14 dicembre 2010

fino al 2.I.2011 SI. Sindrome italian Grenoble, Magasin

 
Un nugolo ben nutrito di artisti italiani. Quelli della “generazione post-Cattelan”. Una quarantina di giovani (e meno giovani) virgulti del Belpaese. Che si ritrovano tutti insieme in quel di Grenoble, invitati per una grande collettiva allo storico Magasin. Quando vedere le cose con un certo distacco è piuttosto utile...

di

Uno spazio e un’attenzione tale rivolti alla “giovane creazione italiana” non li si vedeva da tempo. Non solo all’estero, ma pure in Italia. Forse perché nel nostro Paese sarebbe stato più difficile trascendere – com’è stato fatto, almeno in parte, in questa occasione (e ci riferiamo in particolare alla mostra) – da parrocchie e “circoli chiusi”, per citare Jonathan Coe.

Perché dunque Grenoble, il suo Magasin e il suo storico direttore Yves Aupetitallot si sono dedicati con tanto “accanimento” alla scena italiana? Alcune risposte le ha fornite lo stesso Aupetitallot, citando innanzitutto i legami storici e sociali di Grenoble con l’Italia (la città era sotto il dominio dei Savoia e tuttora vi abitano circa 20mila persone con origini italiane), e poi il fatto che, almeno ai suoi occhi, la nostra è una realtà tra le più frizzanti e propositive, almeno in Europa.

Ecco, l’Europa (e gli Stati Uniti, e la Cina). Sì perché, fa notare Aupetitallot ai giornalisti suoi concittadini, molti di questi 40 giovani artisti italiani hanno studiato all’estero, vivono all’estero, lavorano con gallerie straniere. Insomma, sono tanto più italiani – ed è un complimento – quanto più non restano in Italia. Ed è un po’ il refrain dei cervelli in fuga, non palesato visto il noto aplomb d’oltralpe, ma il concetto è chiaro. In specie se, come fa monsieur le directeur, si prosegue sottolineando – fra i primi tratti distintivi di questa scena – la profonda politicizzazione di molti dei lavori (e delle progettualità) in mostra. Un piglio che innanzitutto – ed è ancora Aupetitallot a dichiararlo – è pressoché assente in Francia, e soprattutto che non diviene mai didascalico, ossia utilizza strumenti eminentemente artistici per proporre riflessioni socio-politiche. Il che è un bel complimento, ancora.

Aupetitallot chiude la sua presentazione sottolineando come sia forse più facile essere italiani all’estero piuttosto che in patria. E non è un discorso valido soltanto per i nostri artisti, se è vero che il medesimo (o quasi il medesimo) discorso è valido per i francesi, ad esempio quando giungono a Villa Medici a Roma. Da parte dei visitatori italiani, siano essi “addetti ai lavori” o pubblico più genericamente inteso, l’occasione è dunque piuttosto ghiotta: a Grenoble si ha la possibilità di veder riunito un buon numero di “creatori” più o meno affermati, e di farlo con una certa distanza critica. Ed è questo il punto.

Certo, di rilievi se ne potrebbero fare. Si potrebbe obiettare che alcune sezioni della mostra sono troppo affollate. Che alcuni lavori sono forse poco rappresentativi dell’operato del singolo artista. Che forse sarebbe stato preferibile non includere nomi come quello di Vezzoli, soprattutto se l’opera scelta a rappresentarlo non è certo di quelle memorabili. Ma sono dettagli. 

Quel che conta è la possibilità di osservare un panorama avulso dal suo (presunto) contesto. Un metodo proficuo per poterne cogliere motivi dominanti e dettagli, flussi ed eccentricità. Per poi rimettere quello stesso panorama al suo posto, ma con gli occhi arricchiti da una griglia ermeneutica più sfaccettata e rigorosa.

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marco enrico giacomelli

*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 69. Te l’eri perso? Abbonati!


dal 9 ottobre 2010 al 2 gennaio 2011

SI – Sindrome Italiana. La jeune création artistique italienne

a cura di Yves Aupetitallot in collaborazione con Inge Linder-Gaillard e Veronica Valentini

artisiti in mostra: Giorgio Andreotta Calò, Meris Angioletti, Salvatore Arancio, Francesco
Arena, Rosa Barba, Francesco Barocco, Rossella Biscotti, Lupo Borgonovo, Alex
Cecchetti, Danilo Correale, Rä Di Martino, Patrizio Di Massimo, Lara Favaretto,
Luca Francesconi, Linda Fregni Nagler, Christian Frosi, Giuseppe Gabellone, Martino Gamper, Francesco
Gennari, Piero Golia, Sabina Grasso, Massimo Grimaldi, Renato Leotta, Claudia
Losi, Marzia Migliora, Seb Patane, Pennacchio Argentato, Diego Perrone, Paola
Pivi, Riccardo Previdi, Pietro Roccasalva, Matteo Rubbi, Andrea Sala, Manuel
Scano, Marinella Senatore, Giulio Squillacciotti, Alberto Tadiello, Santo
Tolone, Luca Trevisani, Patrick Tuttofuoco, Nico Vascellari, Francesco Vezzoli

Magasin – CNAC Centre National d’Art
Contemporain

155, cours Berriat (zona Stazione Ferroviaria) – 38100 Grenoble

Orario: da martedì a domenica ore 14-19

Ingresso: intero € 3,50; ridotto € 2

Info: tel. +33 0476219584; fax +33 0476212422; info@magasin-cnac.org; www.magasin-cnac.org

[exibart]

21 Commenti

  1. La mia opinione è che l’input di questa mostra sia arrivato dall’italia. Tanto per dimostrare, forzatamente e in tempi di crisi, una certa visibilità italiana all’estero.
    Solo un anno fà Exibart lanciava un’ altra mostra collettiva in olanda, gli italian open:

    http://www.exibart.com/notizia.asp?IDNotizia=29246&IDCategoria=204

    Non si capisce l’utilità di queste mostre ghetto (sindrome italiana, italian open ecc) quando vengono presentati tanti frammenti indecifrabili all’interno di un guazzabuglio in cui è impossibile capire “chi abbia fatto cosa”. Vediamo in italia una certa vitalità, forse. La diffusione di una certa alfabetizzazione tra gli artisti (assente tra il pubblico), ma non mi sembra esistano differenze lingustiche sostanziali con la Germania,l’Inghilterra o la Francia. Perchè non fare sindrome inglese? Forse perchè gli inglesi non hanno bisogno di queste forzature per avere un minimo di visibilità fuori confine.

    Francesco Arena propone a Grenoble una performance proponendo il testo Povera Patria di Battiato. Stesso piglio facile e citazionista di tantissimi giovani artisti internazionali. E anche a livello formale non vendo scarti: si tratta della spasmodica reiterazione di un certo maniersimo. Una forma di artigianato inconsapevole (l’artigianato può funzionare quando è consapevole).

    In linea di massima gli artisti italiani non si salvano da un certa omologazione internazionale. E se si considerano:

    – l’apatia di certi critici-curatori italiani
    – la necessità di scimmiottare l’estero per essere rassicurati su i propri complessi di inferiorità
    – il migliore supporto di paesi esteri ai propri artisti

    si può ben capire perchè l’italia tenda ad essere assente dalla scena internazionale “che conta” (cit. Pier Luigi Sacco, Flash Art).

    In italia bisognerebbe fare il pubblico dell’arte contemporanea e allo stesso tempo promuovere un confronto critico interno aperto e sereno. Opinione pubblica, approfondimento e meritocrazia. Gli stessi ingredienti delle migliori democrazie.

  2. rossi- […] E anche a livello formale non vendo scarti […] In italia bisognerebbe fare il pubblico dell’arte contemporanea e allo stesso tempo promuovere un confronto critico interno aperto e sereno. Opinione pubblica, approfondimento e meritocrazia. Gli stessi ingredienti delle migliori democrazie.

    pure a livello di critica non ci sono scarti:

    meritocrazia, approfondimento, op. pub., ecc.:
    pare di leggere il corriere della sera

    la ricostruzione dequalificante delle mostre “ricognitive/italiane” all’estero realiazzata da rossi appare:

    “una furba strategia di marketing che mira a indebolire la concorrenza agli occhi dei consumatori (“gli artisti sono scarsi e troppi, i curatori sono dei dittatori senza acume che indeboliscono il mercato, l’eccesso di offerta fa scendere i prezzi = collezionisti non comprate nessuno che abbia a che fare con coloro che cito perchè non vale un cazzo”). tanto per fare un altro esempio […]), dopo questa intuizione è chiaro anche perchè rossi insiste nel ripetere testi e immagini nel blog. una specie di advertising per imprimere bene in mente il suo operato.”

    nome multiplo/anonimato (blissett)
    + critica “sistema”: livellamento/omologazione (grimaldi)
    + anedottica/lavori sul/col/nel “sistema” (blissett,zuffi, ecc.)
    + rapporto magazine/uso ambiguo-pop dei media (cattelan, Jacopo dell., ecc.)
    + frammentazione dell’opera nell’informazione (fine anni ’60)
    + blog vetrina portfolio + stalking in forum/blog (boresta, pesce a fore, jacopo dell. ecc.)
    + enigmatica o grossolana infiltrazione in spazi espositivi, ecc. (a. c, brener, bansky, ecc.)
    + uso curatore come alter ego _cavalucci_ (cattelan_gioni)
    + superamento del ruolo tradizionale dell’artista (quasi tutti)
    + sottrazione/sparizione (ube. _anni ’60_, bas jan ader,ecc.) (-“morsiani?”)
    + ecc.
    =
    luca rossi

  3. A proposito di Cattelan: forse la generazione post-cattelan ha aperto a Luca Rossi. Anche Cattelan si sottrae sempre ma alla fine c’è sempre. Mette il cartello “torno subito” ma il cartello lo mette. Luca Rossi è invece nelle condizioni di andarsene senza mettere alcuen cartello. Essere veramente “sottratto” e ripudiato dal sistema. Questo pur usando solo le parole e senza mai essere offensivo o volgare. Critica il sistema e ne viene escluso? Cosa deve fare l’arte se non esprimere una rottura? E poi definisce un linguaggio realmente nuovo…ma è chiaro che quasi nessuno lo sa visto che il sistema lo ostracizza.

  4. – Luca Rossi è invece nelle condizioni di andarsene senza mettere alcuen cartello. Essere veramente “sottratto” e ripudiato dal sistema.

    rossi è presente nei media (quasi una forma di stalking): vd. commenti exibart/art-text-ecc., blog, interviste qua e là, email a curatori, capoccia ed altri, flash art…
    [è grottesco scrivere di lontananza, sottrazione, RIPUDIO (?)…]

    rossi non fa parte ufficialmente del “sistema”, ma ne è una funzionale ed innocua complementarità: la consueta solita voce critica + progetti “balordi”: LUCA ROSSI non è un post-cattelan ma un POST MARIO PESCE A FORE

    “Se tutti gli artisti si proclamassero Mario Pesce a Fore questo sistema cesserebbe d’essere individualista e mercificatorio.” 2005
    http://www.bloggers.it/MarioPesceaFore/index.cfm

    “Luca Rossi è un’identità sacrificale e fuori controllo. Mi vengono in mente quelle lepri posticce che usano nelle corse dei cani. Questa identità serve a svelare quello che le persone hanno negli occhi. Io non sono più luca rossi di te, o di tutti quelli che si firmano luca rossi e lasciano commenti o aprono blog. Il ’900 è un secolo che è stato ossessionato dal “controllo”. Mi sembra più interessante la perdita del controllo. Faccio un esempio. Cosa succederebbe se chiunque potesse esporre ovunque?” 2010
    http://www.globartmag.com/2010/03/19/luca-rossi-micol-di-veroli-intervista-sistema-dellarte-contemporane/

  5. Simone sei patetico. Continui e continuate a fermarvi ad una lettura limitata e banale di Rossi per mantenerlo disinnescato. Perché non entri e non entrate mai nei progetti specifici? Cosa mi sai dire di I’m not Roberta???? Io seguo Rossi e i contenuti dei progetti sono la cosa migliore…

  6. LES ITALIENS -progetto per un’opera concettuale o per una trasmissione di Endemol:
    sprangare all’interno della mostra tutti gli artisti emuli di Cattelan ( il vernissage sarebbe stata un’ottima occasione)e riprenderli 24 ore su 24 con telecamere “alla grande fratello”! Mi pare di vederli,ognuno sul proprio piedistallino guardare l’altro con la puzza sotto il naso . Li vedo con quell’arietta un pò isterica da primi della classe, mettersi alla prova con furbi giochetti d’intelligenza. Lo spettacolo sarebbe assicurato.
    Endemol, se la cosa dovesse andare, tienimi presente ..

  7. gus, grazie del patetico

    È assolutamente superfluo riferirsi ai specifici progetti di rossi in quanto, come molteplici colleghi contemporanei _ e predecessori degli anni sessanta _, queste operazioni vivono come frammentazione dell’opera nell’informazione, come una moltitudine di segni cangianti e continuamente manipolabili nel blog. (L’argomentazione/critica lineare e puntale circa i “lavori” di un nome multiplo _ rossi, provdo, Jacopo dell. _ non né auspicabile né corretta. Le contingenze dei lavori di rossi (de carlo, gioni, new museum, marrakech, ecc) sono un estenuante declinazione di un linguaggio intrinsecamente rassicurante, essendo strutturato entro anacronistiche coordinate oppositive: CONSAPEVOLE/INCOSAPEVOLE, vecchio/nuovo, identità/anonimato, successo/fallimento, fruizione tradizionale della mostra/fruizione innovativa della mostra, CHIAREZZA/AMBIGUITÀ, ecc

    la mancanza di trasparenza/linearità nella descrizione dei lavori di rossi è un innocuo connotato del suo lavoro:

    pare che whitehouse sia superficialmente imbastita attorno al principio base del marketing: meno fai sapere di un prodotto più la gente sarà disposta a “comprarlo”.

    questa foga con cui chiedete di entrare nello specifico dei lavori di r. è quindi una manieristica forzature

    (devo forse ricordare che HM inviò un’email a rossi per delucidazioni circa un “lavoro” a firenze: r. rispose con banalità e approssimazioni…)

    ciao

    nome multiplo/anonimato (blissett)
    + critica “sistema”: livellamento/omologazione (grimaldi)
    + anedottica/lavori sul/col/nel “sistema” (blissett,zuffi, ecc.)
    + rapporto magazine/uso ambiguo-pop dei media (cattelan, Jacopo dell., ecc.)
    + frammentazione dell’opera nell’informazione (fine anni ’60)
    + blog vetrina portfolio + stalking in forum/blog (boresta, pesce a fore, jacopo dell. ecc.)
    + enigmatica o grossolana infiltrazione in spazi espositivi, ecc. (a. c, brener, bansky, ecc.)
    + uso curatore come alter ego _cavalucci_ (cattelan_gioni)
    + superamento del ruolo tradizionale dell’artista (quasi tutti)
    + sottrazione/sparizione (ube. _anni ’60_, bas jan ader,ecc.) (-“morsiani?”)
    + ecc.
    =
    luca rossi

  8. Simone, ti sbagli. I progetti di Rossi hanno un contenuto che non è deframmentato nell’informazione, anche io in un primo momento lo pensavo ma non è così. Li percepiamo così perchè non ci crediamo fino in fondo come quando ce li comunica l’istituzione X. Anche io ho chiesto delucidazioni sul progetto a Palazzo Vecchio a Firenze. Si è trattato di un percorso in verticale dentro al Palazzo fino ad un installazione finale nella soffitta. Io potevo anche andare a vedere la mostra ma non ci credevo fosse vera e quindi non ci sono andata.

  9. L’unica cosa da dire su una collettiva così preconfezionata, così scontata e mediocre e che quelli bravi (pochi), per fortuna o per scelta non ci sono.

  10. cosa significa “esattamente” generazione Post-Cattelan?
    che Cattelan è morto?
    oppure che è divenuto, in vita, per volontà di Dio e della Nazione, un landmark epocale?
    Cosa significa per favore…
    Grazie

  11. bha..rosiconi per una mostra in cui nessuno si ricorderà di nessuno…l’ho visitata e non si capisce niente…tante opere/pezzettini di giovani artisti molto simili fra loro…forse 2-3 bravini ma niente più…meglio non esserci in queste mostre..w luca rossi, sei tutti noi!

  12. viva luca rossi il portavoce di tutti gli ingiustamente esclusi dalle mostre organizzate dalle solite loggie di potere dove vengono invitati sempre gli stessi artisti non bravi ma amici dei signori occulti che reggono i fili invisibili del mondo dell’arte italiana.

  13. scommetto che luca rossi e company sarebbero prontissimi a entrare nella rosa degli artisti esposti a grenoble. il problema è che rossi e gli altri come artisti sono inutili perchè il loro lavoro guarda esclusivamente il proprio buco del culo.

  14. Ma guardate, state facendo tutto voi. Io non mi sento per nulla escluso, anzi mi sento troppo “incluso” visto che finite a parlare di me sotto ad ogni notizia. Come posso sentirmi escluso?
    Per la mostra in questione rimando al mio commento più in basso e posso assicurare che gran parte degli artisti partecipanti la pensano esattamente come me. E’ stata una mostra confusionaria e raffazzonata. Esserci o non esserci è abbastanza indifferente, come dice giustamente Patty.

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