20 luglio 2023

Arte come cura da condividere: a Galatina, le residenze di Perform(her)

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L’artista, performer e antropologa Romina De Novellis ci parla del nuovo appuntamento di Perform(her), progetto di residenza artistica a Galatina, che mette in dialogo arte e terapia

Sul tetto di domus, crediti Daniela De Santis

È in corso in questi giorni a Galatina, fino al prossimo 22 luglio, il nuovo appuntamento con Perform(her), articolato progetto di residenza artistica internazionale promosso dell’associazione Domus Artist Residency e ideato dall’artista-performer e antropologa Romina De Novellis (Napoli, 1982). Il progetto si snoda tra la storica sede dell’associazione nel centro storico galatinese, in Via Arco Cadura 15, a pochi passi dalla Basilica di Santa Caterina, e le strade della cittadina, quest’anno ancor più coinvolta in un dialogo attivo e in una partecipazione creativa.

Il programma della nuova stagione s’intitola “Take care” e interpreta il concetto di cura come processo collettivo e condiviso. Circa 20 gli ospiti internazionali dal mondo dell’arte e della ricerca scientifica e umanistica coinvolti da questa nuova edizione, oltre ad una selezione di diciassette video artisti, di cui è possibile conoscere la ricerca e fruire le opere attraverso un calendario di videoproiezioni tra la sede di Domus, il Chiostro dell’Ex Monastero delle Clarisse ed i palazzi storici di Via Umberto I, Palazzo Gorgoni e Palazzo Orsini.

Domus artist residency

Tre giorni di public talks, visite al territorio e una serata di video installazioni (a partire dal 19 luglio), nei quali si stanno alternando in dialogo artisti, curatori, direttori di spazi d’arte contemporanea, ricercatori e terapeuti, sulla questione della cura come forma plurima di resilienza e metodologia di ricerca e di pratica artistica (programma dettagliato su www.domus-artistresidency.com/take-care). Una dimensione sempre più pubblica per un progetto che si conferma tra i più vitali ed interessanti di una terra come il Salento che sta dimostrando, a più livelli e con qualità, di volersi inserire in un discorso sulla creatività contemporanea assai ampio, autenticamente transnazionale.

Abbiamo chiesto alla fondatrice di Domus, Romina De Novellis, di raccontarci il progetto, tra recente passato, presente e futuro prossimo.

Quest’anno il progetto “Take Care” si propone di convertire le tarantate in icone femministe e San Paolo in icona pop. Ma quali sono, secondo te, gli aspetti più attuali del tarantismo?

«Gli aspetti più attuali del tarantismo non esistono in maniera esplicita, è una sua interpretazione filosofica e antropologica quella che mi permette di considerare che si possa ritrovare una dinamica simile a quella del tarantismo in altri contesti, come per esempio quello della performing art. Nel tarantismo, la condivisione di una denuncia pubblica, che essa sia una questione di dolore autobiografico e intimo o una denuncia sociale e politica fatta nello spazio pubblico, attraverso l’occupazione del suolo pubblico e l’utilizzo del corpo come strumento di ribellione o di denuncia, ricorda sia i movimenti attivisti, sia i movimenti legati al linguaggio dell’arte contemporanea, della performance in particolare. Il tarantismo in questo senso può essere assimilato a un processo di “art brut”, cioè di un’inconsapevolezza di essere alle origini della creazione di un linguaggio performativo, e le persone tarantate originari performer».

Domus artist residency

Tu sei artista visiva, performer e antropologa. Dai tuoi interessi e dalla tua ricerca è nata l’esperienza di Domus. Ma quanto questa, con tutto il bagaglio di conoscenze acquisite, ha inciso sul tuo lavoro da artista?

«Domus, da cinque anni a questa parte, ha profondamente stravolto il mio lavoro d’artista, intanto perché mi ha messo solo ed esclusivamente in una dinamica collettiva e quindi mi ha tolto da qualsiasi momento di isolamento creativo, per cui sono passata dalla performance anche come pratica intima, intimista, ad una pratica quotidiana sempre più collettiva, di gruppo, partecipativa. L’esperienza di collettività di Domus mi ha permesso di teorizzare la mia ricerca d’artista, pensare ad una pratica che sia prima di tutto teorica – lo era già, perché da sempre ho cercato di connettere il mio lavoro all’ambito della ricerca scientifica, cercando un equilibrio tra le due modalità, le due pratiche, artistica e scientifica; questa esperienza riesce a teorizzare il mio percorso di performer e a contestualizzarlo in un pensiero collettivo, in una dimensione collettiva del fare ed essere performer».

Sul tetto di Domus

Il progetto Domus è nato nel 2019. Quali i traguardi importanti raggiunti e quali i progetti futuri da realizzare?

«Oggi Domus ha raggiunto una stabilità della struttura, sia in termini di collaborazioni, sia in termini di sostenibilità economica della casa, sede e nucleo dell’Associazione. Raggiungere questo equilibrio in poco tempo e con il periodo pandemico che ha imposto immediatamente un freno alle attività nascenti nel 2019 è un grande traguardo. Il prossimo obbiettivo è creare delle partnership sempre più stimolanti a livello internazionale, collocare la struttura di Domus nel cuore delle realtà d’arte contemporanea nel Mediterraneo e trasformarla sempre più in uno spazio pubblico, uscendo dalle mura della casa per abitare e “invadere” la città di Galatina, e questo è già in corso grazie al sostegno attento della nuova Amministrazione che ci permette di popolare gli spazi pubblici della città e coinvolgere nel progetto i suoi abitanti. Fare cultura in un luogo non può essere svincolato dalle esigenze del luogo stesso e dall’incontro e lo scambio con chi quel luogo lo abita».

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