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Dante Vincelle
Considerato un artista “puro“, un “primitivo“ per il suo sintetismo compositivo e l’elementarietà primordiale degli elementi che campiscono le sue tele, tra i prediletti gli animali domestici, le scene boschive e campagnole.
Comunicato stampa
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DANTE VINCELLE
(Firenze 1884 - 1951)
Ben poche sono le notizie relative alla biografia di questo artista nato nel capoluogo fiorentino nel penultimo decennio dell'Ottocento, anche se il suo cognome è di lontana derivazione francese, e vissuto in permanenza ad Empoli fino agli anni Trenta del Novecento, per poi alternare soggiorni in Francia a Parigi ed in Liguria a Genova, tornando successivamente a Firenze fino alla sua scomparsa.
Si applica da autodidatta alla pittura mentre lavora come vetraio in una delle numerose manifatture empolesi impegnate nella produzione di vetro verde. Lascia tale mestiere per dedicarsi completamente alla pittura e recarsi a Firenze, non solo per dipingere aspetti paesaggistici, scegliendo una soluzione pittorica impostata sulla resa del vero di matrice macchiaiola, come in Ponte vecchio, presentato alla Prima Biennale romana del 1921, ma anche per entrare in contatto, più tardi, con gli artisti di un panorama culturale più ampio rispetto a quello empolese.
Rimarrà sempre un outsider, anche quando verso la metà degli anni Trenta giunge nella capitale francese per conoscere le esperienze degli artisti impressionisti, tanto che la sua tavolozza, già assai luminosa, si schiarisce ulteriormente ed accoglie il tipico tocco cromatico senza mescolanze; più tardi, al termine di tale decennio, vi torna per approfondire gli aspetti del colore - luce, rimeditando anche sulla lezione del pointillisme applicato in pittura da Seurat e Signac, rielaborandone la tecnica a petto delle influenze del divisionismo italiano, per giungere ad uno stile personale. In ambito francese partecipa ad alcune mostre collettive ed espone le sue opere in personali presso spazi privati, come la Galleria Carmine nel 1933.
Considerato un artista “puro“, un “primitivo“ per il suo sintetismo compositivo e l'elementarietà primordiale degli elementi che campiscono le sue tele, tra i prediletti gli animali domestici, le scene boschive e campagnole, ma anche i nudi avvolti da un paesaggio edenico, le scene di caccia tra i cespugli ed i boscosi dirupi e le danze carnevalesche specialmente durante il primo soggiorno parigino, è stato avvicinato dalla critica a Henri Rossueau, il doganiere, il pittore francese “ingenuo“ per eccellenza, ed inserito nella schiera dei pittori naives del Novecento.
In verità Vincelle propone un singolare itinerario di ricerca, distaccandosi dall'entourage del tempo, ed il suo linguaggio è intriso di una naturale spontaneità, che emerge dalla sua capacità di caratterizzare spesso il tipico paesaggio toscano con gesto veloce, trasfigurandolo con il suo sguardo orientato verso l'immaginario, sempre cadenzato e raccolto a focalizzarsi sugli squarci di vita autentica, nella sua calma quotidiana, nel desiderio di concepire con serenità il presente, come una primitiva età dell'oro trasposta in pittura.
Si immerge in modo panico nella macchia mediterranea, respira i profumi delle colline profilate da un contorno morbido, fino a passeggiare lungo le stradette sassose e bianche di polvere e ghiaia che si aprono presumibilmente nelle campagne prossime al nucleo empolese, dalla Villa del Terraio ai boschi di Corniola, da Poggio Capperi a Poggio Pelato.
Al periodo genovese, durante gli anni Quaranta, appartengono i luminosi paesaggi della riviera ligure, collocati in un'atmosfera sognante, presentati più volte in anni successivi alla Galleria La Rotta. Nelle marine le acque sono calme e piatte tanto da congiungersi con il cielo, come intraviste tramite una lente riflettente, con le tinte soffuse, quasi velate da una fonte luminosa indeterminata, straniante.
La “chiarezza“ e la “limpidezza“ sono le particolarità riconosciute che connotano la sua pittura, tanto da assumere talora quasi un sapore nordico, da luce fredda, smaltata ed irreale, specialmente nelle opere degli anni Venti, mentre nel corso degli anni Trenta, dinamizzando i soggetti sapientemente stilizzati, Vincelle sperimenta il rapporto costante tra luci ed ombre che diventano colorate, pur variando ogni volta la tecnica e giocando comunque, in parte, rispetto ai francesi, sulla pittura di “macchia“ e sulla mescolanza, non sulla completa “purità“ delle tinte, accolta, quest'ultima, solo per “affinamento“ graduale.
Nel disegno, come nelle opere pittoriche, l'artista rivela la sua capacità di sintesi, utilizzando un segno incisivo e continuo con cui coglie e rielabora ciò che osserva con una sottile vena ironica.
Il suo spirito eccentrico e la sua spiccata originalità si confermano anche nella invenzione di parti di ingranaggi meccanici, disegnate con accuratezza e precisione in relazione ai suoi brevetti industriali, dal “Dispositivo di propulsione per navi e velivoli e relativo congegno di trasmissione“ del 1932, presentato al Ministero delle corporazioni, al “Congegno meccanico atto ad utilizzare la forza del moto ondoso del mare, o quella delle correnti di fiumi o canali“, proposto al Ministero dell'Industria e del Commercio nel 1950.
Attivo fino alla sua scomparsa nel 1951 ha lasciato agli eredi una cospicua mole di opere, purtroppo non datate, così che ingenerano non poche difficoltà per stabilire una adeguata cronologia in rapporto all'idea di riconfigurare un completo itinerario creativo. Alcune di esse sono state presentate in retrospettive nei primi anni Sessanta e nel corso degli anni Settanta a Firenze e ad Empoli.
La scelta che viene proposta in esposizione presso il Museo di Arte sacra e l'attigua Casa Boccaccio a Certaldo Alto trova le sue motivazioni nella volontà e nel desiderio di riscoprire e rivalutare il percorso dell'artista, come personalità interessante nell'ambito dell'arte toscana del novecento.
Dante Vincelle è un caso singolare, uno “spirito della foresta“ contraddistinto da una “classicità“ di matrice toscana, che trapela dalla brillantezza cromatica e dalla luminosità delle sue opere, nel delineare un “paradiso perduto“, autentico eden miltoniano cui ogni uomo anela nella sua esistenza.
Alessandra Scappini
(Firenze 1884 - 1951)
Ben poche sono le notizie relative alla biografia di questo artista nato nel capoluogo fiorentino nel penultimo decennio dell'Ottocento, anche se il suo cognome è di lontana derivazione francese, e vissuto in permanenza ad Empoli fino agli anni Trenta del Novecento, per poi alternare soggiorni in Francia a Parigi ed in Liguria a Genova, tornando successivamente a Firenze fino alla sua scomparsa.
Si applica da autodidatta alla pittura mentre lavora come vetraio in una delle numerose manifatture empolesi impegnate nella produzione di vetro verde. Lascia tale mestiere per dedicarsi completamente alla pittura e recarsi a Firenze, non solo per dipingere aspetti paesaggistici, scegliendo una soluzione pittorica impostata sulla resa del vero di matrice macchiaiola, come in Ponte vecchio, presentato alla Prima Biennale romana del 1921, ma anche per entrare in contatto, più tardi, con gli artisti di un panorama culturale più ampio rispetto a quello empolese.
Rimarrà sempre un outsider, anche quando verso la metà degli anni Trenta giunge nella capitale francese per conoscere le esperienze degli artisti impressionisti, tanto che la sua tavolozza, già assai luminosa, si schiarisce ulteriormente ed accoglie il tipico tocco cromatico senza mescolanze; più tardi, al termine di tale decennio, vi torna per approfondire gli aspetti del colore - luce, rimeditando anche sulla lezione del pointillisme applicato in pittura da Seurat e Signac, rielaborandone la tecnica a petto delle influenze del divisionismo italiano, per giungere ad uno stile personale. In ambito francese partecipa ad alcune mostre collettive ed espone le sue opere in personali presso spazi privati, come la Galleria Carmine nel 1933.
Considerato un artista “puro“, un “primitivo“ per il suo sintetismo compositivo e l'elementarietà primordiale degli elementi che campiscono le sue tele, tra i prediletti gli animali domestici, le scene boschive e campagnole, ma anche i nudi avvolti da un paesaggio edenico, le scene di caccia tra i cespugli ed i boscosi dirupi e le danze carnevalesche specialmente durante il primo soggiorno parigino, è stato avvicinato dalla critica a Henri Rossueau, il doganiere, il pittore francese “ingenuo“ per eccellenza, ed inserito nella schiera dei pittori naives del Novecento.
In verità Vincelle propone un singolare itinerario di ricerca, distaccandosi dall'entourage del tempo, ed il suo linguaggio è intriso di una naturale spontaneità, che emerge dalla sua capacità di caratterizzare spesso il tipico paesaggio toscano con gesto veloce, trasfigurandolo con il suo sguardo orientato verso l'immaginario, sempre cadenzato e raccolto a focalizzarsi sugli squarci di vita autentica, nella sua calma quotidiana, nel desiderio di concepire con serenità il presente, come una primitiva età dell'oro trasposta in pittura.
Si immerge in modo panico nella macchia mediterranea, respira i profumi delle colline profilate da un contorno morbido, fino a passeggiare lungo le stradette sassose e bianche di polvere e ghiaia che si aprono presumibilmente nelle campagne prossime al nucleo empolese, dalla Villa del Terraio ai boschi di Corniola, da Poggio Capperi a Poggio Pelato.
Al periodo genovese, durante gli anni Quaranta, appartengono i luminosi paesaggi della riviera ligure, collocati in un'atmosfera sognante, presentati più volte in anni successivi alla Galleria La Rotta. Nelle marine le acque sono calme e piatte tanto da congiungersi con il cielo, come intraviste tramite una lente riflettente, con le tinte soffuse, quasi velate da una fonte luminosa indeterminata, straniante.
La “chiarezza“ e la “limpidezza“ sono le particolarità riconosciute che connotano la sua pittura, tanto da assumere talora quasi un sapore nordico, da luce fredda, smaltata ed irreale, specialmente nelle opere degli anni Venti, mentre nel corso degli anni Trenta, dinamizzando i soggetti sapientemente stilizzati, Vincelle sperimenta il rapporto costante tra luci ed ombre che diventano colorate, pur variando ogni volta la tecnica e giocando comunque, in parte, rispetto ai francesi, sulla pittura di “macchia“ e sulla mescolanza, non sulla completa “purità“ delle tinte, accolta, quest'ultima, solo per “affinamento“ graduale.
Nel disegno, come nelle opere pittoriche, l'artista rivela la sua capacità di sintesi, utilizzando un segno incisivo e continuo con cui coglie e rielabora ciò che osserva con una sottile vena ironica.
Il suo spirito eccentrico e la sua spiccata originalità si confermano anche nella invenzione di parti di ingranaggi meccanici, disegnate con accuratezza e precisione in relazione ai suoi brevetti industriali, dal “Dispositivo di propulsione per navi e velivoli e relativo congegno di trasmissione“ del 1932, presentato al Ministero delle corporazioni, al “Congegno meccanico atto ad utilizzare la forza del moto ondoso del mare, o quella delle correnti di fiumi o canali“, proposto al Ministero dell'Industria e del Commercio nel 1950.
Attivo fino alla sua scomparsa nel 1951 ha lasciato agli eredi una cospicua mole di opere, purtroppo non datate, così che ingenerano non poche difficoltà per stabilire una adeguata cronologia in rapporto all'idea di riconfigurare un completo itinerario creativo. Alcune di esse sono state presentate in retrospettive nei primi anni Sessanta e nel corso degli anni Settanta a Firenze e ad Empoli.
La scelta che viene proposta in esposizione presso il Museo di Arte sacra e l'attigua Casa Boccaccio a Certaldo Alto trova le sue motivazioni nella volontà e nel desiderio di riscoprire e rivalutare il percorso dell'artista, come personalità interessante nell'ambito dell'arte toscana del novecento.
Dante Vincelle è un caso singolare, uno “spirito della foresta“ contraddistinto da una “classicità“ di matrice toscana, che trapela dalla brillantezza cromatica e dalla luminosità delle sue opere, nel delineare un “paradiso perduto“, autentico eden miltoniano cui ogni uomo anela nella sua esistenza.
Alessandra Scappini
22
maggio 2004
Dante Vincelle
Dal 22 maggio al 04 luglio 2004
arte contemporanea
Location
CASA BOCCACCIO
Certaldo, Via Giovanni Boccaccio, (Firenze)
Certaldo, Via Giovanni Boccaccio, (Firenze)
Biglietti
6 intero ; 3 ridotto (gruppi 15 persone, anziani, bambini
fino 14 anni)
Orario di apertura
10 - 19 orario continuato
Vernissage
22 Maggio 2004, ore 17.00
Sito web
www.dantevincelle.it