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Leonida De Filippi
personale
Comunicato stampa
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La crescita del percorso di un artista si misura spesso in un duro scontro con sé stessi. E il tentativo di rinnovare o cercare la maturità del proprio segno spesso porta a perdersi, senza la certezza, poi, di ritrovarsi.
Leonida De Filippi invece, artista milanese classe 1969, ha sviluppato le sue visioni “corto-circuito” in una direzione coerente con sé stesso e la sua ricerca. Dai volti in primissimo piano, definiti dal gioco tra il bianco della tela e piccole isole di colore nero steso a creare occhi, bocca e naso e dai “paesaggi” metropolitani circoscritti al traffico di Porta Ticinese - dove vive e lavora - ha spostato l’attenzione su un tema sociale più ampio: la guerra. Vista sarcasticamente come un video-gioco, di cui cita forma e colori. Sempre in bianco e nero, aveva affrontato con impegno sociale gli scontri urbani tra manifestanti e polizia. In questi nuovi lavori, pur inserendo il colore, Leonida non tradisce tuttavia la sua idiosincrasia verso la figurazione, in nome di una dissolvenza optical attraverso linee che spezzano l’immagine ritratta. Questa tecnica costringe però lo spettatore a guardare i suoi quadri a distanza, per poterne mettere a fuoco i soggetti. I contorni infatti sono dipinti come i pixel di una foto digitale ingrandita troppo. Ma capito l’arcano per decifrare le sue immagini, ecco delinearsi il profilo di un gruppo di prigionieri di guerra con le mani alzate di fronte ad un evidente - per quanto irriconoscibile- soldato americano. Oppure, ecco una macchia di linee rosse e bianche: a prima vista, potrebbero sembrare quelle di un tramonto. Nascondono invece la sagoma di un carro armato. Lo stesso “tank” che, in un’altra opera, è delineato da un gruppo di piccole macchie colorate disposte apparentemente a caso, come una manciata di coriandoli lanciati dalla mano di un bimbo. Il mezzo armato sembra puntare minaccioso verso di noi, uscito da uno sfondo giallo. Per uno strano effetto, un iniziale sorriso lascia quindi il posto ad una sottile inquietudine, trattenuta dal divenire angoscia solo dalla certezza della falsità del mezzo imprigionato nella tela.
Denuncia intelligente e ironica di quella assuefazione visiva che l’ormai quotidiano appuntamento mediatico ci mostra e che guardiamo come un sadico (e lontano) video-game con rassegnata normalità - chi non ricorda le immagini degli attacchi notturni della guerra del Golfo ?- .
Lo stimolo a reagire all’apatia con cui assorbiamo le notizie acriticamente passa, anche, attraverso la sguardo di un artista non assuefatto, ma attento che manda in “corto-circuito” i nostri punti di vista e ci costringe a porci delle domanda. “Cogito ergo sum”.
C.C.
Leonida De Filippi invece, artista milanese classe 1969, ha sviluppato le sue visioni “corto-circuito” in una direzione coerente con sé stesso e la sua ricerca. Dai volti in primissimo piano, definiti dal gioco tra il bianco della tela e piccole isole di colore nero steso a creare occhi, bocca e naso e dai “paesaggi” metropolitani circoscritti al traffico di Porta Ticinese - dove vive e lavora - ha spostato l’attenzione su un tema sociale più ampio: la guerra. Vista sarcasticamente come un video-gioco, di cui cita forma e colori. Sempre in bianco e nero, aveva affrontato con impegno sociale gli scontri urbani tra manifestanti e polizia. In questi nuovi lavori, pur inserendo il colore, Leonida non tradisce tuttavia la sua idiosincrasia verso la figurazione, in nome di una dissolvenza optical attraverso linee che spezzano l’immagine ritratta. Questa tecnica costringe però lo spettatore a guardare i suoi quadri a distanza, per poterne mettere a fuoco i soggetti. I contorni infatti sono dipinti come i pixel di una foto digitale ingrandita troppo. Ma capito l’arcano per decifrare le sue immagini, ecco delinearsi il profilo di un gruppo di prigionieri di guerra con le mani alzate di fronte ad un evidente - per quanto irriconoscibile- soldato americano. Oppure, ecco una macchia di linee rosse e bianche: a prima vista, potrebbero sembrare quelle di un tramonto. Nascondono invece la sagoma di un carro armato. Lo stesso “tank” che, in un’altra opera, è delineato da un gruppo di piccole macchie colorate disposte apparentemente a caso, come una manciata di coriandoli lanciati dalla mano di un bimbo. Il mezzo armato sembra puntare minaccioso verso di noi, uscito da uno sfondo giallo. Per uno strano effetto, un iniziale sorriso lascia quindi il posto ad una sottile inquietudine, trattenuta dal divenire angoscia solo dalla certezza della falsità del mezzo imprigionato nella tela.
Denuncia intelligente e ironica di quella assuefazione visiva che l’ormai quotidiano appuntamento mediatico ci mostra e che guardiamo come un sadico (e lontano) video-game con rassegnata normalità - chi non ricorda le immagini degli attacchi notturni della guerra del Golfo ?- .
Lo stimolo a reagire all’apatia con cui assorbiamo le notizie acriticamente passa, anche, attraverso la sguardo di un artista non assuefatto, ma attento che manda in “corto-circuito” i nostri punti di vista e ci costringe a porci delle domanda. “Cogito ergo sum”.
C.C.
17
novembre 2005
Leonida De Filippi
Dal 17 novembre al 10 dicembre 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA CA’ DI FRA’
Milano, Via Carlo Farini, 2, (Milano)
Milano, Via Carlo Farini, 2, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 10-13 e 15-19
Vernissage
17 Novembre 2005, ore 18-21
Autore



