13 novembre 2022

Addio a Pio Monti: il ricordo del collezionista Fabio De Vincentiis

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L’avventura dell’arte, le chiacchierate senza frittelle, le trattative dal tramonto all’alba: il collezionista Fabio De Vincentiis ricorda Pio Monti, storico gallerista romano, recentemente scomparso

Da sinistra, Pio Monti, Salvo e Fabio De Vincentiis, 2003

Certi incontri ti cambiano la vita
Questo è il primo pensiero che ho avuto quando mi è arrivata la notizia della scomparsa di Pio. Ho ancora in mente il giorno in cui l’ho conosciuto: venne a casa mia e srotolò sul pavimento in salotto una mappa di Alighiero Boetti. Era il 1991, ed io mi stavo da poco avvicinando all’arte contemporanea. Ero tra quelli che osservando un taglio di Lucio Fontana avrebbero detto: “questo lo so fare anche io!”. Mi convinse ad acquistarla e da quel momento nacque una profonda amicizia e per me divenne il punto di riferimento nella scelta degli artisti da collezionare. Nei 30 anni successivi non passava giorno che non ci sentivamo o incontravamo, vuoi perché aveva qualche opera da propormi, vuoi perché mi considerava testualmente “il suo eroe” per aver spesso contribuito con la sua galleria alla produzione dei cataloghi delle sue mostre.

Acqua e chiacchiere non fanno frittelle
Non è possibile menzionare tutte le frasi che Pio adoperava durante le interminabili trattative per l’acquisto di un’opera, che spesso iniziavano al tramonto e finivano all’alba. “Acqua e chiacchiere non fanno frittelle” significava che la trattativa non decollava e che serviva uno sforzo ulteriore da parte mia. “Il prezzo si dimentica, la qualità rimane” la usava per farmi capire che la cifra richiesta per l’opera non era esagerata. “Se ti avvicini diventa grande”, quando mi lamentavo che l’opera che mi proponeva era troppo piccola. Durante le trattative non mancavano mai i suoi racconti di avventure nel mondo dell’arte, dalle quali c’era sempre da imparare, e le sue suonate strampalate al pianoforte.

Mai banale
Non sta a me ricordare le innumerevoli mostre nelle quali univa diverse discipline artistiche (pittura, scultura, musica, danza, poesia e fotografia) dove riusciva a far dialogare artisti diversi tra loro (ad esempio Emilio Prini e Dino Pedriali) talvolta inventandosi titoli geniali, come “Artisti suonati”, “Scusi tanto disse un riccio scendendo da una spazzola”, “Finché c’è morte c’è speranza” e tanti altri. Anni fa, ad ArteFiera Bologna, presentò un libro sulla sua attività. Prima di lui, nello spazio adibito allo scopo, alcuni autori presentarono i loro libri in modo “normale”. Lui invece affidò la presentazione a due artiste che per una decina di minuti ciascuna, parlarono la prima in russo e l’altra in iraniano, mentre lui annuiva come se stesse capendo perfettamente quello che dicevano. Il pubblico presente cominciò ad andarsene mentre io, capendo la genialata, mi sbellicavo dalle risate.

Orecchio da mercante
Caro Pio, convinto che ora starai organizzando una collettiva con Gino De Dominicis, Emilio Prini, Alighiero Boetti, Salvo, Jannis Kounellis e tutti gli altri grandissimi artisti con i quali hai collaborato, prendo in prestito il titolo di una tua mostra per raccomandarti di fare il bravo in Paradiso e di trattare bene san Pietro quando gli venderai un’opera, perché sono convinto che anche là non smetterai di essere quello che per tua stessa definizione sei sempre stato: una botte con sette buchi e sei tappi. Chissà che il Padreterno non ti dia finalmente il settimo tappo.

Ti voglio bene. Fabio

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