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Tomas Saraceno – On Air
In-formare l’aria: Air under different pressure… Due entrate dell’edificio ti portano sotto differenti “pressioni” dell’aria. Se sali per le scale finisci all’interno della galleria: qui la “pressione” è più alta ma non abbastanza da farti saltare i timpani (air-pop).
chiaro che continuare a disegnare arredi, oggetti e simili decorazioni
domestiche non era la soluzione ai problemi del vivere... e ancora meno
avrebbe potuto servire a salvare la propria anima".
L¹architettura "radicale" di gruppi quali Superstudio, Archizoom e altri
collettivi, nati nella seconda metà degli anni¹60, si svincola dal
pragmatismo della disciplina per progettare una filosofia di vita. Nel 1973
sempre Superstudio dichiarava: "L¹architettura non tocca mai grandi temi, I
temi fondamentali delle nostre vite. L'architettura resta all¹angolo della
nostra vita, e interviene solo ad un certo punto del processo, in genere
quando il comportamento è già stato codificato".
Tu sei un architetto che fa l¹artista o un artista con la formazione di
architetto: pensi che l¹arte la cui finalità tout court, ammesso che si
possa definire finalità, è quella di informare idee, sia più adatta a
sceverare i grandi temi della vita o anche solo a defuturizzare il futuro?
ts: In generale cerco di lavorare lasciando agli altri il compito di
categorizzare il mio lavoro. Innanzitutto bisognerebbe definire il lavoro
dell¹artista e dell¹architetto nella storia. Per me è più interessante
cercare di trovare casi interdisciplinari tra queste due aree di ricerca.
Fino ad ora, mi sono trovato sicuramente più a mio agio con l¹arte piuttosto
che con l¹architettura: nell¹arte la possibilità di dilatare il processo di
percezione attiva un¹attitudine critica che porta a riconsiderare,
re-interpretare, decifrare la tua posizione verso la realtà, verso il mondo.
Se decido di guardare questa tastiera per quattro ore senza toccarla, la mia
relazione non sarà più la stessa.
In ogni caso possiamo applicare il termine "architettura" a un¹infitnità di
contesti e capire che l¹architettura può essere una cosa molto più ampiaS
architettura del computer, architettura di una poesiaS.l¹architettura è da
tutte le partiSe non deve essere essenzialmente concepita come scienza del
costruire case, città, etcS.
Mi sembra che le finalità e le interazioni tra discipline debbano essere
continuamente re-inventate per ogni specifico contesto. Dopo aver operato
una dissoluzione delle "discipline", dovremmo cercare di attivare un
processo di ri-attualizzare in relazione a contesti sempre mutevoli, e così
riuscire a trovare un feedback per un processo di comunicazione più veloce,
capace di concepire regole più elastiche e dinamiche.
Forse possiamo imparare dal principio di ecologia come sistema di
coabitazione tra differenti aree culturali. Questo ci aiuterebbe a
comprendere la necessità del principio di cooperazione. E¹ un sistema basato
su principi-entità di "networks" (tutti i sistemi viventi comunicano tra di
loro e condividono aree di ricerca), "cycles" (tutti gli organismi viventi
vanno alimentati da un continuo flusso di materia ed energia dal loro
ambiente per poter sopravvivere e tutti questi organismi producono scarti
che diventano utilizzabili da altre specie. In questo modo la materia va in
circolo continuamente attraverso questa rete di vita), "partnership" (lo
scambio di energia e risorse in un ecosistema è sostenuto da una pervasiva
cooperazione. La vita sul pianeta è sostenuta dai principi di cooperazione,
"partnership" e "networking"), "diversity" (un ecosistema ha raggiunto la
stabilità attraverso la ricchezza e la complessità della propria rete
ecologica. Più grande è la biodiversità, maggiore la sua resistenza),
"dynamic balance" (un ecosistema è flessibile, è un network in continuo
flusso. La sua flessibilità è conseguenza di feedback multipli che tengono
il sistema in stato di bilanciamento dinamico. Nessuna singola variabile è
massimizzata; tutte le variabili fluttuano intorno ai loro valori ottimali).
Sarebbe interessante ottenere questo tipo di sistema di relazioni tra arte,
architettura, scienza
ps: Utopia in greco significa nessun luogo, è il nome dato da Tommaso Moro
all¹isola retta da strutture politiche, sociali e religiose ideali. L¹utopia
è una proiezione in un mondo migliore, che si contrappone alla realtà
storica esistente. L¹utopia trae forza dalla razionalità opponendosi alle
follie dei tempi. Nel tuo lavoro è presente sia il concetto di utopia,
rapportata all¹uso di materiali fortemente tecnologici, che il senso di
meraviglioso. La tua utopia sembra quella di costruire unità abitative,
agglomerati urbani, città che siano sospese in cielo grazie al calore del
sole e che possano muoversi con il movimento delle nuvole, così da superare
i confini nazionali, un po¹ come succede negli aeroporti. Queste unità sono
contenute in palloni fatti di un materiale che hai brevettato per questo
utilizzo (l¹aereogel).
L¹utopia è qualcosa che si può realizzare oppure è un concetto instabile,
che scricchiola quando si confronta con la realtà?
ts: L¹utopia esiste fino a che non si realizza. Non era utopico pensare che
la gente potesse viaggiare in aereo cento anni fa? Ora cinquecento milioni
di persone volano ogni anno. Nel 2010 saranno tre trilioniS
L¹idea di utopia è mutata continuamente a seconda delle epoche. Penso che
l¹individualismo che caratterizza questo periodo storico renda questo
concetto instabile, fragile.
Adesso c¹è una coscienza sempre maggiore riguardo al concetto di
sostenibilità nella nostra vita sul pianeta terra. In questo senso il mio
lavoro cerca di indagare e interpretare la realtà esistente, utilizzando le
innovazioni tecnologiche per nuovi obiettivi sociali.
Per esempio la mia idea di Air Port City è quella di realizzare piattaforme,
cellule abitative o città che galleggiano in aria, che cambiano forma e si
aggregano tra loro come le nuvole. Questa flessibilità di movimento, in
relazione agli stati-nazione, trova una risposta nelle strutture
organizzative degli aeroporti: la prima città internazionale.
Gli aeroporti sono in varie città, e sono divisi da "air side" and
"landside"; nel "air-side" tu sei sotto legislazione internazionali. Ogni
azione che commetti sarà giudicata secondo norme internazionali. Total
control under freedom.
Air Port City è come un aeroporto che vola: potrà viaggiare legalmente
attraverso il mondo, usufruendo delle regolazioni degli aeroporti. Lavora su
questa struttura cercando di contestare i confini politici, sociali,
culturali e militari oggi accettati, per cercare di ristabilire nuovi
concetti di sinergia.
Un anno fa ho brevettato, con l¹aiuto di ingegneri e di avvocati, una
applicazione di un nuovo materiale chiamato Aerogel, da essere utilizzato in
veicoli più leggeri dell¹aria. Questi veicoli usano un gas più leggero
dell¹aria per elevarsi: elio, idrogeno, aria calda, una mescolanza di essi,
o altri. L¹applicazione dell¹Aereogel da a questi veicoli la possibilità di
volare con la sola energia solare. Questi veicoli sono l¹alternativa più
efficace per il futuro della nostra mobilità e la possibile "colonizzazione"
del cielo. Non ci sarà più bisogno di aeroporti, cesserà l¹inquinamento
ambientale, saranno alternative efficienti per nuovi satelliti e attiveranno
nuove possibilità di comunicazione.
Questa situazione renderebbe possibile movimenti più veloci ed
energicamente-sostenibili, un¹incredibile mobilità di persone, informazioni,
dati, creando una continua ridefinizione dei confini, delle identità
nazionali, culturali, razziali. Tutto si muoverebbe con maggiore facilità,
creando relazioni e interazioni continue e più veloci, e la possibilità di
scegliere condizioni di vita e clima preferite. Sarebbero come entità in uno
stato di permanente trasformazione, simili a città nomadi. Gli zingari non
ritornano mai nello stesso luogo, semplicemente perché il luogo cambia in
continuazioneS
Air Port City è come una immensa struttura cinetica che opera in direzione
di una vera trasformazione dell¹economia. Ovviamente le Air Port Cities
consentirebbero sviluppo senza danneggiare la biosfera, anzi migliorando le
condizioni di vita sulla terra e evitando alcuni pericoli e minacce
esistenti, come una possibile collisione di un meteorite, la
sovrappopolazione urbana, etcS
Muovere da un ³credo² personale ad uno collettivo è il primo passo per la
realizzazione di questa idea. Dopo l¹unione dell¹Europa, si costituirà una
"europeanafroamericanasianoceaniadfvdsdf": come le derive dei continenti
all¹inizio del mondo, le nuove città cercheranno la loro posizione
nell¹aria, per poi trovarla nell¹universo. Da Cirrocumulus a
Cirrocumuluscity!
Immagina: intorno al mondo senza passaporto! Sarebbe importante raggiungere
un nuovo accordo internazionale che permetta ai cittadini di avere più di un
passaporto, e ai cittadini senza stato di avere un passaporto delle "Unite
Nazioni", che gli dia diritti umani di base nei paesi in cui sono ospiti
permanenti o temporali, come sostiene Majid Tehranian in Worlds on the move.
Purtroppo, come nota Yonathan Friedman, al momento solo il 2% della
popolazione mondiale migra. La mia idea di città e civiltà incoraggia una
mobilità continua.
Se, come sostiene Lewis Mumford, le città hanno avuto origine dalle
necropoli e quindi dal culto dei morti, oggi abbiamo siti internet che
mettono in orbita le ceneri dei morti, al motto di "Ashes to AshesSDust to
Stardust"! La storia sembra che si stia ripetendo: siamo pronti per le città
volanti!
ps : Buckminster Fuller una volta ha detto: "La nave spaziale Terra è stata
così straordinariamente ben inventata e progettata rispetto alla nostra
conoscenza che gli umani sono stati a bordo di essa per due milioni di anni
senza nemmeno sospettare di trovarsi a bordo di una nave". Newton sosteneva
che la gravità è la forza dalle oscure cause che regge il cosmo. La ricerca
di trasparenza e leggerezza nel tuo lavoro sembrano opporsi alla legge che
incatena la corporeità: il volo è antica metafora di libertà? Il cielo è una
realtà al di fuori del luogo che imprigiona?
ts: Rivoluzione! Pensa al fatto che l¹invenzione del pallone ad aria calda e
idrogeno è avvenuto come mezzo di fuga e protezione, verso il 1780,
nell¹epoca della rivoluzione francese. E¹ significativo che durante quel
tempo di incertezze, la gente guardasse il cielo per poter fuggire alla
realtà in terra. Il pallone costituì un grande mezzo per livellare le
disuguaglianze nella società francese. L¹aristocrazia poteva avere grandi
quantità di terreno, ma il cielo era libero e apparteneva a tuttiS
E così, più avanti nella storia, quando una società attraversa una fase
traumatica, la gente cerca rifugio nel cielo per sfuggire al caos e
all¹incertezza.
Brian Charlesworth ha scritto: "As we emphasized several times already,
natural selection cannot foresee the future, and merely accumulates variants
that are favorable under prevailing conditions. Increased complexity may
often provide better functioning, as in the case of eyes, and we then will
be selected for. If the function is no longer relevant to fitness, it is not
surprising that the structure concerned will degenerate."
ps : Cosa presenterai da pinksummer?
ts: In-formare l¹aria: Air under different pressure... Due entrate
dell¹edificio ti portano sotto differenti "pressioni" dell¹aria. Se sali per
le scale finisci all¹interno della galleria: qui la "pressione" è più alta
ma non abbastanza da farti saltare i timpani (air-pop). Prendendo invece
l¹ascensore, un¹altra scala ti porta sul tetto di una nuova stanza dentro al
medesimo ambiente della galleria, con una minore pressione. Una membrana di
pvc trasparente spessa sei millimetri e alta sei metri farà respirare la
galleria, lasciandoti sospeso in ariaS la tua ombra come un affresco
proiettata sul soffitto.
"Pneu": base di tutta la natura. "Pneuma": aria. "Pneumatos": respirare.
"Pneo": vivere-dimorare. Sarà come un organismo vivente, uno spazio che
reagisce e "si comporta". Una sezione di una Air Port City, volendo.
513 m3 di respiro ti sollevano, ti svincolano da terra e ti vincolano agli
altri.
Una nuova mediazione dello spazio: come tutta l¹architettura deve mediare in
qualche modo tra un contesto esteriore e interiore, la terra media ed è
protetta dallo spazio esteriore dall¹atmosfera, ma è in uno stato di
permanente instabilità.
Due pressioni, la stessa aria: Genova e il Mediterraneo. Un segno nel
cuscino-EuropaS Se condividi uno stesso volume d¹aria, uno spazio ermetico,
renderai l¹aria così solida da soffocarti. L¹entrata e l¹uscita della gente
nello spazio inferiore permetterà, allora, il ricambio dell¹aria. La massa
della gente sospesa in alto determinerà l¹intensità di questo ricambio. Così
come succede con i venti, locali o globali, prodotti dalle sacche di aria
che si muovono intorno alla terra, nel loro tentativo di equalizzare la
temperatura e la differenza di pressione.
Marx ha scritto: "all that was solid had melted into air" (tutto ciò che era
solido si è trasformato in aria).
lc: Mi viene in mente una frase di una canzone recente dei Blonde Redhead:
"Behind these clouds, I am almost home"
ps: Alla prima presentazione stampa di Genova 2004, capitale europea della
cultura, a proposito della sua mostra "Arti e Architettura" Germano Celant
affermò che l¹architettura è in questo momento storico più alla moda della
moda. Crediamo che la moda e le mode nascano da una necessità e, di fatto,
da qualche anno c¹è molta attenzione verso l¹architettura, e anche il mondo
dell¹arte manifesta fortemente questo interesse. L¹architettura intesa come
proiezione intellettuale che tende a un mondo migliore. Ogni architettura
ambisce a essere uno spazio per vivere e agire bene.
Credi che questo interesse per l¹architettura sia una manifestazione
tangibile del fatto che ci siamo lasciati alle spalle i decenni O80 e O90,
connotati dall¹individualismo, prima euforico e poi depresso, per entrare in
una fase d¹impegno, vero o presunto, dal punto di vista politico e sociale?
lc: Innanzi tutto bisognerebbe chiedersi cosa intendiamo per "architettura".
Oggi mi sembra un termine più che mai elastico e complesso, che non
significa certamente solo grandi edifici più o meno istituzionali e
"firmati". Architettura può essere una tendopoli, un campo di prigionia, una
base militare, lo spazio della Rete, un vestito.
Qualunque cosa si intenda, mi sembra che, sul binomio arte-architettura,
convergano esigenze e urgenze diverse. Da una parte assistiamo, da alcuni
anni, ad una sempre più capillare ibridazione dell¹arte contemporanea con
altri linguaggi, in un dialogo costante con tutte le sfere della creatività
e della conoscenza. L¹architettura e l¹urbanistica sono tra queste. Si cerca
sempre di più una relazione e un confronto tra artisti, architetti,
urbanisti, pensatori; un terreno comune di scambio e di riflessione, senza
divisioni di "casta". Sicuramente c¹è un rinnovato impegno di analisi e
polemica politico-sociale da parte di artisti, critici, teorici, curatori e
il conseguente tentativo di immaginare soluzioni alternative ai problemi del
costruire e dell¹abitare, nel senso più ampio dei termini. E quindi una
rinnovata attenzione per quelle che sono le modalità del vivere quotidiano
ad ogni latitudine, con gli squilibri e le trasformazioni, le massicce
migrazioni, la straordinaria urbanizzazione, i problemi demografici, le
grandi urgenze ambientali, l¹impatto delle nuove tecnologie sul fare
architettonico e sul nostro modo di vivere, sul portato simbolico e politico
dell¹architettura.
Arte e architettura si incontrano anche nel museo: il cosiddetto "effetto
Bilbao", emerso in seguito alla costruzione del museo di Frank Gehry e alla
conseguente "massificazione" della fruizione dell¹arte contemporanea, ha
rinnovato il dibattito sulla portata simbolica ed ideologica
dell¹istituzione-museo.
Poi, a processo già iniziato, c¹è stato l¹11 settembre. L¹evento con cui si
è chiuso il ventesimo secolo, l¹immagine che si è appiccicata con più forza
nella memoria collettiva globale, è legata alla distruzione drammatica di un
edificio, che era poi uno dei simboli dell¹Occidente, per le funzioni che
conteneva e per quello che rappresentava visivamente e culturalmente.
Insomma, mi sembra qualcosa più di un trend passeggero, anche se questo
pericolo ovviamente esiste. Ma la mostra si ferma all¹anno 2000, e
probabilmente aggira il dibattito su questa e altre urgenze legate
all¹architettura e all¹urbanistica.
Per quanto mi riguarda è sempre stato un interesse per le poetiche e le
problematiche dello spazio, inteso in modo molto ampio, ad avermi spinto a
lavorare su queste ibridazioni e relazioni. Anche quello che ho fatto con la
musica elettronica va in questa direzione. Ovviamente il fatto di essermi
trasferito a Berlino nel 2000 ha avuto una forte influenza, sia per
l¹identità e la storia della città, che per il suo ambito culturale e
artistico.
ps: In Italia I "giovani curatori", ancor più dei "giovani artisti",
tendono a rimanere "giovani" per sempre: non accade quasi mai che vengano
chiamati, per mettere a disposizione il sapere fresco della militanza, da un
"curatore anziano", ovviamente più rassicurante rispetto agli investimenti
politici, a collaborare a una grande rassegna con un grande budget. Nei
giorni in cui pinksummer inaugurerà la mostra di Tomas Saraceno, che tu hai
invitato, a Genova ci sarà l¹apertura del colossal "Arti e Architettura" di
Celant. Siamo felici che la nostra città abbia investito finalmente sul
contemporaneo e che l'esposizione sia curata da un professionista in grado
di dare garanzie qualitative , ma ci piacerebbe sapere su quali basi avresti
lavorato per una sezione non ancora storicizzata della mostra.
lc: In verità non so molto della mostra ed è difficile parlarne senza averla
ancora vista. Dalle informazioni che ho posso immaginare, e forse non
potrebbe essere altrimenti, una mostra di carattere "generalista" e di ampio
respiro storico e spettacolare, piuttosto che strettamente d¹attualità e/o
militante. Concentrata semmai sul potere di seduzione, forse un po¹
hollywoodiano, dell¹immaginario architettonico e sulle sue grandi firme.
Da quello che s¹intuisce dalla lista degli artisti più giovani invitati, che
comunque sono tutti di grande qualità, posso dire che avrei esteso la
selezione a personaggi attenti soprattutto alle dinamiche urbanistiche,
sociali e politiche di respiro più ampio, piuttosto che al rapporto con la
forma simbolica e architettonica dell¹edificio. La lista sarebbe infinita,
ma direi che avrei avuto uno sguardo più attento alle dinamiche "macro" che
a quelle "micro", all¹urbanistica più che alle forme dell¹architettura,
magari proprio attraverso l¹analisi di contesti e situazioni specifiche e
locali. Per esempio, sarebbe stato interessante presentare ricerche sulle
comunità sociali "alternative", sugli sviluppi urbani delle megalopoli
contemporanee, sulle tensioni odierne legate alla globalizzazione, ai
confini, alle identità culturali, alle problematiche ambientali, alla
sostenibilità ecologica, e sicuramente attraverso uno sguardo meno
precisamente occidentale. Un¹attenzione verso architetture marginali,
non-ufficiali, ibride, precarie, improvvisate, nomadi, per esempio.
Se poi ci fermassimo al rapporto con l¹edificio, mi sembrerebbe interessante
riflettere sull¹impatto delle nuove tecnologie sull¹architettura, verso la
creazione di un ambiente sempre più flessibile, dinamico, continuamente
ri-definito, dove le categorie spazio-temporali tradizionali sono messe in
crisi. O, sulle sempre più urgenti questioni legate al rapporto tra spazi
pubblici e privati, in relazione alle problematiche sociali, al consumo e
all¹intrattenimento, per esempio.
Insomma, da una parte un¹analisi più decisamente "sul campo", dall¹altra una
visione sul futuro, magari collegandosi proprio a quella stagione importante
e stimolante della ricerca architettonica che lo stesso Germano Celant
definì tanto tempo fa "radicale". In questo senso, ci sono moltissimi esempi
di ricerche condotte da artisti internazionali (Tomas Saraceno è tra questi)
e da alcuni bravi artisti italiani che riprendono e attualizzano le premesse
di quegli anni, a confronto con nuove esigenze. Ma è una storia di cui si è
appropriata più l¹arte e l¹architettura straniera (penso all¹Olanda e alla
Francia per esempio) che quella italiana. Sarebbe interessante "bringing it
all back home", per dirla con DylanS
Inoltre mi sembra veramente difficile dimenticare che a Genova, in un
passato molto recente, mentre la cittadinanza era invitata a sistemare con
cura le fioriere, si è verificato uno degli episodi più inquietanti e
violenti di "militarizzazione" del tessuto urbano, durante i giorni del G8.
Un momento di grande forza simbolica delle tensioni tra diverse visioni
sociali e politiche odierne, sul terreno reale della città, e di una città
morfologicamente così particolare come Genova. Direi che proprio da Genova
potrebbe iniziare un¹analisi su queste problematiche che sono state, ancora
una volta, tema di dibattito, più all¹estero che in Italia. Ma è scontato
dire che questo creerebbe più di un imbarazzo a chi ha sponsorizzato questa
manifestazione
ps: Raccontaci come hai conosciuto Tomas Saraceno, qual'è il primo lavoro
che hai visto e cosa ti ha intrigato.
lc: Penso di aver sentito parlare di lui e del suo lavoro da amici comuni
alla Städelshule di Francoforte, dove Tomas ha studiato nella classe di
Peter Cook, uno dei fondatori di Archigram e ancora adesso attivissimo
pubblicista e architetto. Forse l¹ho incontrato per la prima volta alla Tate
di Londra, alla mostra di Olafur Eliasson, per cui ha lavorato per qualche
mese e con cui ha collaborato in alcuni progetti. Poi ha partecipato ad una
collettiva a Berlino e ho cercato di contattarlo. Abbiamo iniziato a
comunicare per email e poi, quando era di passaggio a Berlino qualche mese
fa, l¹ho incontrato e abbiamo parlato a lungo.
Direi che sia stato soprattutto il pensiero e la ricerca di Tomas ad
interessarmi, piuttosto che un singolo lavoro. La sua mi sembra, per dirla
con Yona Friedman, una "utopia realizzabile".
Mi affascina la forza, il coraggio e l¹onesta della sua visione, che tocca
alcuni temi e interessi su cui ho lavorato in questi ultimi anni con una
certa continuità: poetiche dello spazio, dinamiche sociali, sensibilità
ecologica, immaginari di un futuro possibile, tra architettura, scienza e
politica.
Mi interessa il suo legame con alcune ricerche della stagione
dell¹architettura cosiddetta "radicale" in direzione di forme di socialità e
di aggregazione future. Penso che Tomas sia un artista generoso e ottimista,
ma allo stesso tempo non ingenuo, con un atteggiamento critico ma fortemente
costruttivo. E questo mi piace. Sono convinto che questo tipo di tensione
sia quanto ormai urgente in questa fase storica, quando sembra che
l¹irrazionalità e la violenza rendano impossibile pensare a nuove e migliori
forme di comunità e di società civile.
Tomas Saraceno – On Air
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 28r, (Genova)




