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Due nuove mostre al MANN: acquerelli e fotografie dell’800 per raccontare Pompei
Archeologia
di redazione
Il MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli amplia il proprio orizzonte con due piccole ma preziose mostre che mettono in dialogo archeologia e arti visive, offrendo nuove prospettive sul mito di Pompei e sul modo in cui esso è stato visto e raccontato nel tempo. Aperte al pubblico dal 17 settembre e visitabili fino al 28 febbraio 2026, le esposizioni, curate da Andrea Milanese, Ruggiero Ferrajoli e Domenico Pino, intrecciano materiali d’archivio, acquerelli e fotografie, restituendo la vitalità di un patrimonio che non si esaurisce nei reperti e vive nelle tracce di chi lo ha documentato.
Luigi Bazzani e l’arte di cogliere l’istante
La prima mostra, Luigi Bazzani e la casa pompeiana, nasce dal restauro di diciotto acquerelli del pittore e scenografo bolognese Luigi Bazzani (1836–1927). Considerati opere d’arte e fonti storiche di primaria importanza, i suoi fogli testimoniano l’evoluzione delle ricerche archeologiche vesuviane tra Ottocento e primo Novecento.

Bazzani traduce in immagini il fascino di domus, templi e giardini, cogliendo con la rapidità dell’acquerello la luce mutevole e le atmosfere effimere degli spazi antichi. Una tecnica che, per immediatezza e sensibilità cromatica, si rivela perfetta nel restituire impressioni e dettagli altrimenti destinati a perdersi. Accanto ai suoi lavori, il percorso include una gouache di Giuseppe Marsigli, disegni di Pasquale Maria Veneri e fotografie storiche, con un focus dedicato alla celebre Casa del Fauno, scoperta nel 1830 e divenuta simbolo della raffinatezza pompeiana.

Gabriel Ivanovič de Rumine e lo sguardo della fotografia nascente
Il secondo percorso, 1859 – Un fotografo russo a Pompei: Gabriel Ivanovič de Rumine, porta i visitatori nel 1859, quando la fotografia era una disciplina ancora giovane. Aristocratico e viaggiatore, Gabriel Ivanovič de Rumine realizzò una delle prime campagne fotografiche di Pompei durante un viaggio nel Mediterraneo al seguito del Granduca Costantino di Russia.

Grazie a un permesso speciale concesso da Ferdinando II, il fotografo scattò vedute di grande formato che oggi appaiono come un reportage pionieristico sugli scavi. Consapevole della novità del linguaggio, de Rumine inviò alcune immagini alla Société Française de Photographie di Parigi, dove furono accolte con interesse.
Il MANN conserva 28 albumine di questa straordinaria serie, rimaste a lungo dimenticate negli archivi. Oggi tornano alla luce nel Salone del Plastico di Pompei, in dialogo con il grande modello ottocentesco della città antica, rafforzando la suggestione di un sito che ha alimentato l’immaginario europeo per secoli.

«Queste preziose fotografie – esposte ora al pubblico per la prima volta – ci consentono di osservare il fascino esercitato da Pompei nell’immaginario europeo da una prospettiva inedita, attraverso una forma di espressione allora del tutto nuova», ha dichiarato il Direttore Generale Musei Italiani, Massimo Osanna. «La riscoperta di questo fondo è il frutto di un lavoro di ricerca e di valorizzazione del ricco patrimonio del MANN, che conferma come studio e indagine documentaria siano strumenti fondamentali per ampliare la conoscenza e, con essa, la fruizione del patrimonio».














