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La Battaglia di Pavia: una mostra racconta l’evento che cambiò l’Europa
Arte antica
di redazione
Ricostruire un antico ecosistema politico, sociale e culturale complesso, che ha dato la forma al mondo occidentale per come lo conosciamo oggi, attraverso testimonianze artistiche e di altissimo artigianato. A diversi mesi dall’apertura e con una proroga che ne estende la durata fino al 24 febbraio 2026 – una data altamente simbolica – Pavia 1525: le arti nel Rinascimento e gli arazzi della Battaglia, allestita ai Musei Civici del Castello Visconteo, si conferma come uno dei progetti espositivi più articolati e ambiziosi legati alle celebrazioni per il Cinquecentenario della Battaglia di Pavia. Curata da Francesco Frangi, Pietro Cesare Marani, Mauro Natale, Laura Aldovini e, per la sezione degli arazzi, Carmine Romano e Mario Epifani, la mostra restituisce alla città il ruolo di snodo culturale e politico che Pavia ebbe nel Rinascimento, ben oltre l’evento bellico che nel 1525 ne segnò il destino e quello dell’Europa.
Combattuta il 24 febbraio 1525, la Battaglia di Pavia fu uno degli scontri decisivi delle guerre d’Italia del Cinquecento. L’esercito imperiale di Carlo V, composto in gran parte da lanzichenecchi tedeschi e archibugieri spagnoli, sconfisse in modo netto l’esercito francese guidato dal re Francesco I, accampato nei pressi del Parco Visconteo di Pavia. La battaglia segnò una svolta anche sul piano militare: la cavalleria pesante francese, simbolo della guerra “cavalleresca”, fu annientata dall’uso coordinato di fanteria e armi da fuoco, mostrando la fine di un modello bellico medievale e l’affermazione della guerra moderna.
Ma l’evento ebbe conseguenze politiche enormi. Francesco I fu catturato e condotto prigioniero in Spagna, costretto l’anno successivo a firmare il Trattato di Madrid, con cui rinunciava a importanti territori italiani. La vittoria consolidò l’egemonia asburgica sull’Italia e sull’Europa, ridimensionando drasticamente le ambizioni francesi nella penisola e portando a un punto di svolta negli equilibri politici europei, i cui effetti si sarebbero avvertiti per decenni.

Il progetto espositivo, promosso dai Musei Civici di Pavia con il Comitato Promotore per il Cinquecentenario della Battaglia di Pavia, adotta una struttura bipartita. La prima sezione ricostruisce il clima artistico pavese tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento, mentre la seconda, nettamente separata, è interamente dedicata ai sette monumentali arazzi della Battaglia di Pavia provenienti dal Museo e Real Bosco di Capodimonte, eccezionalmente concessi in prestito come nucleo unitario.
Il percorso si apre con la figura di Donato de’ Bardi, che si firmava “Papiensis” e che la mostra propone come antecedente simbolico dello sviluppo dell’arte rinascimentale locale. Da qui si snodano i tre grandi assi tematici su cui si costruisce la narrazione: la Certosa, il Duomo, la città. Il cantiere della Certosa di Pavia emerge come uno dei luoghi cardine dell’arte lombarda tra Quattro e Cinquecento, per la presenza di maestri come Ambrogio Bergognone e per il dialogo con figure centrali del Rinascimento italiano, come Pietro Perugino.

Centrale la sezione dedicata al cantiere del Duomo di Pavia, nato da un forte orgoglio civico e alimentato da ambizioni che guardavano ai grandi modelli dell’architettura europea. Qui la mostra mette in evidenza il ruolo di protagonisti come Donato Bramante, Leonardo da Vinci e Francesco di Giorgio Martini, documentato attraverso disegni, modelli e incisioni di rarissima presenza, tra cui fogli provenienti dalla Royal Collection di Windsor. Accanto a questi capisaldi, trovano spazio le produzioni di pittori e scultori attivi in ambito pavese, come Bernardino Lanzani, Bartolomeo Bonone e Giovanni Angelo Del Maino.
Il climax del percorso è affidato all’ultima grande sala, dove i visitatori sono immersi nella narrazione visiva dei sette arazzi della Battaglia di Pavia, tessuti tra il 1528 e il 1531 dalla manifattura fiamminga di Jan e Willem Dermoyen su disegni di Bernard van Orley. Qui la battaglia si dispiega come racconto totale, in cui celebrazione politica, attenzione al dettaglio e modernità dello sguardo convivono in una rappresentazione che travalica il semplice documento storico. Dopo il recente restauro e le tappe espositive negli Stati Uniti, il ritorno a Pavia consente di rileggere questi arazzi nel luogo che ne ha generato l’immaginario, restituendo continuità tra evento, rappresentazione e memoria.

A rafforzare l’impianto scientifico della mostra contribuisce la ricomposizione del polittico di Bergognone per la Certosa, oggi disperso in diverse collezioni, e la possibilità di accedere ai risultati delle analisi diagnostiche non invasive condotte da un team interdisciplinare di studiosi. Il tutto è accompagnato da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.












