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Con BAAB, Roma riapre le sue stanze sotterranee: al via la biennale dei basement
Arte contemporanea
di redazione
«La maggior parte dei basement non sono per le persone. Sono fuori dalla vista e aperti all’interpretazione. Quando le persone vi si recano, sono libere di fare qualsiasi cosa», la frase dello scrittore e curatore Anthony Huberman introduce chiaramente l’attitudine di BAAB – Basement Art Assembly Biennial, aperta fino al 6 novembre 2025 tra Basement Roma e una costellazione di luoghi in città – un cinema, un teatro, affissioni nello spazio pubblico. Ideata e curata da Ilaria Marotta e Andrea Baccin, fondatori e direttori di CURA., la «Sedicente biennale» ha esordito con BAAB_Issue 00: un organismo in movimento, concepito come performing space che cambia settimana dopo settimana, accumulando opere, azioni, film, installazioni e nuove produzioni fino a farsi corpo collettivo.

Un’idea, una soglia, molte scene
I curatori parlano di «Atto politico che delinea, evidenzia e rivela» un «Mondo embrionale, ibrido, metamorfico» in cui si mescolano ruoli e tempi, rimettendo in crisi i codici classici della rappresentazione e aprendo «I confini di un nuovo spazio di libertà». In un’epoca di sovraesposizione, BAAB invita letteralmente a guardare verso il basso: «Underground is the new institution».
Nata da una conversazione con Anthony Huberman e nutrita dalle ricerche sugli spazi underground, BAAB mette in cortocircuito istituzioni e sperimentazione. In dialogo con un Advisory Board composto da Nicolas Bourriaud, Jean-Max Colard, Simon Denny, Anthony Huberman e Lumi Tan, il progetto abita l’ex garage riconvertito di Basement Roma e riattiva la memoria romana dei sotterranei: dai cavalli di Jannis Kounellis all’Attico (1969) alla Contemporanea di Achille Bonito Oliva nel parcheggio di Villa Borghese (1973). Qui prevalgono addizione e prossimità: poco respiro tra i lavori, rotazioni continue, alternanza di gesti effimeri e interventi site specific.

Artisti, opere, pratiche: un palinsesto in divenire
La prima lista riunisce, tra gli altri, Davide Balula, James Bantone, Cecilia Bengolea, Hannah Black, Danielle Brathwaite-Shirley, Vittorio Brodmann, Claudia Comte, Jeremy Deller, Gina Fischli, Gina Folly, Calla Henkel / Max Pitegoff, Carsten Höller, Karl Holmqvist, David Horvitz, Than Hussein Clark, Mark Leckey, Lily McMenamy, Nyala Moon, Valentin Noujaïm, Puppies Puppies (Jade Guanaro Kuriki-Olivo), Michele Rizzo, Selma Selman, Tobias Spichtig, Nora Turato, Women’s History Museum (Mattie Barringer, Amanda McGowan). Una seconda lista sarà svelata durante il programma pubblico.

Fra i nuclei espositivi: il giardino partecipativo di David Horvitz, Make a Garden Everywhere, che prende forma con le piante portate dai visitatori e diventa sede di letture e performance; il grande wall painting di Claudia Comte, flusso ondulato che ridisegna lo spazio; i ritratti di Tobias Spichtig e le storie sospese di Vittorio Brodmann.

Nel film program, classici come Fiorucci Made Me Hardcore di Mark Leckey ed Everybody in the Place: An Incomplete History of Britain 1984-1992 di Jeremy Deller incontrano i video di Cecilia Bengolea e Valentin Noujaïm, dove il ballo è linguaggio di libertà, e un filmato d’archivio di Selma Selman sulla comunità Rom.

La materialità sociale del progetto attraversa oggetti e gesti: il posacenere ricolmo di Gina Fischli, il bancone storico del Times Bar di Berlino riattivato da Calla Henkel e Max Pitegoff, le sedute da regista di Than Hussein Clark a disposizione del pubblico, il cocktail di erbe di Davide Balula, le pill di Carsten Höller a marcare il tempo, le grandi sfere metalliche di Gina Folly da muovere con attitudine ludica. Con Nora Turato, la voce diventa scultura sonora, dal riso al pianto.

Hannah Black presenta Politics, mentre Danielle Brathwaite-Shirley, in anticipo sulla personale alla Serpentine di Londra, realizza una grande tela inedita. Puppies Puppies (Jade Guanaro Kuriki-Olivo) attiva una campagna di sensibilizzazione dedicata alle comunità black trans. Nyala Moon, reduce dalla Whitney Biennial, propone la sit-com How Not to Date While Trans.

Sonorama, public program e cena sociale
La sezione Sonorama, a cura di Ruggero Pietromarchi, opera come dispositivo di ascolto collettivo: tre mixtape commissionati a CL, Dr. Pit e Car Culture disegnano un paesaggio sonoro stratificato. Il performing program, co-curato con Ilaria Mancia, prosegue oltre la chiusura della mostra: a fine novembre è previsto un workshop di danza partecipativa di Michele Rizzo, mentre in calendario figurano le première italiane di Selma Selman e Lily McMenamy con la pièce Hole is a Hole. Un podcast, curato da Martha Kirszenbaum, approfondisce settimanalmente i temi con artisti e curatori. Una cena sociale finale riunirà la comunità degli artisti attorno a una sessione di cucina.














