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Getulio Alviani
Da più di quaranta anni si è impegnato nell’indagine dei materiali e nella loro organizzazione in insiemi programmati. Lo si può constatare nelle sue superfici metalliche, nei cromogrammi, negli ambienti e nei volumi, così come nella sua attività grafica, nel design, nell’architettura e nella didattica.
Comunicato stampa
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Getulio Alviani nasce a Udine il 5 settembre del 1939.
La formazione artistica di Getulio Alviani è stata vicina, per costituzione, attrazione culturale ed amicizia, a maestri come Josef Albers, Konrad Wachsmann e Max Bill che, nel clima del Bauhaus, hanno iniziato a dare all'arte del fare un ruolo scientifico basato sull'allargamento del campo del percettibile e sulla verificabilità delle soluzioni date ai problemi.
La posizione di Alviani all'interno del panorama artistico contemporaneo presuppone un mutamento fondamentale dei concetti di arte e di artista così come vengono comunemente intesi; essa è da intendersi infatti come un modo di arginare quella tendenza al sensazionalismo, dalla spettacolarizzazione allo scandalo fine a se stesso, che contraddistingue molti fenomeni della vita e della cultura del nostro tempo.
In ogni aspetto del suo lavoro, Alviani ha condotto la costruzione visiva in un ambito ben determinato di regole, di rapporti, di ragioni: Nella mia mente tutti i concetti, le sensazioni, le idee prendevano la forma di punti, segmenti, linee, colori, volumi, pesi e rapporti a livello geometrico elementare, dinamici nel loro svilupparsi … i sensi non contaminati hanno proporzioni matematiche. Forse per questo egli non si sente un creatore, ma piuttosto un ideatore di realtà nuove mentre c'è tutto da fare, con nuovi presupposti proprio da pionieri dell'ideazione: penso all'infinità di problemi non solo teorici o esemplificativi, ma soprattutto pratici e concreti che riguardano il fare. Penso ad esempio alle città, alla loro urbanizzazione, ai trasporti sino alle istanze più sottili e alle possibili risoluzioni come spazi pneumatici, innovatrici forme di spostamento, particolari ideativi di quanto più minuto. Ingegneri, architetti, designers, artisti dovremmo operare in questo senso evolutivo, perché questo è stato e dovrebbe rimanere oggi, nonostante tutto, il nostro compito.
Da più di quaranta anni si è impegnato nell'indagine dei materiali e nella loro organizzazione in insiemi programmati. Lo si può constatare nelle sue superfici metalliche, nei cromogrammi, negli ambienti e nei volumi, così come nella sua attività grafica, nel design, nell'architettura e nella didattica. Con Alviani l'arte si spoglia di qualsiasi carattere mistificatorio: gli eventi ottici, ritenuti aleatori ed irripetibili, vengono da lui trasformati in esperienze conoscitive da trasmettere. Attraverso una costruzione rigorosamente geometrica e matematica nascono problemi di apprendimento riguardanti il mondo delle forme e dei colori, allo stesso modo in cui potrebbe essere per quello del suono o della temperatura.
Le lucide formulazioni della poetica concretista e programmata hanno in Getulio Alviani uno dei rappresentanti più rigorosi. Per Alviani la progettazione dell'oggetto deve, infatti, essere rigidamente finalizzata alla risoluzione di un problema; così è anche per i lavori riconducibili alla ricerca estetica, cosiddetta pura, come le superfici a testura vibratile (1960), in alluminio e acciaio, nate dalla volontà di costruire immagini con la sola rifrazione della luce, che cambino a seconda della collocazione delle fonti luminose e dei punti di vista o come le opere di pittura, nelle quali la quantità dei colori viene misurata in relazione alla superficie che occupano e la fusione di un colore con un altro avviene secondo proporzioni esatte.
Negli ultimi anni si è dedicato alla cura di testi ed esposizioni riguardanti i migliori protagonisti delle ricerche strutturali e visive internazionali, collaborando con musei soprattutto dell'Est Europa.
Ha realizzato vari progetti di architettura.
Dalla fine degli anni Cinquanta si interessa di strutture plastiche e cognizioni visive in campo industriale, frequentando studi di architetti e ingegneri. Realizza anche le prime opere in alluminio. Poi nel 1962 partecipa alla mostra Arte Programmata a Venezia, Roma, Düsseldorf, Leverkusen e alla mostra Zero nella Galleria Diogenes di Berlino. Prima personale all'estero presso la Galerie Denise Renè di Parigi nel 1963 seguita da una seconda, nello stesso anno, al Museo di Leverkusen.
Nel 1964 è invitato alla Biennale di Venezia ed espone nella mostra Nouvelles Tendences al Palazzo del Louvre di Parigi. Nel 1965 partecipa alla mostra The Responsive Eye al MOMA di New York e crea le prime stanze-ambienti con pareti a superficie vibrante.
Nel 1968 partecipa a Documenta 4 a Kassel. 1971-2003 Tiene mostre personali in vari paesi.
Dal 1981 al 1985 dirige il Museo d'Arte Moderna di Ciudad Bolivar, Venezuela. Nuovamente invitato alla Biennale di Venezia nel 1986 e nel 1993.
La formazione artistica di Getulio Alviani è stata vicina, per costituzione, attrazione culturale ed amicizia, a maestri come Josef Albers, Konrad Wachsmann e Max Bill che, nel clima del Bauhaus, hanno iniziato a dare all'arte del fare un ruolo scientifico basato sull'allargamento del campo del percettibile e sulla verificabilità delle soluzioni date ai problemi.
La posizione di Alviani all'interno del panorama artistico contemporaneo presuppone un mutamento fondamentale dei concetti di arte e di artista così come vengono comunemente intesi; essa è da intendersi infatti come un modo di arginare quella tendenza al sensazionalismo, dalla spettacolarizzazione allo scandalo fine a se stesso, che contraddistingue molti fenomeni della vita e della cultura del nostro tempo.
In ogni aspetto del suo lavoro, Alviani ha condotto la costruzione visiva in un ambito ben determinato di regole, di rapporti, di ragioni: Nella mia mente tutti i concetti, le sensazioni, le idee prendevano la forma di punti, segmenti, linee, colori, volumi, pesi e rapporti a livello geometrico elementare, dinamici nel loro svilupparsi … i sensi non contaminati hanno proporzioni matematiche. Forse per questo egli non si sente un creatore, ma piuttosto un ideatore di realtà nuove mentre c'è tutto da fare, con nuovi presupposti proprio da pionieri dell'ideazione: penso all'infinità di problemi non solo teorici o esemplificativi, ma soprattutto pratici e concreti che riguardano il fare. Penso ad esempio alle città, alla loro urbanizzazione, ai trasporti sino alle istanze più sottili e alle possibili risoluzioni come spazi pneumatici, innovatrici forme di spostamento, particolari ideativi di quanto più minuto. Ingegneri, architetti, designers, artisti dovremmo operare in questo senso evolutivo, perché questo è stato e dovrebbe rimanere oggi, nonostante tutto, il nostro compito.
Da più di quaranta anni si è impegnato nell'indagine dei materiali e nella loro organizzazione in insiemi programmati. Lo si può constatare nelle sue superfici metalliche, nei cromogrammi, negli ambienti e nei volumi, così come nella sua attività grafica, nel design, nell'architettura e nella didattica. Con Alviani l'arte si spoglia di qualsiasi carattere mistificatorio: gli eventi ottici, ritenuti aleatori ed irripetibili, vengono da lui trasformati in esperienze conoscitive da trasmettere. Attraverso una costruzione rigorosamente geometrica e matematica nascono problemi di apprendimento riguardanti il mondo delle forme e dei colori, allo stesso modo in cui potrebbe essere per quello del suono o della temperatura.
Le lucide formulazioni della poetica concretista e programmata hanno in Getulio Alviani uno dei rappresentanti più rigorosi. Per Alviani la progettazione dell'oggetto deve, infatti, essere rigidamente finalizzata alla risoluzione di un problema; così è anche per i lavori riconducibili alla ricerca estetica, cosiddetta pura, come le superfici a testura vibratile (1960), in alluminio e acciaio, nate dalla volontà di costruire immagini con la sola rifrazione della luce, che cambino a seconda della collocazione delle fonti luminose e dei punti di vista o come le opere di pittura, nelle quali la quantità dei colori viene misurata in relazione alla superficie che occupano e la fusione di un colore con un altro avviene secondo proporzioni esatte.
Negli ultimi anni si è dedicato alla cura di testi ed esposizioni riguardanti i migliori protagonisti delle ricerche strutturali e visive internazionali, collaborando con musei soprattutto dell'Est Europa.
Ha realizzato vari progetti di architettura.
Dalla fine degli anni Cinquanta si interessa di strutture plastiche e cognizioni visive in campo industriale, frequentando studi di architetti e ingegneri. Realizza anche le prime opere in alluminio. Poi nel 1962 partecipa alla mostra Arte Programmata a Venezia, Roma, Düsseldorf, Leverkusen e alla mostra Zero nella Galleria Diogenes di Berlino. Prima personale all'estero presso la Galerie Denise Renè di Parigi nel 1963 seguita da una seconda, nello stesso anno, al Museo di Leverkusen.
Nel 1964 è invitato alla Biennale di Venezia ed espone nella mostra Nouvelles Tendences al Palazzo del Louvre di Parigi. Nel 1965 partecipa alla mostra The Responsive Eye al MOMA di New York e crea le prime stanze-ambienti con pareti a superficie vibrante.
Nel 1968 partecipa a Documenta 4 a Kassel. 1971-2003 Tiene mostre personali in vari paesi.
Dal 1981 al 1985 dirige il Museo d'Arte Moderna di Ciudad Bolivar, Venezuela. Nuovamente invitato alla Biennale di Venezia nel 1986 e nel 1993.
18
maggio 2004
Getulio Alviani
Dal 18 maggio al 03 luglio 2004
arte contemporanea
Location
GALLERIA IL BULINO ARTE CONTEMPORANEA
Roma, Via Urbana, 148, (Roma)
Roma, Via Urbana, 148, (Roma)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10,00 alle 13,00; dalle 16,00 alle 19,30. esclusi festivi



