02 agosto 2021

Hybrida Tales by Untitled Association #27: Museo d’Inverno e State Of

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Untitled Association presenta Hybrida Tales, una mappatura di spazi indipendenti, artist-run spaces e associazioni culturali in tutta Italia: oggi si va al Museo d’Inverno e da State Of

Collezione di Miltos Manetas. "electronicOrphanage@siena" 2016, veduta della mostra. Foto Cinzia Jovine

Hybrĭda Tales è la rubrica di approfondimento nata da Hybrĭda, il nuovo progetto con cui Untitled Association ha individuato circa 150 tra spazi indipendenti, artist-run spaces, associazioni culturali e luoghi informali che stanno contribuendo significativamente ad ampliare gli sguardi sul Contemporaneo in Italia oggi.

Con un sistema di interviste a schema fisso, Hybrĭda Tales restituirà una panoramica delle realtà indicizzate, siano esse emergenti o ormai consolidate, e coinvolgerà artisti, operatori culturali, curatori, giornalisti, collezionisti, galleristi per dare vita a un archivio condiviso e collettaneo di riflessioni aperte sulle prospettive, attuali e future, del Contemporaneo.

Qui trovate tutte le puntate già pubblicate.

 

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Museo d’Inverno

Museo d’Inverno, nasce a Siena nel 2016 da un’idea degli artisti Francesco Carone ed Eugenia Vanni, è situato sopra il bacino idrico trecentesco di Fonte Nuova. Museo d’Inverno invita gli artisti a scegliere e curare una selezione ragionata di opere di altri autori conservate nella loro collezione privata, riflettendo così sulla necessità di ripensare alcune categorie prestabilite legate alla fruizione. Con il progetto “Diòspero”, commissiona all’artista invitato la progettazione di un’opera site-specific necessaria a completare e trasformare l’aspetto estetico e funzionale del museo, arricchendolo in questo modo anche di una collezione permanente.

 

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Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?

«Il Museo d’Inverno, invitando artisti ad esporre opere provenienti dalle proprie collezioni personali, fa luce su alcuni aspetti che riguardano le relazioni. Ogni mostra che facciamo è un pretesto per raccontare le storie che stanno dietro a queste opere, ai loro autori e a coloro che le conservano. Evidenziando queste relazioni, appunto, mettiamo in evidenza una storia dell’arte recente, spesso sconosciuta.

Riteniamo questo aspetto utilissimo ad interpretare con più consapevolezza il contemporaneo e anche la nostra personale produzione».

Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate? 

«Md’I è situato all’interno di Fonte Nuova, una fonte monumentale nella Contrada della Lupa (uno dei 17 rioni in cui è suddivisa Siena), un luogo fortemente vissuto e carico di significati. La Contrada quindi, ospitandoci si fa mecenate del progetto e noi suggeriamo un nuovo modo per utilizzare (e rivalutare) il patrimonio storico, troppo spesso dato per scontato».

Cosa significa per voi sperimentazione? 

«In un momento storico e sociale come questo, forse sperimentare significa anche riprogrammare il rapporto che abbiamo con il tempo.

Significa contrapporsi alla perdita della memoria storica, in modo specifico degli eventi e delle opere mediamente recenti. Sentiamo l’urgenza di recuperare questi passaggi, ridare loro un “peso”, farli ridiventare oggetto di studio.

Realizziamo solo due mostre all’anno, ma molto curate, questo perché in quest’epoca velocissima e distratta, sperimentare significa prendersi cura, prendersi tempo. Osservare meglio».

State Of

State of è uno spazio espositivo situato a Porta Romana a Milano e ospitato da uno showroom di moda. Questa piattaforma artistica multidisciplinare esplora molteplici linguaggi dell’arte contemporanea, dalla pittura alla sperimentazione emergente. I due coordinatori sono Manuela Nobile e Luca Zuccala, a cui si aggiunge una ricerca curatoriale di Dario Moalli.

 

 

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Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?

«La capacità di far conciliare più discipline, medium, linguaggi. Abbiamo tre formazioni completamente differenti e ci collochiamo all’interno di un luogo estraneo alla pratica contemporanea. Meglio. Una sfida in tutti i sensi. Passare dalla pittura alla meta fotografia, dall’indagine essere umano, animale, natura esperito nella mostra di Edoardo Manzoni a concepire un’esposizione virtuale dedicata alla scena internazionale dell’arte digitale, con un evento concepito appositamente per il mezzo. Ibridazione e sincretismo sono le nostre parole chiave».

Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate?  

«Capita che si pensi a Milano come una città settoriale, in cui è difficile entrare se non si frequenta un certo ambiente, per cui non ci si prova nemmeno. La fluidità con cui State Of si mescola allo spazio ospitante, lo Showroom di moda Aretè, è così spontanea che si perde quella sensazione sacrale di un luogo inavvicinabile, tipico di alcune gallerie d’arte. Dal tessuto urbano e dallo stesso spazio, quindi, assorbiamo come spugne gli impulsi provenienti dall’esterno, filtrandoli con la nostra ricerca».

Cosa significa per voi sperimentazione?  

«Sperimentare per noi significa sporcarci con mondi non prettamente dediti alla pratica contemporanea, significa esaltare dimensioni parallele cercando di trovare una sintesi, significa testare, errare, ricucire. Una incessante azione di sedimentazione e stratificazione, sia di linguaggi che di culture. Sperimentare significa non perseguire una dimensione autoreferenziale, tenere ampio l’orizzonte e le prospettive, consapevoli del rischio e dell’errore, apprezzato e conservato come vettore d’esperienza. Lavorare sul doppio binario fisico e digitale, senza che quest’ultimo risulti ancillare».

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