coinvolgerà circa 60 opere, che per quasi 4 mesi saranno in dialogo in una modalità da “Atlante di Mnemosyne”, «così che il vecchio e il nuovo siano insieme come una raccolta unica piuttosto che formata da due collezioni» ha detto la curatrice Penelope Curtis, che ha unito pittura, video e fotografia senza timidezze o restrizioni.
Una modalità per rendere più coerente il museo e le sue opere, come ha rimarcato anche la stessa Curtis, in un progetto “orizzontale” che possa mischiare Moderno e Contemporaneo creando quei cortocircuiti che in alcune altri sede sono stati sperimentati anche secondo modalità site specific, come al Musée d’Orsay o alla reggia di Versailles, dove dopo Koons e Murakami, quest’anno arriverà Giuseppe Penone.
Il nuovo “display” permette anche di mostrare molte opere difficilmente visibili, di artisti a volte considerati minori, in ombra rispetto ai grandi classici. «Non vi sono lunghe etichette descrittive e nessun percorso precostituito. Speriamo che il pubblico trovi i diversi tipi di rapporto che intercorrono tra le opere e i diversi significati, anche secondo il proprio pensiero» ha ribadito la curatrice. Che dal prossimo mese di maggio aprirà una nuova parte di percorso, pensando ad un futuro di “convivenze” più mirate su particolari artisti o correnti.