14 agosto 2021

Fallen Sky, la spettacolare opera site specific di Sarah Sze nella Hudson Valley

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L’Hudson Valley risplende con le 129 scaglie di Fallen Sky, la nuova opera site specific permanente di Sarah Sze, installata allo Storm King Arts Center

Fallen Sky, è la nuova opera site specific di Sarah Sze che diventerà la nuova commissione permanente immersa all’interno della rigogliosa collina dello Storm King Arts Center nella Hudson Valley di New York. È composta da 129 singoli elementi con superfici riflettenti di acciaio inossidabile lucidato a specchio disposte in cerchio in modo frammentato sul fianco della collina. L’ artista è nota per aver prodotto con estrema precisione immagini uniche come foto, dipinti, proiezioni in enormi costellazioni scultoree che collassano il tempo e lo spazio e questa sua ultima installazione funziona in modo simile attingendo alle tensioni tra l’individuo e il collettivo ambientandosi tra passato, presente e futuro.

L’installazione inclinata e leggermente nascosta riflette il paesaggio spostando le immagini specchiate che visualizza a seconda dell’ora del giorno, della stagione e della posizione dello spettatore. Inoltre, tutta la vegetazione che circonda i componenti metallici dell’istallazione è stata scelta e piantata a mano facendo sì che si crei un contrasto tra le superfici eleganti e riflettenti dell’acciaio e la florida crescita naturale.

Più che porre l’attenzione sul paesaggio, l’opera si fonde visivamente con esso, riflettendosi e incorporandosi con l’ambiente che la circonda. Gli spettatori che si accostano a Fallen Sky sperimentano contemporaneamente sensazioni multi sensoriali visive e uditive, prendendo atto di ciò che si trova al di sopra dei loro occhi come il cielo sereno o nuvoloso e gli uccelli che si librano in cielo, ma allo stesso tempo vivono progressivamente esperienze diverse a seconda delle variazioni di luce, clima, stagione e persino di ora del giorno.

L’artista ha descritto la sua installazione come un progetto in continua evoluzione definendolo “filmico” grazie alla sua natura di tipo dinamico e in divenire e alla capacità di manifestazione concreta dell’agire del paesaggio che lo circonda. Il modello in argilla per Fallen Sky è stato creato attraverso un processo di erosione, ne consegue che il risultato del lavoro appare come una rovina, congelata in uno stato di parziale deterioramento. Per Sze, la scultura «Pullula tra due estremi», esplorando la tensione tra permanenza materiale e deterioramento dell’effimero.

Fallen Sky trasmette a chi la guarda un senso di entropia, suggerendo quanto la Terra sia fragile ma, al tempo stesso, scenario in continua trasformazione. La commissione è accompagnata anche dalla presentazione della nuova installazione site specific di Sze dal titolo Fifth Season, allestita all’interno dell’edificio del Museo Storm King e visitabile fino all’8 novembre. Si tratta di un’opera immersiva, lunga cinquanta piedi e appositamente progettata per  riflettere sulla tematica del paesaggio come una preoccupazione senza tempo da parte degli artisti creando un portale attraverso la galleria che la ospita.

Immagini, fotografie e proiezioni sono fuse insieme su superfici dipinte in sequenze filmiche evocando i vari tipi di paesaggi interni a cui possiamo accedere attraverso i nostri ricordi e la nostra immaginazione. Il panorama epico di Sze offre una visione frammentata della natura e della sua bellezza, riflettendo la nostra attuale consapevolezza del cambiamento climatico e un’epoca in cui l’esistenza della natura per il divertimento e il consumo umano non è più qualcosa che può essere dato per scontato.

Sia Fallen Sky che Fifth season rappresentano la forza del mutamento paesaggistico, invitandoci a riflettere sul rapporto della figura umana con la natura e sulla presunta capacità umana di controllarla. «Il rapporto tra l’uomo e il paesaggio è questa secolare esplorazione degli artisti, ma entrambe le opere che ho realizzato sono molto più su come il paesaggio è fragile, è in flusso e il nostro rapporto con esso è fratturato», ha affermato l’artista in una recente intervista. «Penso che questo abbia a che fare con la nostra generazione. Il nostro rapporto con il paesaggio non è quello di possederlo».

Non ci resta che prendere coscienza della fragilità del paesaggio che ci circonda, riflettendo il costante disorientamento e riorientamento che si prova in natura, spostandosi tra vasti dintorni fisici e piccoli momenti individuali di significato.

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