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Melancholic dreams: 9 artisti internazionali in una storica farmacia veneziana
Arte contemporanea
di Emma Drocco
Melancholic dreams è un invito all’evasione. È da un’unione tra arte contemporanea e viaggio che prende forma la mostra veneziana che ha unito i lavori di 9 artisti internazionali della 193 Gallery provenienti dall’Africa, dai Caraibi, dall’America Latina, dall’Oceania e dai Balcani.
In una sorta di anticipazione dello spirito che animerà Venezia nei prossimi mesi, sulla scia del tema proposto per la Biennale 2024, stranieri ovunque, la mostra racconta la ricchezza e la differenza di diverse culture partendo dal concetto di sogno, rappresentato in modo diverso dai vari artisti. Quali spazi più adatti se non quelli di un luogo fermo nel tempo, avvolto da una particolare magia, ovvero quelli di una storica farmacia veneziana, la ex Farmacia Solveni, vicino al Squero San Trovaso, trasformata, pur mantenendo alcuni suoi tratti distintivi, rendendola una sede per mostre d’arte e uno spazio per lo scambio culturale.
La mostra si inserisce in un più ampio programma della 193 Gallery, che nasce a Parigi nel 2019, proprio dalla passione dell’arte contemporanea e del viaggio, con una programmazione che si concentra principalmente sulle varie culture del mondo. Un lavoro che potrebbe cadere facilmente in una banalizzazione delle tematiche e che diventa invece una ricerca molto attenta da parte dei curatori delle scene artistiche locali. La missione è infatti quella di evidenziare le differenze delle scene contemporanee del mondo dell’arte intenso in senso più ampio possibile.
Ecco che entrando negli spazi della galleria veneziana si entra in un sogno che è molto distante dagli stereotipi, nel sogno di Aldo Chaparro (Messico), Ben Arpéa (Francia), Rob Tucker (Nuova Zelanda) Javier Toro Blum (Cile), Hyacinthe Ouattara (Bourkina Faso), Jade Fenu(Francia), Jean Marc Hunt (Guadalupa), Beya Gille Gacha (Camerun), Lib (Lussemburgo /Kosovo).
Il filo conduttore tra tutti i lavori è la volonta di esprimere la propria identità attraverso l’uso di diversi colori, di tessuti vividi, materiali diversi, in un percorso negli articolati spazi della galleria che si snodano tra due piani e diverse sale, permettendo all’occhio di soffermarsi su interessanti dettagli ad ogni angolo. Il senso comune della mostra è quello di parlare di unità, di mostrare come sia possibile, in un’epoca in cui non sembra più esserlo, superare le divisioni e i contrasti in nome di valori condivisi.
Molte delle opere, come quelle di Hyacinthe Ouattara, sono attraversate da una visione multipla fatta di espressioni diverse. come l’installazione, la scultura, la pittura, il disegno, la performance, la fotografia e il video. Rendendo la sua arte una porta aperta alla riflessione su un mondo in perpetuo movimento.
«Il mio lavoro ha una musicalità, un ritmo che gioca tra il mondo visibile e quello invisibile, il fisico e il metafisico, il monumentale e l’infinitamente piccolo dettaglio… La materia oscura, l’atomo, la cellula, gli esseri viventi, la Terra…», scrive l’artista.
Anche le opere di Aldo Chaparro sono un mix di diverse discipline e creano un linguaggio visivo unico e stimolante; utilizzando le sue esperienze personali come fonte di ispirazione, creando opere che sono allo stesso tempo personali e universali. «Piego le lamiere con il mio corpo. È una sorta di lotta/danza in cui la lamiera lotta per mantenere la sua forma e io la trasformo. Alla fine, credo che non ci sia un vincitore, ma l’opera è il documento di quell’evento che l’ha plasmata».