-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- Servizi
- Sezioni
- container colonna1
30 Blizzards. A Parigi il tableau vivant di Helen Marten che indaga le relazioni
Arte contemporanea
di Ottavia Luzi
30 Blizzards. è tra le mostre must-see della settimana dell’arte parigina (22-26 ottobre). A organizzarla è Miu Miu, partner ufficiale del Public Program di Art Basel Paris, nello spazio iconico di Palais d’Iéna. E l’importante intervento artistico è affidato a Helen Marten, Turner Prize 2016. Ma chiamarla performance, dopo averla vissuta, dopo esserci entrati, è riduttivo: 30 Blizzards. è un’opera interdisciplinare, un tableau vivant che esplora le intersezioni, la complessità delle interazioni umane attraverso sculture, video, teatro e musica, e va a fondo della relazione che si innesca tra i media in dialogo tra loro.
Ci sono cinque sculture e cinque video inediti nell’enorme salone del palazzo, ognuno fa riferimento a un momento cronologico della vita, dall’infanzia alla vecchiaia. Ma è solo l’inizio, l’attivazione, l’innesco: da qui partono diversi monologhi, nuove interazioni inaspettate – da seguire con tanto di libretto per ogni visitatore. Mentre tutto intorno, sospesi, carichi di parole pronti ad arrivare a destinazione: THE FOREST, TRAFFIC, THE GARDEN, KINDNESS, DESIRE… Lo spettatore attende: sta accadendo qualcosa. Nel frattempo, si infittiscono le relazioni.

È un’opera profondamente emotiva, quella di Helen Marten. Una tempesta, anzi 30, come da titolo, che misura le emozioni, le interazioni umane. Nella performance coreografica, concepita in stretta collaborazione con il regista teatrale e d’opera Fabio Cherstich – e con musiche e suoni composti da Beatrice Dillon – le figure nello spazio non interpretano un personaggio in senso convenzionale, ma piuttosto incarnano strutture, funzioni e traiettorie. Ognuno con le proprie caratteristiche, la propria caratterizzazione, i performers invadono lo spazio, si muovono, corrono, s’inseguono, qualcuno danza sui pattini, qualcuno aspetta qualcosa, certi incrociano lo sguardo del pubblico. Tutti creano connessioni.
A ciascuno è assegnato un nome e un tema sulla base di diversi centri di gravità: sistemi climatici, animali, figure archetipe, oppure altri elementi definiti da un puro gesto o sentimento, o che esprimono un intento lirico o sociale. Le esplosioni linguistiche e di testo li collocano reciprocamente come entità singole o gruppo collaborativo, in una palette letteraria di fluttuazioni narrative. Ogni personaggio è connotato da un simbolo tangibile unico, uno “strumento”, che occupa uno spazio permeabile tra linguaggio e immagine, musicalità e testo.

Già il titolo dell’opera, in effetti, svela alcuni retroscena: 30 Blizzards. deriva da trenta personaggi – trenta performers – ognuno dotato di un proprio temperamento e del proprio clima emotivo unico. Essi abitano lo spazio in maniera intercambiabile esprimendosi attraverso canti e discorsi. Nella numerologia, il numero 30 spesso simboleggia l’infinito, il 30 è anche l’incarnazione del ciclo temporale – un orologio di 360 gradi, diviso in 12 settori.
«30 Blizzards.», rivela il comunicato di Miu Miu, «diventa simultaneamente un riferimento metaforico al barometro delle emozioni e delle interazioni umane intese come condizione meteorologica, ma anche termine onomatopeico che evoca una frenesia performativa».














