30 agosto 2021

Hybrida Tales by Untitled Association #30: Limone Space e Spazio ORR

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Untitled Association presenta Hybrida Tales, una mappatura di spazi indipendenti, artist-run spaces e associazioni culturali in tutta Italia: oggi andiamo da Limone Space e Spazio ORR

Spazio ORR
Spazio ORR, Brescia

Hybrĭda Tales è la rubrica di approfondimento nata da Hybrĭda, il nuovo progetto con cui Untitled Association ha individuato oltre 200 tra spazi indipendenti, artist-run spaces, associazioni culturali e luoghi informali che stanno contribuendo significativamente ad ampliare gli sguardi sul Contemporaneo in Italia oggi.

Con un sistema di interviste a schema fisso, Hybrĭda Tales restituirà una panoramica delle realtà indicizzate, siano esse emergenti o ormai consolidate, e coinvolgerà artisti, operatori culturali, curatori, giornalisti, collezionisti, galleristi per dare vita a un archivio condiviso e collettaneo di riflessioni aperte sulle prospettive, attuali e future, del Contemporaneo.

Qui trovate tutte le puntate già pubblicate.

 

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Limone Space

Limone è un artist-run space avviato a Londra nel 2016 da Michela de Mattei e Diego Miguel Mirabella. Attualmente spostatosi a Roma, Limone Space è gestito da Diego Miguel Mirabella in collaborazione con “Paese fortuna” (Josè Angelino, Alessandro Dandini de Sylva, Marco Emmanuele, Luca Grechi). Limone è un luogo dove atteggiamenti e ricerche diverse possono convergere e incontrarsi per creare incroci inaspettati.

 

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Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?

«Limone è un organismo nato per guardare con curiosità a ciò che è vivo, perciò contemporaneo».

Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate? 

«Quando Limone era a Londra aveva il desiderio di conoscere gli artisti per lui stranieri, quando si è trasferito a Roma ha espresso il desiderio di conoscere gli artisti stranieri presenti in città».

Cosa significa per voi sperimentazione? 

«Attenzionare non quello che ti piace bensì ciò che ti disturba».

Spazio ORR

Spazio ORR apre nel 2019 a Brescia per rispondere all’esigenza di realizzare un incontro tra la città e le realtà più interessanti attive nell’arte contemporanea, sia nazionali che internazionali. Spazio ORR ospita il suo programma annuale in quattro spazi industriali localizzati in periferia e utilizzati a seconda dei progetti e degli artisti coinvolti. La sede principale si trova nel centro storico di Brescia.

 

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Cosa unisce la vostra attività, e quella del vostro spazio, alla ricerca attuale sul contemporaneo?

«Non è una condanna non poter sfuggire alla relazione? Perché dovrebbe? Perché ci condanna a non poter essere più soli. Anche quando siamo soli siamo in relazione: con i nostri pensieri, con un libro che stiamo leggendo, con l’aria che respiriamo, un film che stiamo guardando, siamo in relazione con la nostra memoria e la nostra immaginazione, con le idee che ci sono arrivate da altri. L’idea che nel mondo niente esista al di là della relazione non è una scoperta recente. La novità che introduce la lettura che io ritengo più coerente della fisica quantistica è che questa struttura di relazioni si estende fin nella profondità più estreme della natura, là dove la fisica classica individuava dei nuclei solidi, dei punti fermi. Le scoperte quantistiche dissolvono l’idea stessa della solidità, dimostrando che non esiste un realtà in sé, incontrovertibile, alla quale ci si possa ancorare. Ogni cosa esiste solo quando è in relazione. A prima vista, è una visione che fa venire le vertigini. E poi? Si prova un senso di libertà e di leggerezza, come quando Anassimandro capì che il cielo che è sopra di noi è anche sotto: all’inizio, all’uomo manca la terra sotto i piedi, poi impara a cambiare prospettiva e sentirsi libero di volare nel cosmo sul suo pianeta».

Quali legami sentite con la città/luogo in cui operate? 

«Ci sono tanti filosofi già nel passato che hanno messo radicalmente in discussione la nozione di individuo. L’idea che noi esseri umani avremmo dentro un centro, un’essenza che ci fa esistere come entità, soggetti del pensiero, è fuorviante. Noi esistiamo come processi, siamo l’insieme delle cose che ci accadono, delle concatenazioni che si stabiliscono dentro di noi, tra noi e gli altri. Più che a un punto, assomigliamo alle nuvole, che si formano, si disfano, e si ricompongono.

Io sono il mio corpo: fatto di tanti organi in relazione tra loro che, muovendosi insieme, formano un’unità; sono la mia memoria: il racconto che faccio di me stesso, legando quello che è accaduto ieri a quello che mi accade oggi; sono i miei pensieri, che vengono dagli altri e passano attraverso di me. Sono l’immagine di me riflessa negli occhi di chi mi vuole bene. Sono tutto questo insieme di processi, a cui do il mio nome».

Cosa significa per voi sperimentazione?

«La creatività è sempre la rottura di un ordine, e spesso nasce proprio da un momento di rottura, spesso si accende nella divagazione, quando ci si allontana dai pensieri consueti, quando ci si dimentica qualcosa. Heisenberg era andato sull’isola di Helgoland per alleviare un’allergia e lì ha avuto l’intuizione chiave della rivoluzione quantistica. Schrödinger ha trovato la sua famosa equazione durante una fuga d’amore segreta nelle Alpi con un’amica viennese. Ma prima della divagazione c’è un sempre lungo percorso di disciplina: uno studia, lavora, si concentra intensamente, poi, quando va a fare una passeggiata perché non ne può più, ha l’idea. Buddha passò anni a meditare, e ebbe l’illuminazione quando smise. Senza tutta la disciplina e il metodo precedente però non sarebbe arrivato lì.

La bellezza è proprio nella sensazione di vedere una grande complessità ridursi dentro un’idea semplice capace di racchiuderla. Nel fatto che funziona. Nella fisica, la bellezza può essere il segno che si è sulla buona strada. Ma una teoria può anche essere bellissima ed essere sbagliata».

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