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Marina Iorio – Pangea
Tutti i lavori appositamente selezionati ed in parte eseguiti per questa prima mostra milanese hanno nel forte ed immediato impatto cromatico la principale caratteristica. Al nero si accompagnano rossi, gialli, azzurri e verdi altrettanto decisi.
Comunicato stampa
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Sfruttata per la ricchezza del sottosuolo, straziata da guerre civili e carestie, falcidiata da epidemie e mancanza di acqua eppure per certi versi l’Africa è considerata, nel nostro immaginario collettivo di occidentali, più una terra paradisiaca dalla natura ancora incontaminata che un continente che continua ad implodere e a ricacciarsi tra le viscere milioni di morti ogni anno. Le denunce da parte di associazioni umanitarie spesso rimangono isolate, solo una goccia nel mare di informazioni che quotidianamente i mass media ci propinano e di certo insufficienti a scuotere la coscienza. Ma quando poi accade di vedere con i propri occhi, o attraverso i testi scritti della nuova generazione italo-africana, difficilmente si rimane emotivamente estranei a tanta bellezza e ad altrettanto dolore. È da questo contrastante stato d’animo che prende le mosse -come sottolinea Adelinda Allegretti in catalogo- la recente ricerca artistica di Marina Iorio, che scevra da pregiudizi si trasforma in testimone di drammi e speranze, di bellezza e morte.
Tutti i lavori appositamente selezionati ed in parte eseguiti per questa prima mostra milanese hanno nel forte ed immediato impatto cromatico la principale caratteristica. Al nero si accompagnano rossi, gialli, azzurri e verdi altrettanto decisi in cui, ad eccezione di alcune tele, le larghe campiture tendono ad annullare qualsivoglia sfumatura cromatica, lasciando che siano la semplicità e l’immediatezza delle forme a catturare lo sguardo dello spettatore. Eppure pochi tratti in questo caso fanno più di un intero reportage, tanto che bastano due silhouette femminili di profilo, poste una accanto all’altra, ed un lieve spostamento del rigonfiamento del ventre per evidenziare come sia sottile il divario tra la vita e la morte, tra l’essere incinta ed il morire di fame, tra il dare alla luce un figlio e la consapevolezza che questo non sopravvivrà alla madre. Allo stesso modo altrove quelle che sembrano le silhouette di due bambini non sono altro che un piccolo e l’ombra della morte, incombente compagna. Ed ancora: l’elegante silhouette di una giraffa risveglia in noi l’idea di una terra lontana da quel progresso che tutto fagocita, di un habitat incontaminato in cui gli animali ancora vivono allo stato selvaggio. Ma ci sono delle impronte, lievi, che quasi svaniscono in quel mare di verde (petrolio!) che avvolge la figura. Ed a ben guardare, pur susseguendosi una all’altra, sono lasciate dallo stesso piede, a simboleggiare un’Africa claudicante, che si trascina a stento -pur o indirettamente- per colpa di quel mare di petrolio di cui è ricco il sottosuolo. Eppure rimane viva la speranza nella linea sinuosa di una donna (metafora dell’Africa) che, sebbene immersa in un rosso sangue, volge lo sguardo fiduciosa verso il futuro.
L’intera produzione pittorica della Iorio si carica di precisi e profondi significati simbolici, di cui la scelta del colore, come pure l’essenzialità delle forme, si fanno straordinari interpreti.
Tutti i lavori appositamente selezionati ed in parte eseguiti per questa prima mostra milanese hanno nel forte ed immediato impatto cromatico la principale caratteristica. Al nero si accompagnano rossi, gialli, azzurri e verdi altrettanto decisi in cui, ad eccezione di alcune tele, le larghe campiture tendono ad annullare qualsivoglia sfumatura cromatica, lasciando che siano la semplicità e l’immediatezza delle forme a catturare lo sguardo dello spettatore. Eppure pochi tratti in questo caso fanno più di un intero reportage, tanto che bastano due silhouette femminili di profilo, poste una accanto all’altra, ed un lieve spostamento del rigonfiamento del ventre per evidenziare come sia sottile il divario tra la vita e la morte, tra l’essere incinta ed il morire di fame, tra il dare alla luce un figlio e la consapevolezza che questo non sopravvivrà alla madre. Allo stesso modo altrove quelle che sembrano le silhouette di due bambini non sono altro che un piccolo e l’ombra della morte, incombente compagna. Ed ancora: l’elegante silhouette di una giraffa risveglia in noi l’idea di una terra lontana da quel progresso che tutto fagocita, di un habitat incontaminato in cui gli animali ancora vivono allo stato selvaggio. Ma ci sono delle impronte, lievi, che quasi svaniscono in quel mare di verde (petrolio!) che avvolge la figura. Ed a ben guardare, pur susseguendosi una all’altra, sono lasciate dallo stesso piede, a simboleggiare un’Africa claudicante, che si trascina a stento -pur o indirettamente- per colpa di quel mare di petrolio di cui è ricco il sottosuolo. Eppure rimane viva la speranza nella linea sinuosa di una donna (metafora dell’Africa) che, sebbene immersa in un rosso sangue, volge lo sguardo fiduciosa verso il futuro.
L’intera produzione pittorica della Iorio si carica di precisi e profondi significati simbolici, di cui la scelta del colore, come pure l’essenzialità delle forme, si fanno straordinari interpreti.
27
maggio 2004
Marina Iorio – Pangea
Dal 27 maggio al 16 giugno 2004
arte contemporanea
Location
GALLERIA BIANCA MARIA RIZZI
Milano, Via Molino Delle Armi, 3, (Milano)
Milano, Via Molino Delle Armi, 3, (Milano)
Orario di apertura
11-13/15,30-19,15; chiuso domenica, lunedì mattina
Vernissage
27 Maggio 2004, dalle ore 18 alle 22




