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Paolo de Stefani – La Forma del Vuoto
La sigla stilistica di Paolo De Stefani è una lacerante proliferazione ritmica della materia nel vuoto, che ha portato in questi anni la sua opera artistica, per spontanea evoluzione, dalla bidimensionalità della pittura alla tridimensionalità della scultura
Comunicato stampa
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LA FORMA DEL VUOTO
di Franco Monteforte
La sigla stilistica di Paolo De Stefani è una lacerante proliferazione ritmica della materia nel vuoto, che ha portato in questi anni la sua opera artistica, per spontanea evoluzione, dalla bidimensionalità della pittura alla tridimensionalità della scultura. Una forte matericità è, infatti, consustanziale alla vena artistica di De Stefani, come consustanziale le è un profondo sentimento del vuoto. La tensione radicale tra forma e vuoto, da cui nasce tutta la sua opera, richiede, come sua intima necessità,l'appropriazione totale dello spazio, la sua piena cattura da parte della materia. Nella sua opera la materia vive di spazio, si nutre di esso, fino a fame l'anima della propria stessa espressività.
Questo spiccato senso della materia è stato presente in De Stefani fin dalle prime opere ancora così cariche di echi dell'avanguardia europea da Fautrier a Burri a Tapiès, in bilico fra concettuale e informale, fra arte povera e minimalismo. Tele di sacco, carta giornale, relitti di legno, chiodi, metalli arrugginiti, sono stati i materiali della sua prima espressività artistica, quelli con cui De Stefani ha immediatamente avvertito una naturale affinità. . Per Burri, ma in generale per tutta la corrente dell'arte povera, la materia ha già in sé la propria spazialità pittorica, è spazio pittorico e le forme non manifestano perciò eccessive esigenze plastiche. Per De Stefani, invece, la materia povera diventa elemento ordinatore dello spazio, gli conferisce logica e forza espressiva, ne forma l'idea attraverso ritmi e sequenze, diventa cioè reale solo nello spazio. Da qui la necessità sempre più impellente del suo sviluppo plastico in esso. ... La magia dell'arte, del resto, non consiste nello svelare il mistero delle cose, ma appunto nel farcene sentire parte. L'arte non dimostra, ma mostra. Non spiega, contempla. C'è in essa qualcosa di irriducibilmente religioso......
In questa logica estetico-spaziale anche il vuoto che racchiude e avvolge le forme, diventa esso stesso forma. Anche gli spazi fra i pannelli di una stessa sequenza vengono catturati entro il ritmo della composizione. Non sempre ciò è dovuto alla forza del segno. In alcuni delicatissimi disegni a matita o a pastelli a olio, anzi, il processo è talora inverso, ma il risultato è identico. ...... Il vuoto è pieno per effetto del segno, ma il segno non è nulla in se stesso, senza il vuoto da cui nasce e da cui riceve tutto il suo significativo alone di mistero. Il segno dunque, come forma significante, è solo una possibilità del vuoto. Il vuoto, infatti, per De Stefani, è pieno di possibilità, è forma gravida di tutte le forme possibili e un piccolo segno basta a scatenare in esso tutte le rappresentazioni immaginabili. L'essenza de!la rappresentazione artistica, tuttavia, non sta né nel segno che genera il vuoto, né nel vuoto che dà significato al segno, ma nella tensione dinamica fra il segno e il vuoto, nel loro reciproco crearsi e alimentarsi, nel loro non poter esistere l'uno senza l'altro. Questa dialettica di pieno e di vuoto, questa idea di uno stretto legame fra opposti, questa sorta di coincidentia oppositorum, è ricorrente nell'opera di De Stefani...
malgrado tutto ciò conferisca all'opera di De Stefani una densità quasi filosofica, essa, tuttavia, non scivola mai nel concettuale, non mira cioè a sostituire l'oggetto con il concetto, non tende alla smaterializzazione, ma si mantiene, anzi, sempre fortemente ancorata all'intensa matericità delle sue forme astratte.
La forma astratta si presenta, infatti, in De Stefani innanzitutto come materia. La sua astrattezza viene così immediatamente contraddetta dalla sua stessa, intensa fisicità e dalla sua tormentata materialità che rende l'opera di De Stefani in qualche modo riconducibile all'ambito dell'espressionismo astratto. La materia ha dunque un ruolo importantissimo in queste costruzioni formali, soprattutto perché porta in sé una forte carica drammatica. De Stefani, che all'inizio aveva cominciato a servirsi di objets trouvés, di materiali tradizionalmente poveri frutto del degrado e dello scarto sociale, ha sempre più teso, in seguito, a crearsi sperimentalmente da sé i materiali adatti alle proprie esigenze espressive, quei materiali che Riccardo Lisi ha efficacemente definito "il nuovo materico di Paolo De Stefani".
... La forma nasce così con la materia stessa destinata ad esprimerla e il movimento drammatico connesso alla sua labilità e povertà è ottenuto con un procedimento di lavorazione artigianale della materia stessa spasmodicamente teso a rendere l'inesausto e drammatico senso di precarietà dell'artista......
Nelle opere più recenti, invece, De Stefani ha compiuto il passo decisivo dalla pittura alla scultura, liberando progressivamente le sue forme dalla rigida tutela della geometria della cornice che ne costituiva il medium con lo spazio vuoto e ne alimentava la disposizione in sequenza. Ora le sue ritmiche forme vivono di vita propria e si espandono nello spazio con un senso ancor più drammatico e barocco della materia. ...
In questo flusso di forme riecheggia perciò in qualche modo, come in una conchiglia, il flusso delle contraddizioni della società e delle dissonanze della vita e, certo, si può anche vedere in esse, soprattutto nelle ultime opere, l'eco del tormentato e aguzzo profilo geologico delle rocce e delle vette della Valchiavenna, vi si possono intuire informi rottami e ammassi rocciosi alla deriva, ma sempre con l'avvertenza che ogni loro riduzione simbolica non ne esaurisce il significato di gesto drammatico nello spazio, di forma che prolifica come un'ameba in esso e coi suoi tentacoli lo consuma e lo cattura, lo divora, come avverte lo spettatore riportato continuamente e risucchiato nella forma come da un gorgo pieno di tutto il vuoto circostante, un gorgo generatore infiniti significati. C'è, insomma, qualcosa di mistico in queste sculture, come in ogni vera arte del resto.
di Franco Monteforte
La sigla stilistica di Paolo De Stefani è una lacerante proliferazione ritmica della materia nel vuoto, che ha portato in questi anni la sua opera artistica, per spontanea evoluzione, dalla bidimensionalità della pittura alla tridimensionalità della scultura. Una forte matericità è, infatti, consustanziale alla vena artistica di De Stefani, come consustanziale le è un profondo sentimento del vuoto. La tensione radicale tra forma e vuoto, da cui nasce tutta la sua opera, richiede, come sua intima necessità,l'appropriazione totale dello spazio, la sua piena cattura da parte della materia. Nella sua opera la materia vive di spazio, si nutre di esso, fino a fame l'anima della propria stessa espressività.
Questo spiccato senso della materia è stato presente in De Stefani fin dalle prime opere ancora così cariche di echi dell'avanguardia europea da Fautrier a Burri a Tapiès, in bilico fra concettuale e informale, fra arte povera e minimalismo. Tele di sacco, carta giornale, relitti di legno, chiodi, metalli arrugginiti, sono stati i materiali della sua prima espressività artistica, quelli con cui De Stefani ha immediatamente avvertito una naturale affinità. . Per Burri, ma in generale per tutta la corrente dell'arte povera, la materia ha già in sé la propria spazialità pittorica, è spazio pittorico e le forme non manifestano perciò eccessive esigenze plastiche. Per De Stefani, invece, la materia povera diventa elemento ordinatore dello spazio, gli conferisce logica e forza espressiva, ne forma l'idea attraverso ritmi e sequenze, diventa cioè reale solo nello spazio. Da qui la necessità sempre più impellente del suo sviluppo plastico in esso. ... La magia dell'arte, del resto, non consiste nello svelare il mistero delle cose, ma appunto nel farcene sentire parte. L'arte non dimostra, ma mostra. Non spiega, contempla. C'è in essa qualcosa di irriducibilmente religioso......
In questa logica estetico-spaziale anche il vuoto che racchiude e avvolge le forme, diventa esso stesso forma. Anche gli spazi fra i pannelli di una stessa sequenza vengono catturati entro il ritmo della composizione. Non sempre ciò è dovuto alla forza del segno. In alcuni delicatissimi disegni a matita o a pastelli a olio, anzi, il processo è talora inverso, ma il risultato è identico. ...... Il vuoto è pieno per effetto del segno, ma il segno non è nulla in se stesso, senza il vuoto da cui nasce e da cui riceve tutto il suo significativo alone di mistero. Il segno dunque, come forma significante, è solo una possibilità del vuoto. Il vuoto, infatti, per De Stefani, è pieno di possibilità, è forma gravida di tutte le forme possibili e un piccolo segno basta a scatenare in esso tutte le rappresentazioni immaginabili. L'essenza de!la rappresentazione artistica, tuttavia, non sta né nel segno che genera il vuoto, né nel vuoto che dà significato al segno, ma nella tensione dinamica fra il segno e il vuoto, nel loro reciproco crearsi e alimentarsi, nel loro non poter esistere l'uno senza l'altro. Questa dialettica di pieno e di vuoto, questa idea di uno stretto legame fra opposti, questa sorta di coincidentia oppositorum, è ricorrente nell'opera di De Stefani...
malgrado tutto ciò conferisca all'opera di De Stefani una densità quasi filosofica, essa, tuttavia, non scivola mai nel concettuale, non mira cioè a sostituire l'oggetto con il concetto, non tende alla smaterializzazione, ma si mantiene, anzi, sempre fortemente ancorata all'intensa matericità delle sue forme astratte.
La forma astratta si presenta, infatti, in De Stefani innanzitutto come materia. La sua astrattezza viene così immediatamente contraddetta dalla sua stessa, intensa fisicità e dalla sua tormentata materialità che rende l'opera di De Stefani in qualche modo riconducibile all'ambito dell'espressionismo astratto. La materia ha dunque un ruolo importantissimo in queste costruzioni formali, soprattutto perché porta in sé una forte carica drammatica. De Stefani, che all'inizio aveva cominciato a servirsi di objets trouvés, di materiali tradizionalmente poveri frutto del degrado e dello scarto sociale, ha sempre più teso, in seguito, a crearsi sperimentalmente da sé i materiali adatti alle proprie esigenze espressive, quei materiali che Riccardo Lisi ha efficacemente definito "il nuovo materico di Paolo De Stefani".
... La forma nasce così con la materia stessa destinata ad esprimerla e il movimento drammatico connesso alla sua labilità e povertà è ottenuto con un procedimento di lavorazione artigianale della materia stessa spasmodicamente teso a rendere l'inesausto e drammatico senso di precarietà dell'artista......
Nelle opere più recenti, invece, De Stefani ha compiuto il passo decisivo dalla pittura alla scultura, liberando progressivamente le sue forme dalla rigida tutela della geometria della cornice che ne costituiva il medium con lo spazio vuoto e ne alimentava la disposizione in sequenza. Ora le sue ritmiche forme vivono di vita propria e si espandono nello spazio con un senso ancor più drammatico e barocco della materia. ...
In questo flusso di forme riecheggia perciò in qualche modo, come in una conchiglia, il flusso delle contraddizioni della società e delle dissonanze della vita e, certo, si può anche vedere in esse, soprattutto nelle ultime opere, l'eco del tormentato e aguzzo profilo geologico delle rocce e delle vette della Valchiavenna, vi si possono intuire informi rottami e ammassi rocciosi alla deriva, ma sempre con l'avvertenza che ogni loro riduzione simbolica non ne esaurisce il significato di gesto drammatico nello spazio, di forma che prolifica come un'ameba in esso e coi suoi tentacoli lo consuma e lo cattura, lo divora, come avverte lo spettatore riportato continuamente e risucchiato nella forma come da un gorgo pieno di tutto il vuoto circostante, un gorgo generatore infiniti significati. C'è, insomma, qualcosa di mistico in queste sculture, come in ogni vera arte del resto.
14
agosto 2006
Paolo de Stefani – La Forma del Vuoto
Dal 14 agosto al 15 settembre 2006
arte contemporanea
Location
BAR TESTA
Albissola Marina, Piazza Del Popolo, 2, (Savona)
Albissola Marina, Piazza Del Popolo, 2, (Savona)
Orario di apertura
tutti i giorni
Vernissage
14 Agosto 2006, ore 20 ore 20,30 – Performance “Portatore di Luce”
Autore