20 giugno 2022

Eyes touching hands, il progetto site specific di Luca Spano a Nuoro

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Da Garage 33, a Nuoro, il progetto site specific di Luca Spano, per esplorare il rapporto problematico tra tatto e vista, nel contesto di una società post-alfabetizzata

Luca Spano, The unbalance of making sense, video

La fiducia attribuita alla nostra capacità visiva è totale: quanto vediamo, corrisponde a un dato veritiero e attendibile. È come se la vista godesse di uno stato privilegiato rispetto agli altri sensi, una veridicità attribuita per nascita. “Eyes touching hands” scruta questo assunto attraverso il progetto site-specific dell’artista Luca Spano, nato in Sardegna e formatosi artisticamente tra Europa e Stati Uniti. La mostra curata da Emanuela Manca e Maurizio Bosa ed esposta sino a domenica 19 giugno nello spazio Garage 33, in via Aspromonte 33, a Nuoro, è inserita come primo appuntamento del progetto FRAME (Final Rescue Against Memory Escape). Il progetto è a sua volta luogo di sperimentazione e spazio espositivo dedicato alla ricerca di artisti visivi che utilizzano il mezzo fotografico in maniera eterodossa.

Nella specificità della mostra nuorese, Luca Spano fa uso di materiali grezzi come ferro, vetro e metallo, per comporre una visita che fa vacillare la nostra percezione sensoriale. Un occhio ci guarda, attraverso uno schermo (The unbalance of making sense), sin dall’ingresso: una volta all’interno, il nostro sguardo si orienta in un ambiente di segni e gesti. “Ceci n’est pas” è il sottotesto da tenere a mente nel corso dell’osservazione partecipata del progetto site-specific.

L’apparato video si compone di altri due schermi (I thought it wasn’t ) che disabilitano le nostre funzioni primarie della vista e del tatto: una mano si aggancia ad un masso posto sopra lo schermo, senza afferrarlo mai. Sasso e mano si ricongiungono nel secondo video, si agganciano tra loro, ma l’esperienza tattile è irrealizzabile. La realtà virtuale fa scambio di posto con la realtà materica, e le domande si moltiplicano.

Luca Spano, I thought it wasn’t, frame video

Luca Spano scompensa le nostre percezioni e atti primari (oggetto/mano/tatto), mettendo a fuoco altre abilità che non utilizzeremmo o di cui non consideriamo l’utilità effettiva. A ribaltare questo dato, le stesse ricerche della fisica quantistica si spingono a dire che il mondo è una completa percezione: ad esempio, il senso della vista è intrinsecamente correlato a quello del tatto. Come numerosi esperimenti neuroscientifici hanno dimostrato infatti, i due sensi attivano il cervello in modi simili, come se potessimo vedere con le mani e toccare con gli occhi. Otto pannelli in ferro e vetro (The meaning of touching) materializzano questa teoria, attivando una percezione non solo sensoriale (i punzoni di vetro disposti come lame), ma persino mnemonica, soggettiva. Il messaggio in braille è composto da schegge di vetro sopra una lastra di ruggine. Spano confeziona opere che l’audience può percepire, spronando così a mettere in gioco una serie di sotto-sensi diversamente taciuti, in un rapporto che mette in luce la soggettività della memoria e della propria autonomia di fronte all’opera: la nostra vista diventa accessoria e una negazione della stessa, in una condizione doppiamente disabilitante.

Luca Spano, The alphabet of the reachable moons, 18 stampe fotografiche

Nella serie di 18 stampe fotografiche (The alphabet of the reachable moons) disposte come un muto abbecedario in bianco e nero, dove sono le mani a riprodurre gesti e segni, la sequenza è ottenuta attraverso la memoria della manista di riprodurre una serie di gesti intravisti e rimasti impressi. La gestualità riprodotta diventa a sua volta un nuovo ricordo immagazzinato per il visitatore, in un loop infinito di passaggio di gesti, modificabili dal soggetto. Un alfabeto comprensibile solo nel proprio contesto, insignificabile come i morfemi osservati singolarmente.

Nella totale autonomia dell’interpretazione del pubblico, l’artista non introduce alcuna gerarchica imposizione. Al di fuori di un’impostazione didattica, Tracing the casuality of a thin line è gioco puro e senza libretto di istruzioni. Auto-gestito dal visitatore, si gioca a freccette: un occhio sovradimensionato sullo schermo sbatte le palpebre, privo di espressività, mentre le freccette gli si scagliano addosso. Luca Spano sollecita e interroga più rilevanti questioni, ponendo solo in apparenza l’accento sulla possibilità meccanica e biologica di “vedere con le mani”: l’artista accoglie quei momenti di trasformazione che sono transizione stessa dei suoi progetti. Nel dialogo tra spettatore e opera risiede il processo artistico.

A completamento del progetto espositivo sarà disponibile una pubblicazione in copie limitate e numerate edita da A4 e Oreri e stampata risograph.

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