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s.Finiti dall’arte. Sul lavoro e altri travagli
La mostra si propone di presentare una vasta panoramica su diversi periodi e modalità dell’arte contemporanea, a partire dall’analisi e dalla condizione del lavoro artistico.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il temine lavoro - che va inteso come accezione economico-simbolica -
consente di esporre "manufatti" di artisti che, operando con gli strumenti
dei loro campi, sono ormai transitati dalle forme specificatamente
artistiche a quelle più generali della comunicazione, raggiunte mediante un
progressivo affinamento delle relative modalità e con la compilazione di un
corpus di segni e di simboli.
Partendo dal riconoscimento che tutta la produzione artistica assume i
connotati sempre più evidenti di una storia dell'arte applicata,
l'esposizione fissa l'attenzione su quella che ormai viene definita
l'industria artistica tardo-contemporanea, in cui la produzione diventa
sempre più una lavorazione di forme e un'esasperazione del lavoro storico,
confermando che il prodotto finale è un qualcosa di "manifatturato" (ma pur
sempre fortemente "sociologico"), per la cui realizzazione sono stati
impegnati gli strumenti dell'artigianato e della ricerca, del sapere
scientifico-tecnologico e del mestiere di coloro che sanno trasfigurare e
fondere in senso estetico gli elementi segnici e plastici dell'oggetto.
E' questa la conferma della teoria secondo la quale il ruolo dell'artigiano
intellettuale contemporaneo è orientato a rappresentare una situazione in
cui la lavorazione tecnica dell'opera e la legittimazione formale dei segni
coincidono, toccando dei livelli di specializzazione che sono altamente
indicativi per la nostra attualità.
La tradizione dell'arte applicata notoriamente si presenta come un lavoro
sulla materia, che una volta poteva essere il legno come l'avorio, il ferro
come l'oro, la carta come il materiale edilizio. Ora, con l'introduzione
dello strumento tecnologico avanzato, le fasi di realizzazione del lavoro si
sviluppano di più nelle capacità progettuali del prodotto e quindi il tempo
dedicato all'esperienza diventa più concettuale e mentale. In altri termini,
si vuol dire che il laboratorio visivo, introdotto dalle tecnologie per la
lavorazione dell'immagine, si connota come una sorta di officina
immateriale, una bottega invisibile, miniaturizzata e collegata in rete. Se
la sfera dell'arte applicata un tempo comprendeva arredamento della casa,
carte da parati, vetri, edizioni librarie, tessili, etc., oggi, nell'età
post-industriale, lo styling, entrato a far parte di qualsiasi oggetto della
vita quotidiana, comprende anche la progettazione pittorica e le sue forme
di esecuzione, la scultura e anche l'installazione tanto cara all'arte
concettuale post-duchampiana.
Dopo il transito della medialità e soprattutto dopo l'affacciarsi (sul
piano più sociologico) negli anni Ottanta dei rappresentanti delle ditte e
delle aziende, che hanno costituito il contesto delle Media.comm, oggi
l'arte non è più riconoscibile in quanto tale: troppo palese il passaggio di
tutti gli strumenti artistici manifestatosi verso la comunicazione
generalizzata. Il fenomeno a cui abbiamo assistito è come un "getto della
spugna" da parte dell'arte, che ha accettato la condizione di essere ormai
totalmente finita, almeno relativamente all'autonomia del suo senso.
Conseguentemente, nello spazio di Castell'Arquato, l'arte accetta di essere
"cosa tra le cose". Solo così, dopo essersi arresa a divenire apologia
dell'industria culturale, essa si sforza di trovare una nuova posizione
critica nei confronti dell'orizzonte antropologico artificiale, minaccioso e
omologante, che acquista sempre più terreno sotto i nostri piedi.
consente di esporre "manufatti" di artisti che, operando con gli strumenti
dei loro campi, sono ormai transitati dalle forme specificatamente
artistiche a quelle più generali della comunicazione, raggiunte mediante un
progressivo affinamento delle relative modalità e con la compilazione di un
corpus di segni e di simboli.
Partendo dal riconoscimento che tutta la produzione artistica assume i
connotati sempre più evidenti di una storia dell'arte applicata,
l'esposizione fissa l'attenzione su quella che ormai viene definita
l'industria artistica tardo-contemporanea, in cui la produzione diventa
sempre più una lavorazione di forme e un'esasperazione del lavoro storico,
confermando che il prodotto finale è un qualcosa di "manifatturato" (ma pur
sempre fortemente "sociologico"), per la cui realizzazione sono stati
impegnati gli strumenti dell'artigianato e della ricerca, del sapere
scientifico-tecnologico e del mestiere di coloro che sanno trasfigurare e
fondere in senso estetico gli elementi segnici e plastici dell'oggetto.
E' questa la conferma della teoria secondo la quale il ruolo dell'artigiano
intellettuale contemporaneo è orientato a rappresentare una situazione in
cui la lavorazione tecnica dell'opera e la legittimazione formale dei segni
coincidono, toccando dei livelli di specializzazione che sono altamente
indicativi per la nostra attualità.
La tradizione dell'arte applicata notoriamente si presenta come un lavoro
sulla materia, che una volta poteva essere il legno come l'avorio, il ferro
come l'oro, la carta come il materiale edilizio. Ora, con l'introduzione
dello strumento tecnologico avanzato, le fasi di realizzazione del lavoro si
sviluppano di più nelle capacità progettuali del prodotto e quindi il tempo
dedicato all'esperienza diventa più concettuale e mentale. In altri termini,
si vuol dire che il laboratorio visivo, introdotto dalle tecnologie per la
lavorazione dell'immagine, si connota come una sorta di officina
immateriale, una bottega invisibile, miniaturizzata e collegata in rete. Se
la sfera dell'arte applicata un tempo comprendeva arredamento della casa,
carte da parati, vetri, edizioni librarie, tessili, etc., oggi, nell'età
post-industriale, lo styling, entrato a far parte di qualsiasi oggetto della
vita quotidiana, comprende anche la progettazione pittorica e le sue forme
di esecuzione, la scultura e anche l'installazione tanto cara all'arte
concettuale post-duchampiana.
Dopo il transito della medialità e soprattutto dopo l'affacciarsi (sul
piano più sociologico) negli anni Ottanta dei rappresentanti delle ditte e
delle aziende, che hanno costituito il contesto delle Media.comm, oggi
l'arte non è più riconoscibile in quanto tale: troppo palese il passaggio di
tutti gli strumenti artistici manifestatosi verso la comunicazione
generalizzata. Il fenomeno a cui abbiamo assistito è come un "getto della
spugna" da parte dell'arte, che ha accettato la condizione di essere ormai
totalmente finita, almeno relativamente all'autonomia del suo senso.
Conseguentemente, nello spazio di Castell'Arquato, l'arte accetta di essere
"cosa tra le cose". Solo così, dopo essersi arresa a divenire apologia
dell'industria culturale, essa si sforza di trovare una nuova posizione
critica nei confronti dell'orizzonte antropologico artificiale, minaccioso e
omologante, che acquista sempre più terreno sotto i nostri piedi.
26
settembre 2004
s.Finiti dall’arte. Sul lavoro e altri travagli
Dal 26 settembre al 17 ottobre 2004
arte contemporanea
Location
ANTICO PALAZZO DELLA PRETURA
Castell'arquato, Piazza Del Municipio, (Piacenza)
Castell'arquato, Piazza Del Municipio, (Piacenza)
Orario di apertura
abato e festivi, dalle 11 alle 12,30 e dalle 15 alle 19
Vernissage
26 Settembre 2004, ore 11,00
Sito web
www.dars.it
Curatore




