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Paesi miei: l’arte contemporanea nei borghi, raccontata in una mostra
Arte contemporanea
La mostra Paesi miei. Storie e gesti da Una Boccata d’Arte, visitabile fino al 21 dicembre presso Manifattura Tabacchi di Firenze, è un progetto che riflette su memoria, dinamiche di uso e ritualità possibili, dove il medium ritorna alla sua funzione principale di tramite, mediatore tra spettatore e opera. La collettiva, realizzata da Fondazione Elpis in collaborazione con Toast Project, si organizza attorno all’omonimo progetto diffuso di arte contemporanea che, dal 2020, coinvolge 20 artisti in altrettanti borghi italiani, portando in esposizione opere che sono concepite, principalmente, per spazi esterni, continuando la diffusione da cui sono emerse in fase di progettazione, anche dopo la fine della residenza. L’idea di utilizzare l’edificio B12 di Manifattura, recentemente inaugurato, come luogo di sosta di questo lavoro, è quasi un rito di passaggio: le opere non si fanno trovare in giro per lo spazio urbano ma accolgono il visitatore e lo proiettano in una dimensione locale e territoriale altra, per piccoli frammenti, instaurando un meccanismo di memoria relazionale.

Uno dei tanti atlanti possibili
La scelta di uno spazio espositivo fisso, che si distacchi dalla dinamica itinerante da cui la residenza Una boccata d’arte è caratterizzata, potrebbe sembrare un controsenso: il coagularsi, all’interno di uno spazio unico, di storie, voci, suoni e odori che non hanno alcun legame l’uno con l’altro e che raccontano una storia personale, intrecciata con le pratiche degli artisti che sono entrati in contatto con le comunità locali.
Questa sensazione, in realtà, è immediatamente controbilanciata dall’intervento-archivio di Atelier Tanaka, Atlas Archive, che mappa, sia orizzontalmente che verticalmente, sei anni di progetto, immergendosi nell’archivio di Una Boccata d’Arte per raccontare il territorio e le azioni artistiche avvenute, riproducendo momenti e luoghi in cui si sono svolte le residenze sia attraverso il paramento geografico della distribuzione delle opere, sia con il medium fotografico che consente al pubblico di interagire con i momenti di progettualità. L’interpretazione di Atelier Tanaka non è assoluta ma «Uno dei tanti possibili atlanti» che lascia un margine di interpretazione e di costruzione di un itinerario personale.

Oltre il visibile: suoni, odori, sensazioni
All’interno della mostra sono esposti, sullo stesso piano, produzioni e documentazioni, emotività e cultura di luoghi e comunità artistiche che si sono intrecciati e hanno creato un’arte situata, dove la reliquia si mescola con l’urbanità, le tecniche di lavorazione proprie dell’esperienza degli artisti si mettono al servizio della storia del luogo, i riti e le storie popolari contribuiscono a creare mitologie contemporanee.
Il medium mantiene e sottolinea la sua funzione di tramite nella sua natura più pura, dove l’oggetto in sé acquista significato e sostanza legando la tradizione passata al presente: le opere di Giuseppe Abate, Lu gallu, e di Gabriele Ermini, Il corredo, esplorano il passato delle comunità di residenza e creano un ponte con l’attuale situazione abitativa e culturale, con atti di restituzione e, attraverso la “parafiction”, nella ricostruzione di passati possibili che si manifestano in un’archeologia immaginaria.

Il materiale e il visibile si intrecciano con l’invisibile permeato di odori, suoni e sensazioni che Aiko Shimotsuma fa emergere in Sleeps the Lake, dialogando con le atmosfere di Brunate, rivelando il non visibile attraverso il tatto. Adele Dipasquale utilizza la sua pratica artistica come medium per dare voce all’altro attraverso il proprio corpo, utilizzando il silenzio come forma di resistenza: L’infestata si inserisce nel suo studio sulle politiche del linguaggio e le strategie del rifiuto, tramite silenziose strutture “parlanti” che narrano la storia di brigantaggio di Roccaramanico.
Per Roberto Casti la parola cantata è il mezzo per un ritorno possibile in contrasto con lo spopolamento di Macchiagodena: Partitura per un futuro ritorno è una contro-narrazione in cui un brano di musica popolare viene sezionato e frammentato e potrà essere suonato nuovamente nella sua completezza solo quando le persone che l’hanno registrato si ritroveranno insieme.

Le infinite finestre del tempo
Il possibile è un altro elemento comune che lega opere ed esperienze e che si manifesta nelle due sezioni dell’Atlas di Atelier Tanaka. Cessando di essere lineare, il tempo si trasforma in una serie infinita di finestre, da cui riprendere parte del passato e, magicamente, riplasmarlo nel presente o proiettarlo nel futuro, costruendo da zero una nuova apertura temporale.
Ciò che si nota è la cura di una serie di luoghi che, attraverso l’immaginario, possono riconnettersi in modo nuovo con quanto è ormai considerato parte dell’archeologia o del folklore, con ciò che è stato riaccolto dalla natura e che si continua a considerare ostico: l’artista georgiana Qeu Meparishvili, con la sua opera Edicola dei randagi, dialoga con l’archeologia medievale di Citerna: l’edicola ospita l’immagine reliquiaria che contiene le storie dei randagi di Tbilisi tra selvatico e domesticità.

La documentazione di Una Boccata d’Arte è testimonianza di una rete di relazioni, una serie di formule che fungono da specchio tra ciò che è passato e ciò che è presente, ciò che si trova sul punto di scomparire, sottolinea Bibi Manavi in Flessione Riflesso, e la traccia momentaneamente lasciata dagli elementi naturali, terra, aria e acqua, grazie all’intervento umano tra gesto e immaginazione, silenzio e dialogo.












