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Giuseppe Bergomi / Giorgio Tonelli
doppia personale dello scultore Bergomi e del pittore Tonelli
Comunicato stampa
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Bergomi e Tonelli espongono insieme e non per la prima volta (l'ultima alla Galleria Sala Parés di Barcellona). L'idea di una mostra a due nasce non solo dalla condivisione della stessa terra d'origine (entrambi nati a Brescia, Bergomi nel '53 e Tonelli nel '42), non solo dalla profonda amicizia che li lega da tempo, ma anche dalla condivisione di intenti che da sempre avvicina il loro lavoro.
Sebbene utilizzino due diversi mezzi espressivi, Bergomi la scultura e Tonelli la pittura, e nonostante rappresentino due diverse porzioni di realtà, l'uno la figura e l'altro prevalentemente il paesaggio, l'ineccepibile realismo che caratterizza il lavoro di entrambi rivela profonde affinità. Il linguaggio è il medesimo, pulito e misurato, frutto di un lavoro lento e meticoloso mirato a depurare l'immagine da qualsiasi particolare superfluo.
Ed è proprio questo uno degli aspetti che Lea Mattarella e Marco Di Capua evidenziano nel testo-dialogo che introduce il catalogo della mostra:
(...)
LM Dovessi fare un confronto direi che Bergomi si rappresenta di più, si esibisce, spesso anche con insistenza, gli piace comporre questa sua congelata cronaca familiare, come ha scritto Duccio (Trombadori) mentre…
MDC … mentre Tonelli si nasconde…
LM Sì è così, si nasconde perché il tema della sua pittura è sempre differito, celato, e non è mai il suo sé, ma qualcos’altro…
MDC Giusto, ed è forse per questo che Giorgio è un ottimo depuratore del nostro sguardo. Facendo un gioco mentale credo che potrebbero essere proprio i personaggi di Bergomi gli abitanti delle città e dei paesaggi di Tonelli, violando così quel vuoto. Quando ho visto la mostra di Beppe al Chiostro del Bramante a Roma ho capito quanto la sua scultura reclamasse spazi perfetti. Tonelli glieli accorda. Corrisponde bene a questa energia compressa che non deflagra mai e che genera una condizione sospesa, attonita. C’è questa laconicità, questo stop a tutto che stabilisce un tratto comune tra i due, che poi nella vita sono due chiacchieroni socievolissimi…
LM Ecco finalmente ho capito chi può vivere, respirare negli spazi di Tonelli. Me lo sono sempre chiesto…Ed è vera questa idea di sospensione e dell’impossibilità che niente cambi, questa grande sicurezza che ti danno queste opere, così durature, c’è il senso dell’eternità, della cosa che resta…Il corpo immobile e la città e perfino i fiumi e le lagune… immobili. (...) Uno scultore e un pittore così eccellenti ti mettono davanti all'idea che in fondo l'essenza dell'arte soo l'immobilità e il silenzio. Punto e basta.
Ancora la parole di Lea Mattarella per descrivere l'opera di Tonelli (testo tratto dal catalogo della mostra, New York blues, Galleria Il Polittico, 2005) "... Tonelli non seduce travestendo, non infiocchetta nè infioretta, non orna nè abbellisce. Anzi. Elimina. Ammazza il superfluo, ritaglia il suo universo lavorando esclusivamente su forme e luci. Ama la geometria di un frammento di cielo terso, la perfetta, lucida rotondità d'acciaio di un silos, la nitidezza di un'ombra che fa da controcanto a un edificio dorato, la sagoma di una fabbrica che si staglia scura all'imbrunire. Per catturare lo sguardo, farlo soffermare a lungo su questo mondo che ia incastrato in maniera così abile, Tonelli sceglie la nitidezza, l'impassibilità, la limpidezza. Ti fa ascoltare il silenzio. (...) Tonelli si incontra per un attimo con la realtà e da lì crea la sua astrazione. (....) Tonelli fa dell'immobilità una forza irresistibile.
Vittorio Sgarbi così analizza l'opera di Bergomi (testo tratto dalla monografia Giuseppe Bergomi. Scultore edita da La Quadra nel 2002).
"Riproducendola Bergomi depura parzialmente la figura, elimina le scorie più intense del vissuto ma senza rinnegarle del tutto, piuttosto appianandole fino a far perder loro il senso del "difetto di vita". Parallelamente le espressioni si bloccano, diventano attonite, quasi imbalsamate, come in uno stato di soprannaturale ipnosi che niente sarebbe capace d'infrangere. (...) Bergomi non vuole giungere all'idealizzazione, alla falsificazione del dato di partenza; non vuole, cioè, rompere il rapporto con la vitalità originaria del soggetto, lo vuole modificare ma non recidere. (...) ... Bergomi intende stabilire uno stadio intermedio fra realtà e idealizzazione, uno stato di parziale sublimazione in cui la realtà si confonde con la nostra vita ma mai al punto di poterci identificare con essa. (...) Assoluto e quotidiano trovano, dunque, il modo di compenetrarsi, senza confondersi del tutto in qualcosa di nuovo ma senza poter più fare a meno l'uno dell'altro. E' in questa ambiguità che consiste il fascino interiore delle figure di Bergomi, in questa loro apparente, illusiva familiarità che poi ci accorgiamo essere distanza impalpabile, sottile estranizazione della nostra vita. Allo stato di sublimazione delle figure corrisponde il nostro stato di sospensione nel distinguere il simile dal vero, in un primo momento causa di disorientamento ma, poi, motivo di intense suggestioni liriche. Donne come Alma col lenzuolo o Il busto di Alma, sono divinità casalinghe "Veneri" in pantofole con le quali non è però possibile stabilire, malgrado l'apparente disponibilità, un'eccessiva confidenza. C'è sempre un po' di freddezza in loro che annulla il richiamo che ci provocano le loro labbra, le loro fattezze morbide ed eleganti. In fondo sono sempre divinità, anche se scese in terra e calatesi in vesti mortali, anche se scoperte all'improvviso davanti alla toelette. E' da questo processo, dalla sublimazione della realtà di cui ogni opera d'arte diventa manifestazione, che nasce il classicismo di Bergomi. (...)"
Sebbene utilizzino due diversi mezzi espressivi, Bergomi la scultura e Tonelli la pittura, e nonostante rappresentino due diverse porzioni di realtà, l'uno la figura e l'altro prevalentemente il paesaggio, l'ineccepibile realismo che caratterizza il lavoro di entrambi rivela profonde affinità. Il linguaggio è il medesimo, pulito e misurato, frutto di un lavoro lento e meticoloso mirato a depurare l'immagine da qualsiasi particolare superfluo.
Ed è proprio questo uno degli aspetti che Lea Mattarella e Marco Di Capua evidenziano nel testo-dialogo che introduce il catalogo della mostra:
(...)
LM Dovessi fare un confronto direi che Bergomi si rappresenta di più, si esibisce, spesso anche con insistenza, gli piace comporre questa sua congelata cronaca familiare, come ha scritto Duccio (Trombadori) mentre…
MDC … mentre Tonelli si nasconde…
LM Sì è così, si nasconde perché il tema della sua pittura è sempre differito, celato, e non è mai il suo sé, ma qualcos’altro…
MDC Giusto, ed è forse per questo che Giorgio è un ottimo depuratore del nostro sguardo. Facendo un gioco mentale credo che potrebbero essere proprio i personaggi di Bergomi gli abitanti delle città e dei paesaggi di Tonelli, violando così quel vuoto. Quando ho visto la mostra di Beppe al Chiostro del Bramante a Roma ho capito quanto la sua scultura reclamasse spazi perfetti. Tonelli glieli accorda. Corrisponde bene a questa energia compressa che non deflagra mai e che genera una condizione sospesa, attonita. C’è questa laconicità, questo stop a tutto che stabilisce un tratto comune tra i due, che poi nella vita sono due chiacchieroni socievolissimi…
LM Ecco finalmente ho capito chi può vivere, respirare negli spazi di Tonelli. Me lo sono sempre chiesto…Ed è vera questa idea di sospensione e dell’impossibilità che niente cambi, questa grande sicurezza che ti danno queste opere, così durature, c’è il senso dell’eternità, della cosa che resta…Il corpo immobile e la città e perfino i fiumi e le lagune… immobili. (...) Uno scultore e un pittore così eccellenti ti mettono davanti all'idea che in fondo l'essenza dell'arte soo l'immobilità e il silenzio. Punto e basta.
Ancora la parole di Lea Mattarella per descrivere l'opera di Tonelli (testo tratto dal catalogo della mostra, New York blues, Galleria Il Polittico, 2005) "... Tonelli non seduce travestendo, non infiocchetta nè infioretta, non orna nè abbellisce. Anzi. Elimina. Ammazza il superfluo, ritaglia il suo universo lavorando esclusivamente su forme e luci. Ama la geometria di un frammento di cielo terso, la perfetta, lucida rotondità d'acciaio di un silos, la nitidezza di un'ombra che fa da controcanto a un edificio dorato, la sagoma di una fabbrica che si staglia scura all'imbrunire. Per catturare lo sguardo, farlo soffermare a lungo su questo mondo che ia incastrato in maniera così abile, Tonelli sceglie la nitidezza, l'impassibilità, la limpidezza. Ti fa ascoltare il silenzio. (...) Tonelli si incontra per un attimo con la realtà e da lì crea la sua astrazione. (....) Tonelli fa dell'immobilità una forza irresistibile.
Vittorio Sgarbi così analizza l'opera di Bergomi (testo tratto dalla monografia Giuseppe Bergomi. Scultore edita da La Quadra nel 2002).
"Riproducendola Bergomi depura parzialmente la figura, elimina le scorie più intense del vissuto ma senza rinnegarle del tutto, piuttosto appianandole fino a far perder loro il senso del "difetto di vita". Parallelamente le espressioni si bloccano, diventano attonite, quasi imbalsamate, come in uno stato di soprannaturale ipnosi che niente sarebbe capace d'infrangere. (...) Bergomi non vuole giungere all'idealizzazione, alla falsificazione del dato di partenza; non vuole, cioè, rompere il rapporto con la vitalità originaria del soggetto, lo vuole modificare ma non recidere. (...) ... Bergomi intende stabilire uno stadio intermedio fra realtà e idealizzazione, uno stato di parziale sublimazione in cui la realtà si confonde con la nostra vita ma mai al punto di poterci identificare con essa. (...) Assoluto e quotidiano trovano, dunque, il modo di compenetrarsi, senza confondersi del tutto in qualcosa di nuovo ma senza poter più fare a meno l'uno dell'altro. E' in questa ambiguità che consiste il fascino interiore delle figure di Bergomi, in questa loro apparente, illusiva familiarità che poi ci accorgiamo essere distanza impalpabile, sottile estranizazione della nostra vita. Allo stato di sublimazione delle figure corrisponde il nostro stato di sospensione nel distinguere il simile dal vero, in un primo momento causa di disorientamento ma, poi, motivo di intense suggestioni liriche. Donne come Alma col lenzuolo o Il busto di Alma, sono divinità casalinghe "Veneri" in pantofole con le quali non è però possibile stabilire, malgrado l'apparente disponibilità, un'eccessiva confidenza. C'è sempre un po' di freddezza in loro che annulla il richiamo che ci provocano le loro labbra, le loro fattezze morbide ed eleganti. In fondo sono sempre divinità, anche se scese in terra e calatesi in vesti mortali, anche se scoperte all'improvviso davanti alla toelette. E' da questo processo, dalla sublimazione della realtà di cui ogni opera d'arte diventa manifestazione, che nasce il classicismo di Bergomi. (...)"
22
ottobre 2005
Giuseppe Bergomi / Giorgio Tonelli
Dal 22 ottobre al 17 novembre 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA FORNI
Bologna, Via Farini, 26, (Bologna)
Bologna, Via Farini, 26, (Bologna)
Orario di apertura
9,30-13 e 16-19,30. Chiuso lunedì mattina e festivi
Vernissage
22 Ottobre 2005, ore 18
Autore




