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Gianluca Capozzi – Tomorrow Land
Capozzi raffigura immagini che sfigurano, che si perdono in una moltitudine stridente alla ricerca di una cittadinanza pittorica, quantomeno pittorica, in cui ritrovarsi felici e feriti
Comunicato stampa
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L’incanto della materia lontana.
Guardando attentamente queste nuove composizioni di Gianluca Capozzi, tutte datate 2019 e tutte di grandezza sostenuta (tranne Peaple, unico lavoro al quale l’artista attribuisce un titolo), si ha come l’impressione di ritrovarsi accanto a un pittore la cui capacità è quella di cogliere dal mondo della vita tutta una serie di sollecitazioni puntualmente registrate, catalogate, archiviate e infine reificate o ratificate con un bildhafte Denken sedotto dalla folla e dai suoi pericoli, dall’inaspettato e dall’ignoto.
Incontri quotidiani in una caffetteria qualunque, vetrine infrante dalla forza di un colore che si fa mascherina, ritratti appena abbozzati, richiami a motivi floreali, voyeurismi, attese e masse silenziose si muovono nella sua pittura per disegnare un itinerario visivo dove si perde la traccia di ogni personalità e le figure sembrano esseri solitari che hanno smarrito non solo il loro nome anagrafico ma anche quello che il tempo accarezza e fa inevitabilmente cambiare: le loro facce.
Quasi a voler stringere al filo sottile della pittura quello tagliente dell’intima riflessione su un mondo contemporaneo inghiottito nell’oceano del selfismo e della socialfagia, Capozzi raffigura immagini che sfigurano, che si perdono in una moltitudine stridente alla ricerca di una cittadinanza pittorica, quantomeno pittorica, in cui ritrovarsi felici e feriti.
Le persone che popolano i sui recenti Untitled non sono più infatti quelle che possiamo incontrare tra i racconti de la vie moderne di Baudelaire o di Edgar Allan Poe (mi riferisco, in particolare, a The Man of the Crowd del 1840), piuttosto trasposizioni e trascrizioni di stati d’animo (tempo fa parlavo di «un vero e proprio trattato delle passioni» umane), lacerti di vita dove si avverte l’instancabile desiderio di esistere e di resistere a una quotidianità lasciva, riportata dall’artista con una eccellente maturità linguistica: con colori rumorosi che si rincorrono l’un l’altro e che si sovrappongono, si mescolano, si amalgamano per creare atmosfere fluide e sfuggenti, baleni di vita vissuta e congelata, piacevoli e erotici blackout.
Accanto a questo primo itinerario più strettamente e seducentemente figurativo, c’è, nel percorso offerto dall’artista, anche un ventaglio di opere dove la pittura è pura gestualità, veloce tessitura di un mondo interiore in cui scompare ogni appiglio alla realtà e quello che realmente si percepisce è una caduta inconscia, un vivo sentimento della materia e del colore, della tela e del telaio, della memoria e di una corsa frenata sulla realtà.
Antonello Tolve, Roma, 25 maggio 2019
Guardando attentamente queste nuove composizioni di Gianluca Capozzi, tutte datate 2019 e tutte di grandezza sostenuta (tranne Peaple, unico lavoro al quale l’artista attribuisce un titolo), si ha come l’impressione di ritrovarsi accanto a un pittore la cui capacità è quella di cogliere dal mondo della vita tutta una serie di sollecitazioni puntualmente registrate, catalogate, archiviate e infine reificate o ratificate con un bildhafte Denken sedotto dalla folla e dai suoi pericoli, dall’inaspettato e dall’ignoto.
Incontri quotidiani in una caffetteria qualunque, vetrine infrante dalla forza di un colore che si fa mascherina, ritratti appena abbozzati, richiami a motivi floreali, voyeurismi, attese e masse silenziose si muovono nella sua pittura per disegnare un itinerario visivo dove si perde la traccia di ogni personalità e le figure sembrano esseri solitari che hanno smarrito non solo il loro nome anagrafico ma anche quello che il tempo accarezza e fa inevitabilmente cambiare: le loro facce.
Quasi a voler stringere al filo sottile della pittura quello tagliente dell’intima riflessione su un mondo contemporaneo inghiottito nell’oceano del selfismo e della socialfagia, Capozzi raffigura immagini che sfigurano, che si perdono in una moltitudine stridente alla ricerca di una cittadinanza pittorica, quantomeno pittorica, in cui ritrovarsi felici e feriti.
Le persone che popolano i sui recenti Untitled non sono più infatti quelle che possiamo incontrare tra i racconti de la vie moderne di Baudelaire o di Edgar Allan Poe (mi riferisco, in particolare, a The Man of the Crowd del 1840), piuttosto trasposizioni e trascrizioni di stati d’animo (tempo fa parlavo di «un vero e proprio trattato delle passioni» umane), lacerti di vita dove si avverte l’instancabile desiderio di esistere e di resistere a una quotidianità lasciva, riportata dall’artista con una eccellente maturità linguistica: con colori rumorosi che si rincorrono l’un l’altro e che si sovrappongono, si mescolano, si amalgamano per creare atmosfere fluide e sfuggenti, baleni di vita vissuta e congelata, piacevoli e erotici blackout.
Accanto a questo primo itinerario più strettamente e seducentemente figurativo, c’è, nel percorso offerto dall’artista, anche un ventaglio di opere dove la pittura è pura gestualità, veloce tessitura di un mondo interiore in cui scompare ogni appiglio alla realtà e quello che realmente si percepisce è una caduta inconscia, un vivo sentimento della materia e del colore, della tela e del telaio, della memoria e di una corsa frenata sulla realtà.
Antonello Tolve, Roma, 25 maggio 2019
15
giugno 2019
Gianluca Capozzi – Tomorrow Land
Dal 15 al 30 giugno 2019
arte contemporanea
Location
VILLINO DEL BALZO
San Martino Valle Caudina , Via Imbriani, (Avellino)
San Martino Valle Caudina , Via Imbriani, (Avellino)
Vernissage
15 Giugno 2019, ore 16
Autore
Curatore