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Elio Colavolpe – 1986-2006: Vent’anni D.C. (Dopo Chernobyl’)
Elio Colavolpe, fotoreporter dell’agenzia Emblema, tra il 2004 e il 2005 si è spostato tra Bielorussia e Ucraina, lavorando a un reportage che racconta e documenta vita di tutti i giorni nelle zone contaminate, (le “zone di esclusione”), attraverso la testimonianza dei sopravvissuti
Comunicato stampa
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Elio Colavolpe, fotoreporter dell’agenzia Emblema, tra il 2004 e il 2005 si è spostato tra Bielorussia e Ucraina, lavorando a un reportage che racconta e documenta vita di tutti i giorni nelle zone contaminate, (le “zone di esclusione”), attraverso la testimonianza dei sopravvissuti.
“… i primi effetti di Čhernobyľ sull’uomo si potranno vedere dal 2050 in poi…”, dice Vladimir Ageets, direttore dell’istituto radiologico di Gomel, in Bielorussia.
Una recentissima indagine realizzata da eminenti ricercatori, su commissione dei gruppi parlamentari europei e con il supporto di Greenpeace International, fondazioni mediche di Gran Bretagna, Germania, Ucraina, Scandinavia e altri Paesi, ha riportato più di 50 studi scientifici pubblicati, dai quali risulta che “sono già morte almeno 500.000 persone - e forse più - dei 2 milioni ufficialmente classificate come “vittime di Čhernobyľ.
Gli studi dimostrano che 34.499 tra le persone che hanno partecipato al lavoro di decontaminazione di Čhernobyľ, sono finora morte dal giorno della catastrofe nucleare. La mortalità per cancro è stata di circa tre volte superiore nel resto della popolazione rispetto alla mortalità per altre cause; nei bambini è cresciuta dal 20% al 30%, a causa dell’esposizione cronica alle radiazioni, dopo l’incidente.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) e l’Organizzazione Mondiale della Salute (Oms), sostengono invece che “solo 50 sono le morti attribuibili al disastro di Čhernobyľ e al massimo 4.000 persone potranno eventualmente morire negli anni futuri, a causa dell’incidente del 26 aprile 1986”.
E’ quindi ingiustificabile questo “esagerato allarmismo”.
Sempre secondo l’Aiea e l’Oms, solo nove bambini sono morti di cancro alla tiroide nel corso dei vent’anni successivi a Čhernobyľ e la maggior parte delle malattie - tra un numero stimato di 5 milioni di persone contaminate - sono dovute alla crescente povertà e a stili di vita poco sani…
Ad oggi, aprile 2006, il quarto reattore (quello esploso), conserva tuttora nel suo ventre foderato di piombo e cemento armato circa venti tonnellate di combustibile nucleare che, a poco a poco, continua a fuoriuscire dalle crepe del “sarcofago”.
Che cosa stia succedendo lì dentro non è dato sapere...
“… i primi effetti di Čhernobyľ sull’uomo si potranno vedere dal 2050 in poi…”, dice Vladimir Ageets, direttore dell’istituto radiologico di Gomel, in Bielorussia.
Una recentissima indagine realizzata da eminenti ricercatori, su commissione dei gruppi parlamentari europei e con il supporto di Greenpeace International, fondazioni mediche di Gran Bretagna, Germania, Ucraina, Scandinavia e altri Paesi, ha riportato più di 50 studi scientifici pubblicati, dai quali risulta che “sono già morte almeno 500.000 persone - e forse più - dei 2 milioni ufficialmente classificate come “vittime di Čhernobyľ.
Gli studi dimostrano che 34.499 tra le persone che hanno partecipato al lavoro di decontaminazione di Čhernobyľ, sono finora morte dal giorno della catastrofe nucleare. La mortalità per cancro è stata di circa tre volte superiore nel resto della popolazione rispetto alla mortalità per altre cause; nei bambini è cresciuta dal 20% al 30%, a causa dell’esposizione cronica alle radiazioni, dopo l’incidente.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) e l’Organizzazione Mondiale della Salute (Oms), sostengono invece che “solo 50 sono le morti attribuibili al disastro di Čhernobyľ e al massimo 4.000 persone potranno eventualmente morire negli anni futuri, a causa dell’incidente del 26 aprile 1986”.
E’ quindi ingiustificabile questo “esagerato allarmismo”.
Sempre secondo l’Aiea e l’Oms, solo nove bambini sono morti di cancro alla tiroide nel corso dei vent’anni successivi a Čhernobyľ e la maggior parte delle malattie - tra un numero stimato di 5 milioni di persone contaminate - sono dovute alla crescente povertà e a stili di vita poco sani…
Ad oggi, aprile 2006, il quarto reattore (quello esploso), conserva tuttora nel suo ventre foderato di piombo e cemento armato circa venti tonnellate di combustibile nucleare che, a poco a poco, continua a fuoriuscire dalle crepe del “sarcofago”.
Che cosa stia succedendo lì dentro non è dato sapere...
26
aprile 2006
Elio Colavolpe – 1986-2006: Vent’anni D.C. (Dopo Chernobyl’)
Dal 26 aprile al 03 maggio 2006
fotografia
Location
GALLERIA BLANCHAERT
Milano, Piazza Sant'ambrogio, 4, (Milano)
Milano, Piazza Sant'ambrogio, 4, (Milano)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 15.00 alle 19.00
Autore