16 aprile 2022

La sobrietà dell’astrazione di Gonzalo Chillida, all’Istituto Cervantes di Roma

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Uno spaccato della scena artistica spagnola, all’Istituto Cervantes di Roma: in mostra, le pitture essenziali del basco Gonzalo Chillida, dagli echi morandiani e dechirichiani

L’Istituto Cervantes è l’ente pubblico creato nel 1991 dallo Stato spagnolo per diffondere la lingua, la cultura e l’arte dei Paesi ispanofoni. Insieme al Museo de Bellas Artes de Bilbao e al Etxepare Euskal Institutua, presenta dal 19 marzo al 9 luglio 2022, nella sede di Piazza Navona a Roma, la personale dell’artista basco Gonzalo Chillida (San Sebastian, 1926 – 2008), a cura di Alicia Chillida. La partecipazione dell’Acción Cultural Española (AC/E), in questo progetto itinerante e internazionale, fornisce, nell’omaggio, un’opportunità di far conoscere uno dei più rappresentativi protagonisti della scena culturale spagnola contemporanea, in un tour lungo Parigi, Roma, Tokyo e Bilbao.

Gonzalo Chillida, veduta della mostra, Istituto Cervantes, Roma. Foto Andrea Veneri

Promossa dal Direttore del Museo di Belle Arti di Bilbao Miguel Zugaza, l’esposizione attraversa la vita dell’artista dal 1950 al 2007; ne ripercorre la produzione, attraverso 34 quadri, 10 litografie, una selezione di fotografie e collage. La provenienza è sia privata, appartenente alla collezione della famiglia Chillida Ameztoy; sia pubblica, appartenente al San Telmo Museoa e alla Collección Kutxa di San Sebastián, al Museo de Bellas Artes di Bilbao e alla Fundación Juan March di Madrid.

Gonzalo Chillida, veduta della mostra, Istituto Cervantes, Roma. Foto Andrea Veneri

L’astrazione lirica e la sobrietà del paesaggio castigliano, tipico dell’autore, prendono corpo nella precoce vocazione di una pittura sempre rivolta all’essenziale e mai alla presenza umana. Di ispirazione morandiana e dechirichiana, le prime tele realizzate ed esposte in mostra, spesso raffigurano dettagli di alberi e nature morte che «Ci ricordano ciò che sta per non esserci più, ma che esiste ancora».

Gonzalo Chillida, veduta della mostra, Istituto Cervantes, Roma. Foto Andrea Veneri

L’influenza del soggiorno parigino e dell’effervescenza del suo clima culturale è visibile nelle creazioni dell’artista dal 1951, mentre è «Attento a cogliere il remoto nella struttura intima della città», specifica Alicia Chillida. Fatto ritorno nel 1953 nella città natia di San Sebastian, la forza tettonica della terra spagnola ispirano Chillida, approdando al «Miracolo della semplicità geometrica». Nel 1955 l’autore partecipa a una mostra collettiva all’Accademia di Spagna di Roma e, poco dopo, visita gli scavi di Cerveteri, i quali portano alla riemersione della sua passione per l’archeologia e per le culture primigenie. L’antico sta alla sabbia come la sabbia sta alla cenere, divenendo, dagli Anni Sessanta, tra gli argomenti principali della sua creazione. Se le prime opere erano unicamente composte da granelli, nelle successive Chillida rinuncia alla parte materica, per soffermarsi unicamente su quella cromatica e luministica. Proprio a questa fase appartengono i giochi di luce, colti dai riflessi sul mare durante la bassa e l’alta marea. Le analogie formali, fotograficamente ricreate, permettono all’acqua di mescolarsi all’altopiano in un’unica sensualità paesaggistica.

Gonzalo Chillida, veduta della mostra, Istituto Cervantes, Roma. Foto Andrea Veneri

Tale topos è ricalcato dalle litografie che, esposte nella seconda sala dell’Istituto Cervantes, circoscrivono una ricerca artistica originata dalla commistione tra gli ingredienti pittorici e mass mediatici del periodo storico. «All’inizio degli Anni Settanta l’artista assimila la doppia immagine paradossale di una pittura che emana pace e, al contempo, si dibatte tra il figuratismo e l’astrazione, tra la vertigine e la quiete. Ogni volta che iniziava a lavorare su una nuova litografia, concepiva il mare con meno riferimenti visivi ma, allo stesso tempo, con caratteri più tettonici e, man mano che il mare perdeva elementi concreti e significato, guadagnava ritmo, libertà, senso e le sue macchie si fondevano in illusoria realtà», afferma la curatrice.

La mostra monografica prosegue il concetto di contemplazione esteriore e natura interiore, con i lavori eseguiti in terre giapponesi e basche, fino all’approdo a una completa astrazione nel periodo tardo, in cui il soggetto si tramuta nel confine stesso che separa il mare dal cielo.

Le opere sono accompagnate dal documentario “La idea del Norte”, diretto nel 2016 dalla curatrice e da Benito Macias, che illustra le immagini d’ispirazione per Chillida; una voce narrante trasforma il materiale d’archivio in vocabolario visivo.

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