09 dicembre 2019

La città vicina. Luca Pancrazzi a Milano

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Una pittura emozionante, dove la prospettiva scelta è così personale da farci entrare nella sua vita. Ecco Milano secondo Luca Pancrazzi, bianco su bianco. Vicina ai percorsi quotidiani dove ognuno si sente ritratto

Luca Pancrazzi
Fuori Registro (Velasca) 2019 acrilico su tela, cm 110x80

Malevic voleva dipingere “i mondi silenziosi che vivono dietro la luce del sole”, Luca Pancrazzi quelli che vivono dietro la luce delle case e delle strade di Milano. È la sua città che fotografa quando si sposta in macchina per un appuntamento, quando va dagli amici, quando torna a casa.   Nei percorsi abituali a volte qualcosa si stacca, va per conto suo. Allora si vede l’invisibile che sta “dietro”.

 

Il “Bianco Milano”

Pancrazzi lo fissa in un diario fotografico, che ha tradotto in sky line disegnati su rullini di cassa, di lunghezze variabili, che evidenziano l’immaginazione senza fine del paesaggio urbano. Il segno è chirurgico, miniaturizzato, eppure la vastità si sente.

Con il suo “diario” crea anche la pittura infinita di figure riconoscibili. La fa con i paesaggi delle montagne e ora con Bianco Milano. Dipinge in acrilico bianco su bianco direttamente sulla tela, appena velata da un sottile strato di colla.

Tutto è luce. Tutto si muove. Viene in mente Giorgio Gaber “Com’è bella la città, Com’è grande la città, Com’è viva la città, Com’è allegra la città… ”

I riflessi degli innumerevoli toni di bianco creano sulla tela tonalità diverse, tanto che anch’essa pare dipinta. Questa complicità tra il fondo e i bianchi agisce anche negli occhi di chi osserva, in base alla posizione da cui guarda, la luce cambia, la figura diventa nitida, si sfuoca, s’illumina, sprofonda. Il titolo “Fuori Registro” segnala che ogni visione ha in sé qualcosa d’invisibile, tecnicamente e mentalmente.

A volte il fondo emerge come un segno disegnato, a volte, come in Fuori Registro (Duomo 2), è totalmente ritmato da sottili linee di bianco, interrotte da grumi di colore che scolpiscono la facciata, immersa nella città vista dall’alto.

I fondi virano tra tonalità rosate, marrone, tortora, riproducono la qualità atmosferica di Milano, nebbiosa, densa, illuminata da cieli leonardeschi che i bianchi di Pancrazzi catturano, ad esempio in Fuori registro (Padova).

Una pittura emozionale di “indirizzi”

È una pittura emozionante, dove la prospettiva scelta è così personale da farci entrare nella sua vita. Non è la città che sale di Boccioni, ma la città vicina ai percorsi quotidiani.

Il che produce una specie di euforia, perché in questi indirizzi di Milano ognuno si sente ritratto, come se la biografia urbana di Pancrazzi slittasse nella propria, non perché si riconosce quel punto specifico, ma perché ci si sente autorizzati a “dipingere” i propri luoghi elettivi/affettivi. Ci si sente rappresentati. È effetto del linguaggio “nobile” dell’arte, quello che davanti a un cielo, a un tramonto ci fa dire: “sembra dipinto”.

Pancrazzi, invece, sembra dire: “fallo anche tu”. Usa i tuoi colori. Racconta dove vivi. Parti da te. Cerca l’invisibile dietro le tue pareti.

È un esercizio necessario per non cadere nel pozzo “onnivisibile” della comunicazione odierna. La pittura che magistralmente Pancrazzi ottiene, dosando i bianchi, creando vuoti, fermandosi sul punto ultimo perché la sinergia si attui, risponde a questa esigenza. È anche una metafora del processo di consapevolezza che avviene attraverso la propria espressione, che non è mai separabile dal luogo in cui si è, dalla luce che si può imprimere e dall’ombra che non si può eliminare. Forse succede sempre, ma l’entusiasmo che ho sentito all’inaugurazione, andava oltre.

Toccava la spontaneità. Come se fosse stata esaudita un’aspettativa: un dialogo con l’artista in cui riconoscersi, in cui spartire emozioni personali e pubbliche, che è quello che ogni città promette e che oggi non è scontato. Milano ha sempre avuto punti “bianchi”, nel senso di ritrovi spontanei, dove condividere pensieri, amicizie, compagnia. Spesso segnati dall’arte.

Pancrazzi dilata quegli incontri nelle “sue strade”: vi riconosco l’invisibile resistenza dei rapporti diretti, durante il dominio di WhatsApp, Instagram, Facebook. Nei momenti di autoritarismo la società civile riesce comunque a esprimersi, a stabilire rapporti dietro la luce del presente. Come Malevic? Perché no?

In Fuori registro (Liberazione) ho riconosciuto l’attrazione della città che si allunga “fuori casa”. L’ho capito dall’inquadratura del pontile sopra l’incrocio tra via della Liberazione e via Melchiorre Gioia. Fin da quando sono arrivata a Milano, quella zona non così lontana, ma abbastanza da farmi percepire un confine, è collegata al fascino di una grande città a portata di mano. Sono affezionata a quel ricordo, quel quadro me l’ha riavvicinato. La biografia di Pancrazzi è spontaneamente entrata nella mia. Bianco Milano è un punto di incontro che resiste al dominio di internet.

Fino al 21 dicembre 2019, alla galleria Tega.

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