21 novembre 2023

Dal classico al contemporaneo, tre artisti in dialogo da Np-ArtLab, Padova

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Dalla frammentazione al cambiamento, passando per la classicità: negli spazi di Np-ArtLab, a Padova, un dialogo tra Giulio Paolini, Frédérique Nalbandian e Leonardo Dalla Torre

Changing Shapes, NP ArtLab, Vicolo dell'Osservatorio 1_c, Padova.
Changing Shapes, NP ArtLab, Vicolo dell'Osservatorio 1_c, Padova

Nel suo spazio espositivo in Vicolo dell’Osservatorio 1/CI, immerso nel centro storico di Padova, NP-ArtLab ospita la mostra Changing Shapes. Ideato dal collezionista Neri Pagnan, il progetto NP-ArtLab mira alla ricerca e alla promozione di opere d’arte contemporanea, proponendo dialoghi estetici e concettuali tra artisti di generazioni differenti. L’incontro tra diversi linguaggi ha lo scopo di valorizzare ricerche affermate e le proposte emergenti, all’interno del panorama artistico attuale.

In mostra fino al prossimo 25 novembre, Changing Shapes è dunque frutto di questo progetto che vede dialogare le opere di Giulio Paolini, Frédérique Nalbandian e Leonardo Dalla Torre. Tre punti di vista appartenenti a generazioni diverse ma che convergono verso la medesima origine: il mondo classico.

Changing Shapes: la mostra da NP-ArtLab

Intrinsecamente connessa al concetto di cambiamento e frammentazione della materia e della percezione dell’opera stessa, la mostra si sviluppa secondo un intreccio di frammenti, busti scultorei e immagini provenienti dalla pittura dei Maestri della Storia dell’Arte, la cui forma viene alterata da interventi imprevisti.

Il dialogo inizia con tre opere in gesso realizzate da Giulio Paolini (Genova, 1940), quali Proteo, Proteo (II) e Proteo (III). Il riferimento alla divinità greca mutaforma e alla sua capacità di assumere qualunque sembianza desiderasse richiama il concetto di cambiamento. Le tre opere che compongono questa serie rappresentano i temi intellettuali della citazione, duplicazione e frammentazione di cui Paolini è portavoce. A riprendere la capacità evolutiva del dio greco, anche la serie dello scultore genovese può essere contemplata da molteplici prospettive, incoraggiando la meditazione poetica sulla natura metafisica della pratica artistica.

Giulio Paolini, Proteo (calco di gesso in frantumi), Proteo II (due calchi di gesso), Proteo III (calco di gesso, matita su carta, lastra di plexiglass), su basi bianche, 1971

La riflessione su questo continuo divenire prosegue con l’artista francese Frédérique Nalbandian (Mentone, 1967). Qui lo spazio della mostra viene occupato da tre maestose sculture realizzate attraverso la lavorazione del sapone di Marsiglia, che dà origine a Panacée I, Panacée II e Panacée III. In questo caso, viene citata la dea greca della guarigione universale, che rimanda all’espressività classica per i lunghi drappi che le ricoprono il corpo. Se il visitatore potesse toccare le sue opere dopo essersi bagnato le mani, si attiverebbe un processo di cambiamento della materia stessa, rendendo la scultura in continuo divenire e cambiamento. Il risultato è dunque un ulteriore dialogo con la contemporaneità, in cui lo spettatore viene coinvolto all’interno del processo creativo dell’opera stessa.

Frédérique Nalbandian, Panacée, 2021, sapone di Marsiglia e stracci, 180x89x64 cm, dettaglio

A incorniciare i due gruppi scultorei, si trovano le opere pittoriche di Leonardo Dalla Torre (Venezia, 1995). In questa visione, la classicità emerge dai corpi, dai volti e dagli sguardi che attingono dalla pittura dei Maestri della Storia dell’Arte. Questi soggetti vengono impressi per diventare poi materia di invadenti interventi inaspettati, finalizzati ad alterarne la forma spesso compromessa e stravolta. Ecco che quindi le figure appaiono caleidoscopiche, in continuo mutamento, sospese in uno stato di veglia e perenne deflagrazione. Mentre l’olio si stratifica, la realtà si frammenta e insoliti sintomi si aprono, dando luogo a percezioni nuove e differenti.

Changing Shapes, NP ArtLab, Padova, dettaglio L. Dalla Torre
Changing Shapes, NP ArtLab, Padova, dettaglio Leonardo Dalla Torre

Nella suggestione del dialogo, la reciprocità si sublima. Lo spazio che accoglie Changing Shapes viene abitato da simboli evocativi, invitando l’osservatore a entrare in silenzio per non violare il carattere di sacralità di cui s’intride. Il significato di frammentazione e cambiamento che annuncia la mostra, funge da filo conduttore di una storia che, nella sua intimità, lega voci e sguardi diversi in piccoli inneschi che, a loro volta, generano una potenza catartica e avvolgente.

Changing Shapes, NP ArtLab, Vicolo dell’Osservatorio 1_c, Padova

Biografia di Giulio Paolini

Nato il 5 novembre 1940 a Genova, Giulio Paolini risiede a Torino. Dalla sua prima partecipazione a una mostra collettiva nel 1961 e dalla sua prima personale nel 1964 ha esposto in gallerie e musei di tutto il mondo. Le principali retrospettive si sono tenute allo Stedelijk Museum, Amsterdam (1980), al Nouveau Musée, Villeurbanne (1984), alla Staatsgalerie Stuttgart, Stoccarda (1986), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (1988), alla Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum, Graz (1998) e alla Fondazione Prada, Milano (2003). Tra le antologiche più recenti si ricordano quelle alla Whitechapel Gallery, Londra (2014), alla Fondazione Carriero, Milano (2018) e al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino (2020).

Ha partecipato a svariate rassegne di Arte povera ed è stato invitato più volte alla Documenta di Kassel (1972, 1977, 1982, 1992) e alla Biennale di Venezia (1970, 1976, 1978, 1980, 1984, 1986, 1993, 1995, 1997, 2013).

Nel 2022 è stato insignito del Premio Imperiale per la Pittura, il più importante riconoscimento in campo artistico. Il suo lavoro è presente in rinomate collezioni pubbliche e private sia nazionali sia internazionali.

Fin dall’inizio Paolini ha accompagnato la sua ricerca artistica con riflessioni raccolte in libri curati in prima persona: da Idem, con un’introduzione di Italo Calvino (Einaudi, Torino 1975), a Quattro passi. Nel museo senza muse (Einaudi, Torino 2006) e L’autore che credeva di esistere (Johan & Levi, Milano 2012).

Ha realizzato anche scene e costumi per spettacoli teatrali, tra cui si distinguono i progetti ideati con Carlo Quartucci negli anni Ottanta e le scenografie per due opere di Richard Wagner per la regia di Federico Tiezzi (2005, 2007).

Biografia di Frederique Nalbandian

Frédérique Nalbandian è un’artista multidisciplinare francese nata il 3 aprile 1967 a Mentone. Scultrice, crea anche disegni, installazioni e performance. La maggior parte delle sue sculture di sapone in situ si evolvono sia all’interno che all’esterno, cambiando nel tempo. Talvolta interattive, richiedono la partecipazione del visitatore.

Dopo aver seguito i primi corsi di disegno durante gli anni di studio alla Davis High School (en) in California, Frédérique Nalbandian entra all’Ecole Nationale d’Art Décoratif d’Aubusson nel 1988, dove trascorre un anno, prima di entrare all’Ecole Nationale Supérieure d’Art di Villa Arson nel 1989 per dedicarsi alla creazione artistica.

Nel 1994 ha ottenuto una residenza artistica dedicata al disegno presso la Fondazione Ratti di Como sotto la direzione di Anish Kapoor e Karel Appel. Nel 1996 consegue il Diplôme National Supérieur d’Expression Plastique (DNSEP).

Scolpisce il sapone, incidendolo o modellandolo. I suoi diversi stati: solido, liquido, schiuma, effervescenza, gocciolamento, stalattitizzazione derivano dall’azione dell’acqua.

Nelle sue opere utilizza anche materiali poveri come il gesso (nelle modanature e nelle rose intonacate), l’acqua, il tessuto, i fili di lana, il vetro e la terracotta.

Modella il sapone e crea forme che ferma o lascia evolvere, trasformando il tempo in un mezzo. Il suo vocabolario di forme plastiche è in continua espansione: precipitati, crolli, rotoli, frammenti, colonne, divisori, muri, corde o direttamente legati all’anatomia del corpo umano: orecchie, cervelli, pelli, teschi, mani, falli. Alcune sono state imposte dal materiale stesso. Le sue forme, nella loro composizione e nel processo che subiscono, diventano poetiche, cariche di una metafisica della materia che evoca il passaggio del tempo, l’erosione, la trasformazione e la metamorfosi. L’allusione al testo Le Savon di Francis Ponge è stata decisiva fin dall’inizio e ha preso forma durante una serie di colloqui a Cerisy durante i laboratori contemporanei sullo scrittore nel 2015, dove ha incontrato Pascal Quignard.

Biografia di Leonardo Dalla Torre

Leonardo Dalla Torre è nato a Venezia il 21 luglio 1995. Cresciuto nel centro storico della città, si è diplomato al Liceo Artistico Statale di Venezia nel 2013, proseguendo gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia diplomandosi in Pittura nel 2017 e in Grafica d’Arte-Disegno nel 2019.

Come pittore approfondisce la propria ricerca indagando come principali tematiche la figurazione e il ritratto. I modelli utilizzati attingono sia dalle immagini della Storia dell’Arte e dei Maestri della pittura del passato, che dalla propria contemporaneità, alienando le differenze contestuali, accumunando i caratteri espressivi del corpo e della carne, rilevandone i sintomi e l’apertura in una pittura che cerca l’incombenza di una calamità, sospendendo le immagini in una deflagrazione perpetua.

L’indagine nella pittura si interroga sulle molteplici rappresentazioni della figurazione e del ritratto. Nello specifico viene osservata la carne, il corpo sondato attraverso la sua natura fragile di involucro, ma anche scrigno, contenitore di alterate preziosità. Attraverso un’ideale apertura dello stesso, viene mostrata la sua natura interna, la viscera e la sua caleidoscopica visione pittorica.

Esternamente, come le venature su un marmo bianco di Paros, si cercano i sintomi, i sospetti, i segni traditori di una differente realtà, che corrono ora fugaci ora concreti: sangue, vene, lividi che affiorano e si mostrano in un gioco di rimandi a nature dissimili, ornamenti parassiti, affezioni della figura che muta, muore e rinasce.

L’integra purezza delle immagini viene intaccata da un intervento infestante che si dirama voracemente sull’olio modellato e stratificato cercando l’impressione di un tegumento, compromettendolo e alterandolo. Dove l’occhio incontra la bellezza, questa viene in parte sottratta, accecata, ritorcendosi contro quella realtà pensata immortale.

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