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Nicus Lucà – Capelli al vento
da diversi anni Nicus Lucà cataloga con gli spilli – alla maniera degli insetti nelle teche – le immagini della storia dell’arte senza appuntarne il simulacro ma forgiandolo con gli spilli stessi
Comunicato stampa
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Nel Manuale del boia Charles Duff argomenta la tecnica dell’impiccagione alla stregua di un’arte vera e propria, evidenziandone il «legame con la tradizione, l’elaborazione di un modo immediato di esprimersi, l’equilibrio, l’armonia negli effetti, il ritmo, il tono; e l’efficacia». Tuttavia: nell’arte contemporanea l’efficacia, ovvero l’utilità, è un elemento assolutamente inessenziale. Ecco perché Nicus Lucà, invertendo gli assunti della questione, non fa dell’impiccagione un’arte ma un’opera d’arte. Trasfonde cioè l’esecuzione nell’estetica dell’impiccagione, con la fitting lite a luce fissa che accentua/sdrammatizza l’evento con un materiale tubolare trasparente, illuminato come le decorazioni nei giorni di festa – Demistificazione o parodia?
La messa a morte (qualunque sia la sua forma: fucilazione, rogo, decapitazione, etc.) era uno spettacolo pubblico, un evento che radunava la folla nella pubblica piazza; nella libreria di Franz Paludetto i cappi che penzolano dal soffitto diventano un ricordo ["memento" inequivocabilmente "mori"], un inerme cimelio che non assolve più alla sua funzione ma che, in modo conforme ai libri, tende al racconto, all’elegia di sé. Sono quindi documenti tra documenti...
«Lo slogamento del collo è l’ideale a cui si deve aspirare» mentre nella maggioranza dei casi la morte è provocata da strangolamento e asfissia. In realtà la morte per asfissia è la più ambita (è risaputo che induce all’orgasmo), erotica agonia che si prolunga da pochi minuti a una mezz’ora circa, un’equazione morte-estasi che è stata abolita con la machine à décapiter. Testé, l’incongruenza del piacere con il dolore che è una prerogativa dei mistici, pare rendersi praticabile anche dal pubblico; la luminescenza che si irradia dal fitting lite è infatti invitante quasi quanto le luci di una giostra del luna-park.
E mentre il rapporto numerico dei tre cappi trasla la crocifissione di Disma Gesta e Gesù, è la figura del Cristo a riassumere la punizione capitale e quella corporale. Una giustizia sommaria che lo vede sia strangolato che percosso sulle natiche dalla Madonna nel d’après Max Ernst (da diversi anni Nicus Lucà cataloga con gli spilli – alla maniera degli insetti nelle teche – le immagini della storia dell’arte senza appuntarne il simulacro ma forgiandolo con gli spilli stessi), rifacimento del celebre La Vergine picchia Gesù bambino davanti a tre testimoni: A.B.(André Breton), P.É.(Paul Éluard) e il pittore [1926]. Nel quadro il nimbo del Cristo adolescente cade a terra oggettualizzandosi, in empia analogia con i cappi sospesi. I "testimoni" sono invece stati depauperati dal fondo rosso scarlatto e al loro posto permangono i corpi-fantasmi che s’inghirlandano nella forca del Galgenmeister Lucà.
Insomma: «Quando ci sarà un Premio Nobel per i boia, come c’è per gli altri grandi artisti [...]?».
Alberto Zanchetta
La messa a morte (qualunque sia la sua forma: fucilazione, rogo, decapitazione, etc.) era uno spettacolo pubblico, un evento che radunava la folla nella pubblica piazza; nella libreria di Franz Paludetto i cappi che penzolano dal soffitto diventano un ricordo ["memento" inequivocabilmente "mori"], un inerme cimelio che non assolve più alla sua funzione ma che, in modo conforme ai libri, tende al racconto, all’elegia di sé. Sono quindi documenti tra documenti...
«Lo slogamento del collo è l’ideale a cui si deve aspirare» mentre nella maggioranza dei casi la morte è provocata da strangolamento e asfissia. In realtà la morte per asfissia è la più ambita (è risaputo che induce all’orgasmo), erotica agonia che si prolunga da pochi minuti a una mezz’ora circa, un’equazione morte-estasi che è stata abolita con la machine à décapiter. Testé, l’incongruenza del piacere con il dolore che è una prerogativa dei mistici, pare rendersi praticabile anche dal pubblico; la luminescenza che si irradia dal fitting lite è infatti invitante quasi quanto le luci di una giostra del luna-park.
E mentre il rapporto numerico dei tre cappi trasla la crocifissione di Disma Gesta e Gesù, è la figura del Cristo a riassumere la punizione capitale e quella corporale. Una giustizia sommaria che lo vede sia strangolato che percosso sulle natiche dalla Madonna nel d’après Max Ernst (da diversi anni Nicus Lucà cataloga con gli spilli – alla maniera degli insetti nelle teche – le immagini della storia dell’arte senza appuntarne il simulacro ma forgiandolo con gli spilli stessi), rifacimento del celebre La Vergine picchia Gesù bambino davanti a tre testimoni: A.B.(André Breton), P.É.(Paul Éluard) e il pittore [1926]. Nel quadro il nimbo del Cristo adolescente cade a terra oggettualizzandosi, in empia analogia con i cappi sospesi. I "testimoni" sono invece stati depauperati dal fondo rosso scarlatto e al loro posto permangono i corpi-fantasmi che s’inghirlandano nella forca del Galgenmeister Lucà.
Insomma: «Quando ci sarà un Premio Nobel per i boia, come c’è per gli altri grandi artisti [...]?».
Alberto Zanchetta
28
aprile 2005
Nicus Lucà – Capelli al vento
Dal 28 aprile al 28 maggio 2005
arte contemporanea
Location
CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA – CASTELLO DI RIVARA
Rivara, Piazza Casimiro Sillano, 2, (Torino)
Rivara, Piazza Casimiro Sillano, 2, (Torino)
Vernissage
28 Aprile 2005, ore 18.30
Autore
Curatore




