“....La pittura è generosa nell'utilizzo dell'impasto e nasce da un rapporto serrato con la superficie, con cui l'artista innesca una comunicazione fitta sui moduli di appropriazione dello spazio. Vincenzo Chiari realizza un'opera in bilico tra la realtà interna e quella esterna, dando voce a una gamma estesa di sensazioni che sostanzialmente rappresentano il suo approdo di libertà assoluta: qui la ricerca viaggia in una dimensione labirintica, governata dalla connessione tra rilievo materico e stesura piatta, tra gesto e nervatura geometrica dell'immagine. I moti psicologici e i sentimenti vengono travasati nella sintonia con una sintesi del mondo fisico, evocato per impercettibili tocchi dentro una logica compositiva che mantiene la fragranza del reale isolandone gli elementi, in qualche modo, speculari alla sensibilità di Chiari. E nel vortice di implicazioni emotive e razionali, il dipinto dà l'idea di attestarsi completamente in una zona definita da correnti d'energia che si intrecciano, si sovrappongono, divaricano in direzione di sorgenti luminose sempre diverse. Nel frattempo mantiene una fluttuazione decisa nell'ambito dell'indistinto, esibendo una decisa connotazione materica dentro giochi di rilievi, prodotti dall'azione della spatola che distende e accumula colore, creando tarsie cromatiche di volta in volta differenti. Il tutto mentre un gesto susseguente all'altro imprime volumi, produce sbarramenti, fa scattare in avanti lo sguardo verso prospettive, improbabili, perché hanno un orizzonte che si muove dalla sua linea per essere leggibile in ogni dove. In tal modo Chiari si fa narratore dell'invisibile e, per questo, parte proprio dall'orizzonte delle percezioni quotidiane per colloquiare con un luogo della fantasia, capace di assumere fisicità dalla proposta dell'artista. Il quale concepisce l'opera come il territorio della rivelazione di sé nel prospetto di un piano, che il colore rende alveo di scorrimento per un complesso di segni e gesti capaci di suggerire al fruitore "visioni" aeree di un mondo, esclusivo di chi lo dipinge....”
Enzo Santese