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Alik Cavaliere – Racconto_Mito_Magia
una mostra dedicata allo scultore Alik Cavaliere (Roma,1926–Milano,1998), una delle personalità più intuitive ed originali nel panorama artistico europeo del secondo dopoguerra
Comunicato stampa
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La Galleria d’ Arte Moderna Palazzo Forti di Verona inaugura il prossimo ottobre una mostra dedicata allo scultore Alik Cavaliere (Roma,1926–Milano,1998), una delle personalità più intuitive ed originali nel panorama artistico europeo del secondo dopoguerra.
A sette anni dalla sua scomparsa, per iniziativa del direttore Giorgio Cortenova che ha seguito con attenzione e affetto la produzione dello scultore fin dagli anni sessanta e che curerà la rassegna di Palazzo Forti con la collaborazione del Centro Artistico Cavaliere di Milano, sarà possibile ripercorrere compiutamente l’itinerario poetico di questo straordinario interprete della modernità.
Formatosi alla scuola di Giacomo Manzù e di Marino Marini, cui successe alla cattedra di scultura all’Accademia di Brera, egli ebbe un ruolo di primo piano nella didattica, nel magistero e nella promozione culturale ed artistica del capoluogo lombardo. Iniziò ad esporre nel 1945; le sale personali alla Biennale di Venezia nel 1964 e nel 1972 sancirono la sua affermazione a livello internazionale.
La rassegna di Palazzo Forti si sviluppa secondo un itinerario antologico che include otto straordinari e complessi allestimenti come Apollo e Dafne (1971), I processi (1972), La stanza di Pigmalione (1986-87), Le riflessioni di Narciso (1988), L’Orlando Furioso (1994-96) e diversi cicli di opere plastiche: Giochi proibiti (1958-59), Le metamorfosi (1959), il viaggio-racconto di Gustavo B.(1960-62), i Cespugli (anni 60 e 80), W la libertà (anni 70), la serie degli alberi (anni 90) e delle Donna corteccia (anni 90), per citarne alcuni.
Di fronte alle immagini plastiche di Cavaliere riaffiorano dal fondo della nostra coscienza suggestioni espressioniste, surrealiste, dada reinterpretate con assoluta libertà e magia; egli è un “affabulatore”, un narratore di storie e racconti, che lavora sulla memoria per creare nel groviglio della materia percorsi e viaggi al confine del sogno e dell’immaginario.
Le processioni di figure aliene, sgretolate e scorticate, corrose quasi dalla vita e dai suoi eventi, non possiedono l’angoscioso e straziante Urschrei dell’Espressionismo tedesco, non l’intento violentemente parodistico e dissacrante, nè tanto meno la disfattista e nichilista rinuncia dada. L’ironia dell’artista si stempera in una malinconia struggente e silenziosa, quasi metafisica: figure che s’incamminano barcollanti e incerte verso la città, alla ricerca del prossimo o di un possibile rapporto con la natura; tronchi surreali con improbabili frutti sospesi, figure che si cercano in ambigui specchi, manichini inseriti in complessi allestimenti scenografici. Cavaliere ci offre una visione poetica pervasa da un umorismo quasi pirandelliano, da un “sentimento del contrario”, mai pessimisticamente rinunciatario.
Dalle Metamorfosi (1959), al racconto-viaggio di Gustavo B., uomo senza qualità ordinario e comune, alle figure mitologiche, ai nidi di rose ingarbugliate sotto gabbie-prigioni, la tensione drammatica della vita stessa vuole esplodere, trovare un varco, un abbozzo di braccia e mani tesi al cielo. E’ questa concezione fortemente vitalistica della materia, questa necessità del mutamento vitale ed esistenziale a salvare le rappresentazioni di Alik dall’abisso dell’incomunicabilità e del soliloquio. Nelle infinite sperimentazioni di materiali (ferro, resina, bronzo, alluminio, vetro, cristallo, ceramica, fili metallici, stoffa) e tecniche rappresentative (dalle sculture agli allestimenti scenografici e ambientali), l’artista dimostra il suo costante impegno artistico, umano e sociale in favore di un’arte che è essenzialmente vita e, in quanto tale, dramma, tensione, sforzo di comunicazione, bisogno di condivisione e coinvolgimento psichici e fisici.
A sette anni dalla sua scomparsa, per iniziativa del direttore Giorgio Cortenova che ha seguito con attenzione e affetto la produzione dello scultore fin dagli anni sessanta e che curerà la rassegna di Palazzo Forti con la collaborazione del Centro Artistico Cavaliere di Milano, sarà possibile ripercorrere compiutamente l’itinerario poetico di questo straordinario interprete della modernità.
Formatosi alla scuola di Giacomo Manzù e di Marino Marini, cui successe alla cattedra di scultura all’Accademia di Brera, egli ebbe un ruolo di primo piano nella didattica, nel magistero e nella promozione culturale ed artistica del capoluogo lombardo. Iniziò ad esporre nel 1945; le sale personali alla Biennale di Venezia nel 1964 e nel 1972 sancirono la sua affermazione a livello internazionale.
La rassegna di Palazzo Forti si sviluppa secondo un itinerario antologico che include otto straordinari e complessi allestimenti come Apollo e Dafne (1971), I processi (1972), La stanza di Pigmalione (1986-87), Le riflessioni di Narciso (1988), L’Orlando Furioso (1994-96) e diversi cicli di opere plastiche: Giochi proibiti (1958-59), Le metamorfosi (1959), il viaggio-racconto di Gustavo B.(1960-62), i Cespugli (anni 60 e 80), W la libertà (anni 70), la serie degli alberi (anni 90) e delle Donna corteccia (anni 90), per citarne alcuni.
Di fronte alle immagini plastiche di Cavaliere riaffiorano dal fondo della nostra coscienza suggestioni espressioniste, surrealiste, dada reinterpretate con assoluta libertà e magia; egli è un “affabulatore”, un narratore di storie e racconti, che lavora sulla memoria per creare nel groviglio della materia percorsi e viaggi al confine del sogno e dell’immaginario.
Le processioni di figure aliene, sgretolate e scorticate, corrose quasi dalla vita e dai suoi eventi, non possiedono l’angoscioso e straziante Urschrei dell’Espressionismo tedesco, non l’intento violentemente parodistico e dissacrante, nè tanto meno la disfattista e nichilista rinuncia dada. L’ironia dell’artista si stempera in una malinconia struggente e silenziosa, quasi metafisica: figure che s’incamminano barcollanti e incerte verso la città, alla ricerca del prossimo o di un possibile rapporto con la natura; tronchi surreali con improbabili frutti sospesi, figure che si cercano in ambigui specchi, manichini inseriti in complessi allestimenti scenografici. Cavaliere ci offre una visione poetica pervasa da un umorismo quasi pirandelliano, da un “sentimento del contrario”, mai pessimisticamente rinunciatario.
Dalle Metamorfosi (1959), al racconto-viaggio di Gustavo B., uomo senza qualità ordinario e comune, alle figure mitologiche, ai nidi di rose ingarbugliate sotto gabbie-prigioni, la tensione drammatica della vita stessa vuole esplodere, trovare un varco, un abbozzo di braccia e mani tesi al cielo. E’ questa concezione fortemente vitalistica della materia, questa necessità del mutamento vitale ed esistenziale a salvare le rappresentazioni di Alik dall’abisso dell’incomunicabilità e del soliloquio. Nelle infinite sperimentazioni di materiali (ferro, resina, bronzo, alluminio, vetro, cristallo, ceramica, fili metallici, stoffa) e tecniche rappresentative (dalle sculture agli allestimenti scenografici e ambientali), l’artista dimostra il suo costante impegno artistico, umano e sociale in favore di un’arte che è essenzialmente vita e, in quanto tale, dramma, tensione, sforzo di comunicazione, bisogno di condivisione e coinvolgimento psichici e fisici.
15
ottobre 2005
Alik Cavaliere – Racconto_Mito_Magia
Dal 15 ottobre 2005 al 29 gennaio 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA D’ARTE MODERNA ACHILLE FORTI
Verona, Cortile Del Mercato Vecchio, (Verona)
Verona, Cortile Del Mercato Vecchio, (Verona)
Orario di apertura
10–18 (chiusura biglietteria ore 17). Lunedì chiuso
Vernissage
15 Ottobre 2005, ore 18
Autore




