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Il Colosseo racconta il suo antico pubblico: negli ipogei apre una nuova sezione museale
Archeologia
di redazione
Con l’apertura di una nuova sezione espositiva negli ipogei, il Parco archeologico del Colosseo continua a raccontarsi in tutte le sue stratificazioni e sfaccettature, come uno spazio sociale, politico e rituale, integrando ricerca archeologica, museografia aggiornata e narrazione storica. Dopo aver acceso i riflettori, nel 2023, sul mondo dei gladiatori e sulla complessa macchina dello spettacolo e in attesa della riqualificazione del museo al secondo ordine, prevista tra il 2025 e il 2026, il focus si sposta ora “dall’altra parte” dello show, verso gli spettatori, per aprire un varco sulle vite, gli usi e i costumi delle oltre 50mila persone che affollavano la cavea dell’Anfiteatro Flavio.
Curata da Federica Rinaldi, Alessandra Celant e Claudia Minniti, la nuova sezione occupa il settore occidentale degli ipogei e si apre con un video che documenta le recenti ricerche archeologiche condotte dal Parco dal 2022. Il percorso, restituito attraverso un allestimento firmato dallo studio Tortelli e Frassoni, costruisce un racconto che restituisce voce a un pubblico eterogeneo, diviso per ceti ma unito nella partecipazione collettiva.

«L’importanza del rinnovo degli allestimenti e del loro aggiornamento in continuità con le ricerche e gli studi specialistici costituisce una missione prioritaria per ogni istituzione museale. Tutela, ricerca e valorizzazione, i tre pilastri di ogni museo che non voglia mai smettere di ripensarsi, consentono di offrire sempre nuove prospettive, invitando il pubblico ad accrescere la propria conoscenza e in ultima istanza a tornare a vistarlo, mantenendo un filo diretto con l’istituzione», ha dichiarato Alfonsina Russo, Direttore del Parco archeologico del Colosseo. «In questa direzione va quindi il nuovo allestimento degli ipogei, aperti al pubblico nel 2021, valorizzati nel 2022 con una prima mostra temporanea, poi divenuta permanente nel 2023; oggi la nuova sezione completa questo primo percorso di riqualificazione, secondo la logica della esposizione dei reperti nel loro contesto di provenienza. Una scelta espositiva che innova quella esistente e si muove al passo con le ricerche e le scoperte che continuano a rendere vivo il Colosseo».
Il quotidiano nell’arena: il nuovo allestimento negli Ipogei del Colosseo
Una porzione di cavea è stata ricreata come espositore a gradoni, riflettendo la gerarchia sociale del pubblico romano e offrendo uno spaccato vivido della vita di platea. Spicca un gradino inciso con il nome di un senatore, datato tra IV e V secolo d.C., testimone della pratica di personalizzazione degli spazi.

Tutt’intorno, oggetti minuscoli ma eloquenti: spilloni per capelli, stuzzicadenti, pettinini, spolette, aghi da cucito ma anche dadi, pedine, monete e laminette plumbee per maledizioni (defixiones) rivolte contro i nemici, le persone detestate, invidiate, i rivali in amore, i ladri e anche gli atleti nelle gare agonistiche. Tra i reperti più affascinanti, un anello d’oro con campanella interna, vera rarità nella sua raffinata ingegnosità, e una laminetta maledittoria con simboli apotropaici, datata tra III e IV secolo.

Questi resti provengono da recenti scavi che hanno interessato, oltre alle ispezioni nel sistema idraulico sottostante la piazza, antico e moderno, soprattutto lo scavo del collettore idraulico ipogeo collocato nella porzione meridionale del Colosseo, liberando 70 metri di stratigrafia. All’interno sono stati rinvenuti tantissimi reperti, depositatisi come rifiuti e lì rimasti a seguito della progressiva diminuzione delle attività di manutenzione, tipica delle fasi finali della vita dell’Anfiteatro. Sono, a tutti gli effetti, i residui quotidiani di chi ha vissuto il monumento come uno spazio di svago ma anche di identificazione.

Il pubblico come protagonista
Il pubblico, come la stessa architettura dell’anfiteatro, viene così riscoperto come soggetto attivo. Le ore trascorse sugli spalti, tra spettacoli e intervalli, venivano animate da giochi, scommesse, pasti condivisi. Ostriche, orate, spezie esotiche e frutti rari venivano consumati nella cavea, a volte offerti dallo stesso Imperatore come gesto politico di consenso e propaganda. Il celebre adagio di Giovenale, “panem et circenses”, qui si traduce in un’esperienza vivida.
Se l’arena celebrava il dominio dell’Impero attraverso animali esotici e duelli, gli ipogei custodivano il meccanismo scenico che rendeva possibile la meraviglia. Gli elevatori in legno, restaurati grazie alla collaborazione con l’Istituto Centrale del Restauro, testimoniano l’ingegneria dello spettacolo. La scelta di mostrare non solo i reperti ma anche i materiali – legni di castagno, abete, olmo – con i disegni delle relative specie arboree e foglie, arricchisce la lettura visiva, facendo dialogare la biologia con l’archeologia.

L’apparato grafico e didattico accompagna il visitatore attraverso pannelli e una guida, raccontando anche il dietro le quinte dell’allestimento e le fasi di progettazione delle vetrine. È un lavoro reso possibile grazie alla collaborazione scientifica con l’Università Sapienza di Roma e i suoi dipartimenti di Scienze dell’Antichità, Biologia ambientale e Biotecnologie Charles Darwin, da cui nascerà una pubblicazione scientifica prevista per l’autunno.














