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Luca Alinari
personale
Comunicato stampa
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Luca Alinari Psiche pàtos lògos
di Philippe Daverio
Nulla è lasciato al caso. Molto alla casa. Tutto segue un ordine di cosmogonia cerebrale dove ogni segno va a collocarsi proprio laddove la poetica cromatica aveva deciso da sempre che dovesse stare.
Sto pensando ovviamente alla casa dove abita Luca Alinari..., e poi di conseguenza anche alla sua pittura. Perché da quanto i bar del Village newyorchese, il Giamaica a Milano, ma più lontano ancora la Closerie des Lilas o il prototipo storico del Caffè Michelangelo sono diventati meri argomenti di studio poiché la storia li ha inghiottiti, da quando l'evaporazione delle avanguardie storiche ha reso vano ogni -ismo di militanza in gruppo, da quando la ricerca nelle arti visive è tornata ad essere una operazione talmente personale da sfiorare ogni tanto la disperazione esistenziale, la prima chiave per capire i meccanismi cerebrali d'un artista è il suo antro, la sua casa. E quella concettualmente perfetta di Luca Alinari ne è un esempio particolarmente intrigante. Un edificio storico di quelli che la campagna toscana ha nobilitato con i rigorosi arricchimenti dell'inizio del novecento, quando ormai era diventato palese che la conservazione degli immobili portatori di storia non poteva essere sconnessa dalla preservazione del paesaggio e dalla cura costante di questo paesaggio, della sua coltivazione e manutenzione, quando si cominciò ad intuire che il linguaggio della cultura non poteva che essere parte integrata d'un ecosistema della cultura e che l'arte, la nostra in modo particolare, ne doveva discendere. Fu quella la prima reazione agli entusiasmi del futurismo, e lo fu non nel senso di "reazionario" che alcuni vi vollero leggere allora ma nel senso della anticipazione vaticinatrice delle questioni che il mondo si sta ponendo ora, agli albori del ventunesimo secolo.
La preservazione della casa era la preservazione della "cosa" ed era in istanza ultima la preservazione d'un modo di intendere la vita e i suoi valori, proprio mentre 1'Europa tentava di suicidarsi. Oggi ci si può pensare senza pudore: il ventesimo secolo, quello cioè che va dalla fine del cataclisma della prima guerra nel 18 fino all'oblio di tutti i sogni di massa col crollo murario dell'89, fu breve, come dice Hobsbaum, e vuoto come sembra testimoniarlo il vuoto della creazione filosofica, della speculazione scientifica e dell'inventiva artistica di quegli anni. Ciò che si doveva inventare fu inventato prima, dal ciclismo al suprematismo, dal volo aereo al volo pindarico della fisica quantistica, dal nichilismo filosofico di Wittgenstein a quello esistenziale di Céline in versione hard o di Thomas Mann in versione soft. Noi abbiamo avuto il diritto solo di applicare l'amplificazione tecnologia alle scoperte fatte prima. A Marconi·la rivelazione scientifica dell'onda che si propaga, a noi l'entusiasmo tecnomaniaco della sua applicazione per portare la televisione in tutte le sale da pranzo. E ai ragionieri eccitati dal crepitio delle mitragliatrici, la passione futurista. I1 secolo breve fu terribile e necrofilo.
I1 mondo si è rimesso a respirare da poco, dopo una notte corta ma abissale di delirio, e la maggioranza ancora non se ne accorge. La sua coscienza si sta stiracchiando per tentare un risveglio e l'occhio cisposo prova a riconoscere la faccia in uno specchio appannato. Per fortuna alcuni custodi della coscienza ne avevano preservato i connotati. A loro oggi;il compito di testimoniare.
Ovunque essi si trovino, ovunque abbiano mantenuto vivo il respiro.
Questo respiro sottile ha, in Toscana, anzi meglio ancora nella dorsale che da Firenze s'inoltra verso Siena o verso Arezzo, fuori cioè dalle mode e dentro ad una apparenza quasi di antipatia che il resto degli agitati nutre nei suoi confronti, questo fiato sottile ha raccolto un nucleo sparuto di sibariti, quelli che San Benedetto indicava come privi di regola e di abate, raccolti in piccoli gruppi. Stanno loro continuando l'esperimento che altrove è stato interrotto.
E questo esperimento Luca Alinari lo conduce da oltre trent'anni in un ·ambito di sottile frontiera, dove le regole linguistiche che pone sono solo ed esclusivamente le sue. Sono quelle che vengono secretate dai fantasmi che coltiva nella sua solitudine, quelle che risultano dallo scricchiolare del pensiero visivo quando riassembla pezzi di memoria per riportarli sulla linea della contemporaneità. Perversioni leggere dal significato profondo. Voyeurismi di Narciso che evitano ogni grevezza grazie alla sottigliezza dell'ironia. Lo ha fatto esercitandosi e giocando con il disegno e la pittura, nel silenzio del suo demanio e con le grida del suo demonio.
Ho riposato, una notte di fine estate quando fuori già pioveva, in modo commovente a casa sua. Credo che potrei e che si possa riposare nei suoi quadri perché lui s'è già fatto carico della tensione mentale che li precede e la ha sciolta con l'ordinamento della creazione. Riposare nei suoi quadri. E poi mi sono accorto con la leggerezza del risveglio che le pettinature bionde dei suoi personaggi erano incredibilmente similari a quelle delle virtù nel trionfo di San Tommaso nel cappellone degli Spagnoli presso i domenicani di Santa Maria Novella, che erano parenti di quelle cesellate da Botticelli e ho capito che si può oggi essere preraffaeliti in Toscana non sentendosi emuli manieristi degli inglesi ma sacerdoti d'un rito·proprio e genetico.
di Philippe Daverio
Nulla è lasciato al caso. Molto alla casa. Tutto segue un ordine di cosmogonia cerebrale dove ogni segno va a collocarsi proprio laddove la poetica cromatica aveva deciso da sempre che dovesse stare.
Sto pensando ovviamente alla casa dove abita Luca Alinari..., e poi di conseguenza anche alla sua pittura. Perché da quanto i bar del Village newyorchese, il Giamaica a Milano, ma più lontano ancora la Closerie des Lilas o il prototipo storico del Caffè Michelangelo sono diventati meri argomenti di studio poiché la storia li ha inghiottiti, da quando l'evaporazione delle avanguardie storiche ha reso vano ogni -ismo di militanza in gruppo, da quando la ricerca nelle arti visive è tornata ad essere una operazione talmente personale da sfiorare ogni tanto la disperazione esistenziale, la prima chiave per capire i meccanismi cerebrali d'un artista è il suo antro, la sua casa. E quella concettualmente perfetta di Luca Alinari ne è un esempio particolarmente intrigante. Un edificio storico di quelli che la campagna toscana ha nobilitato con i rigorosi arricchimenti dell'inizio del novecento, quando ormai era diventato palese che la conservazione degli immobili portatori di storia non poteva essere sconnessa dalla preservazione del paesaggio e dalla cura costante di questo paesaggio, della sua coltivazione e manutenzione, quando si cominciò ad intuire che il linguaggio della cultura non poteva che essere parte integrata d'un ecosistema della cultura e che l'arte, la nostra in modo particolare, ne doveva discendere. Fu quella la prima reazione agli entusiasmi del futurismo, e lo fu non nel senso di "reazionario" che alcuni vi vollero leggere allora ma nel senso della anticipazione vaticinatrice delle questioni che il mondo si sta ponendo ora, agli albori del ventunesimo secolo.
La preservazione della casa era la preservazione della "cosa" ed era in istanza ultima la preservazione d'un modo di intendere la vita e i suoi valori, proprio mentre 1'Europa tentava di suicidarsi. Oggi ci si può pensare senza pudore: il ventesimo secolo, quello cioè che va dalla fine del cataclisma della prima guerra nel 18 fino all'oblio di tutti i sogni di massa col crollo murario dell'89, fu breve, come dice Hobsbaum, e vuoto come sembra testimoniarlo il vuoto della creazione filosofica, della speculazione scientifica e dell'inventiva artistica di quegli anni. Ciò che si doveva inventare fu inventato prima, dal ciclismo al suprematismo, dal volo aereo al volo pindarico della fisica quantistica, dal nichilismo filosofico di Wittgenstein a quello esistenziale di Céline in versione hard o di Thomas Mann in versione soft. Noi abbiamo avuto il diritto solo di applicare l'amplificazione tecnologia alle scoperte fatte prima. A Marconi·la rivelazione scientifica dell'onda che si propaga, a noi l'entusiasmo tecnomaniaco della sua applicazione per portare la televisione in tutte le sale da pranzo. E ai ragionieri eccitati dal crepitio delle mitragliatrici, la passione futurista. I1 secolo breve fu terribile e necrofilo.
I1 mondo si è rimesso a respirare da poco, dopo una notte corta ma abissale di delirio, e la maggioranza ancora non se ne accorge. La sua coscienza si sta stiracchiando per tentare un risveglio e l'occhio cisposo prova a riconoscere la faccia in uno specchio appannato. Per fortuna alcuni custodi della coscienza ne avevano preservato i connotati. A loro oggi;il compito di testimoniare.
Ovunque essi si trovino, ovunque abbiano mantenuto vivo il respiro.
Questo respiro sottile ha, in Toscana, anzi meglio ancora nella dorsale che da Firenze s'inoltra verso Siena o verso Arezzo, fuori cioè dalle mode e dentro ad una apparenza quasi di antipatia che il resto degli agitati nutre nei suoi confronti, questo fiato sottile ha raccolto un nucleo sparuto di sibariti, quelli che San Benedetto indicava come privi di regola e di abate, raccolti in piccoli gruppi. Stanno loro continuando l'esperimento che altrove è stato interrotto.
E questo esperimento Luca Alinari lo conduce da oltre trent'anni in un ·ambito di sottile frontiera, dove le regole linguistiche che pone sono solo ed esclusivamente le sue. Sono quelle che vengono secretate dai fantasmi che coltiva nella sua solitudine, quelle che risultano dallo scricchiolare del pensiero visivo quando riassembla pezzi di memoria per riportarli sulla linea della contemporaneità. Perversioni leggere dal significato profondo. Voyeurismi di Narciso che evitano ogni grevezza grazie alla sottigliezza dell'ironia. Lo ha fatto esercitandosi e giocando con il disegno e la pittura, nel silenzio del suo demanio e con le grida del suo demonio.
Ho riposato, una notte di fine estate quando fuori già pioveva, in modo commovente a casa sua. Credo che potrei e che si possa riposare nei suoi quadri perché lui s'è già fatto carico della tensione mentale che li precede e la ha sciolta con l'ordinamento della creazione. Riposare nei suoi quadri. E poi mi sono accorto con la leggerezza del risveglio che le pettinature bionde dei suoi personaggi erano incredibilmente similari a quelle delle virtù nel trionfo di San Tommaso nel cappellone degli Spagnoli presso i domenicani di Santa Maria Novella, che erano parenti di quelle cesellate da Botticelli e ho capito che si può oggi essere preraffaeliti in Toscana non sentendosi emuli manieristi degli inglesi ma sacerdoti d'un rito·proprio e genetico.
07
gennaio 2006
Luca Alinari
Dal 07 al 31 gennaio 2006
arte contemporanea
Location
L’IDIOMA CENTRO D’ARTE
Ascoli Piceno, Via Delle Torri, 23, (Ascoli Piceno)
Ascoli Piceno, Via Delle Torri, 23, (Ascoli Piceno)
Orario di apertura
feriali 18-20; festivi 10,30-12
Vernissage
7 Gennaio 2006, ore 18
Autore




