05 novembre 2025

Il Premio Lissone 2025 vuole mettere in discussione il concetto di premio

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Per il 25 anni del museo MAC, il Premio Lissone 2025 opta per una struttura orizzontale e mette in rapporto l’opera di sei artisti under 45, per capovolgere il concetto stesso del premio

Premio Lissone 2025, MAC - Museo d’arte contemporanea di Lissone, allestimento, foto Roberto Marossi
Premio Lissone 2025, MAC - Museo d’arte contemporanea di Lissone, allestimento, foto Roberto Marossi

Nella ricorrenza dei 25 anni dall’apertura del MAC – Museo d’Arte Contemporanea, il premio Lissone 2025 rivoluziona il suo format. Stravolge il concetto di vittoria, il lusso dell’essere “arrivati” come premiazione del primo a discapito del secondo. Quel che si espone, di fatto, è il rapporto reale e tentato tra chi questa volta è stato selezionato, con la novità che non il lavoro di uno solo ma di tutti i sei i partecipanti entrerà a fare parte della collezione permanente del museo. Un premio, dunque, che non è competizione, ma che ha operato secondo le scelte di tre curatori – Lorenzo Balbi, Hanne Mugaas e Stefano Raimondi – che a loro volta hanno selezionato due artisti ciascuno.

Premio Lissone 2025, MAC - Museo d’arte contemporanea di Lissone, allestimento, foto Roberto Marossi
Premio Lissone 2025, MAC – Museo d’arte contemporanea di Lissone, allestimento, foto Roberto Marossi

Un cambiamento, si dirà, che tuttavia non sorprende solo per se stesso ma per la coerenza dell’insieme che si è venuto a creare. La diversità esiste e ogni artista mantiene la sua traiettoria individuale, quando la scelta non è misura, ma possibile apertura alla realtà del presente. Sui tre piani del MAC si viene a creare pertanto una sintonia tra le opere che raramente può essere osservata durante la manifestazione di un premio.

Premio Lissone 2025, MAC - Museo d’arte contemporanea di Lissone, allestimento, foto Roberto Marossi
Premio Lissone 2025, MAC – Museo d’arte contemporanea di Lissone, allestimento, foto Roberto Marossi

Il direttore Stefano Raimondi non ha mancato di sottolinearlo rimarcando la lontananza dal concetto di “vittoria”, poiché distante «Dallo spirito del nostro tempo e da quello di una comunità artistica che matura attraverso la collaborazione e lo scambio incessante di idee». Una mostra tutta da vedere, insomma, che si sviluppa accostando due a due gli artisti e le artiste secondo le scelte dei curatori. Artisti under 45, nati tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. In piena connessione con lo Storico Premio Lissone, quando, già dal 1946, opere di autori nel pieno del loro percorso entravano nelle collezioni comunali.

Premio Lissone 2025, MAC – Museo d’arte contemporanea di Lissone, allestimento, foto Roberto Marossi

Strade differenti che oggi si vedono riunite a partire dal piano più basso dell’edificio dove Landon Metz (1985, Phoenix) e Ariel Schlesinger (1980, Gerusalemme), con la curatela dello stesso Raimondi, dialogano con lo spazio. Attraverso i dipinti dell’americano, dalla stesura liquida, minimale, fatta di gesti reiterati e modulari (Untitled 2020-24), e le ambiguità concettuali di Schlesinger, il quale, usando elementi del quotidiano come tappeti, forbici e tele, costruisce la sua poesia visiva carica di ambiguità e cortocircuiti (serie Untitled (Burned Carpet), 2017). Diversissimi a tal punto da accostare una concezione del dipinto a dir poco leggera e piena di contrappunti, alla trasformazione dell’oggetto visto secondo un’accezione impropria e ora trasformato radicalmente usando il fuoco. La storia brutale, da un lato, e armonica, dall’altro, ammicca alle incongruenze dell’oggi.

Premio Lissone 2025, MAC – Museo d’arte contemporanea di Lissone, allestimento, foto Roberto Marossi

Una storia che, al piano superiore del museo, lascia spazio al personale. Curate da Hanne Mugaas, Cecilia Granara (1991, Jeddah) e Giuliana Rosso (1992, Chivasso) confluiscono, infatti, nell’insieme di immagini di corpi vulnerabili. Le tinte acide e le forme rituali dell’intimità femminile della prima (Abbraccio, 2023; Guarire II, 2023), al passo con la turbolenza di un passaggio tra noia e desiderio, adolescenza ed età adulta, della seconda (Soltanto ora, perdute, mi diventano vere, 2019; Abisso, 2023). Una trasformazione che irrompe nella transizione come stato e condizione, struttura propria e carattere generale di una via che dall’individuale racconta l’universale. Lavori che a loro modo tentano di rompere un certo rigore, dal dover essere al dover fare, ampliando l’innesto nella routine di qualcosa che turba.

Le griglie cartesiane dipinte da Viola Leddi (1993, Milano) ne regalano tutto il fragore, ammettendo l’agitazione di quanto esiste a rompere una struttura lieve, siano esse mosche con le loro traiettorie imprevedibili, siano essi ragni e simboli della fertilità e del matrimonio in uno scenario da videogioco horror (X e Y, 2024; Tocophobia, 2023).

Premio Lissone 2025, MAC – Museo d’arte contemporanea di Lissone, allestimento, foto Roberto Marossi

Il piano di mezzo curato da Lorenzo Balbi trova, quindi, la sua sintesi nel perturbabile, nell’angoscia giocosa e frivola che Valerio Nicolai (1988, Gorizia) interpreta pittoricamente mediante la vacuità di un divano dipinto e parlante (Nuova Carboneria, 2023). Oggetto del salotto; il comfort del discorso intelligente e profondo ora svuotato e surreale. Opere che parlano dell’opera, come una serie di 20 tele dipinte piegate in forma di portafogli (Ritorneremo, 2024/25). Il valore dell’opera dovuto al mercato. Una riflessione sul mezzo adottato che è critica, per via di mimesi, del contemporaneo, la domanda di cui consiste, le sue incertezze.

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