15 novembre 2025

Michela Rizzo torna nel luogo che ha amato molto, Palazzo Palumbo Fossati

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"Boulder" e "Quando il cielo finisce", non sono solo i titoli delle due mostre che inaugurano oggi a Venezia. Sono sono anche due pilastri, fondamentali, della storia di Michela Rizzo: la prima chiude l'attività in Giudecca, la seconda segna il nuovo, secondo, inizio a Palazzo Palumbo Fossati

Palazzo Palumbo Fossati, Venezia

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Parole sagge, quelle di Venditti, parole che sembra naturale dedicarle, oggi, a Michela Rizzo, che dopo undici anni torna a Palazzo Palumbo Fossati. L’abbiamo raggiunta, alla vigilia di due inaugurazioni: una mostra collettiva, Boulder, che celebra i tanti in Giudecca, e la personale di Andrea Mastrovito, Quando finisce il cielo, che ri-apre, in termini di spazio, il percorso della galleria – a cui personalmente auguro tanto bene. 

Michela, nella storia della Galleria l’ultima mostra a Palazzo Palumbo Fossati risale al 2014. Oggi, 11 anni dopo, fai ritorno. Come mai questa scelta?

«Inizialmente lasciare lo spazio in Giudecca è stata una scelta obbligata. Quella fantastica dimensione di luogo dedicato all’arte e agli artisti è destinata a subire una sostanziale trasformazione. Quando si è concretizzata la possibilità di tornare a palazzo Palumbo non ho avuto esitazioni. Un luogo che ho molto amato, dove abbiamo potuto organizzare mostre di grande qualità e dove avrò modo di continuare l’attività mantenendo un livello di alto profilo». 

Roman Opalka, Il tempo della pittura, 2011. Installation view, Galleria Michela Rizzo, Palazzo Palumbo Fossati

È il 2013 l’anno in cui inauguri la sede in Giudecca. Cosa lasci e cosa resta nel bagaglio di questi 12 anni?

«Resta tantissimo. Circa una sessantina di mostre, artis9 fantastici e grandi soddisfazioni. Intense le collaborazioni con i curatori, belle le inaugurazioni nel giardino comune, emozionante la scoperta della Giudecca, isola fino a un po’ di anni fa considerata margine della città. Lascio poco perché mi porto dentro tanto…».

Qualche mese fa, in sinergia con Simone Frittelli, hai aperto uno spazio a Milano. Come cambia la scena rispetto a quella veneziana e in che modo può essere o è un valore aggiunto rispetto alla sede d’origine?

«Lo spazio a Milano è ancora in via di avviamento. Abbiamo aperto il 2 ottobre e poi entrambi siamo stati travolti dagli impegni precedentemente presi. Sarà il 2026 l’anno della vera partenza, con un programma ancor in via di sviluppo … ma anche in questo caso, sia io che Simone intendiamo metter mano a tutta la nostra esperienza per realizzare il miglior progetto espositivo possibile, quanto meno rispetto alle nostre forze. Diamoci un appuntamento per riparlarne tra un anno!».

“MAURI | MUNTADAS”, 2019. Installation view, Galleria Michela Rizzo, Giudecca

Sei alla vigilia di un cambio di sede, come ti senti? E poi stai aprendo due nuove mostre e vieni dalla partecipazione alle fiere di Verona e poi Artissima. Come stanno il sistema dell’arte e il mercato?

«Mi sento in corsa…con poco tempo per pensare, perché c’è davvero troppo da fare. Felice – alla fine – del cambiamento, preoccupata – come sempre – per il prossimo futuro, che sicuramente mi metterà di fronte a sfide da affrontare, ma anche entusiasta e cautamente ottimista. Domani inauguriamo due bellissime e diversissime mostre: Boulder, la collettiva che concettualmente parte da una serie di lavori di Hamish Fulton e che apre al dialogo con altri 10 artisti, in Giudecca, e la personale Quando il cielo finisce di Andrea Mastrovito, con lavori potentissimi a Palazzo Palumbo. Una chiude l’attività espositiva e l’altra la riapre dopo undici anni. Verona quest’anno mi ha dato qualche buona soddisfazione, Artissima si conferma una bellissima fiera, dove ormai ci sentiamo a casa. Il mercato dell’arte mi sembra sempre ballerino, a volte intuisce le potenzialità di un artista, in altri casi è proprio asino… i grandi giochi, in ogni caso, purtroppo si svolgono altrove… Io da anni sopravvivo eroicamente».

Michela Rizzo. Ph. Octavian Micleusanu

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