22 settembre 2021

PERFORMATIVE.01: report dal primo festival del MAXXI L’Aquila

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Un susseguirsi no-stop di performance d’arte, musica, danza e teatro da giovedì 16 a domenica 19 settembre. Questo è stato CONTACT(less), la prima edizione di PERFORMATIVE.01, festival promosso dal MAXXI L’Aquila in collaborazione con il MuNDA Museo Nazionale d’Abruzzo e con l’Accademia di Belle Arti L’Aquila

, Kinkaleri, Ph. Francesco Scipioni

Dopo il difficile periodo della pandemia e l’ormai comune pratica della digitalizzazione, con questo festival si è deciso di affrontare il tema della relazione, dell’interazione che tutti noi cerchiamo, che abbiamo bisogno di salvare, in un modo o in un altro. Come ha sottolineato il direttore del MAXXI L’Aquila Bartolomeo Pietromarchi, con questo festival si è voluti tornare ad alcune pratiche che avevamo perduto, mettendo in primo piano il corpo e le relazioni che questo instaura con gli altri e con il territorio. Un territorio, L’Aquila e l’Abruzzo, caratterizzato da una forte tradizione di arti performative, con due fondamentali figure che qui hanno vissuto e lavorato: Fabio Mauri e Joseph Beuys, ai quali è dedicata la prima edizione del festival. Il primo ha insegnato Estetica all’Accademia di Belle Arti L’Aquila per più di quindici anni, mentre il secondo ha vissuto gli ultimi anni della vita a Bolognano e oggi in Accademia è presente una donazione con diversi multipli e materiale di documentazione dei suoi lavori. Nella pratica di entrambi gli artisti troviamo esempi di performance studiate come conferenze, nelle quali rimane molto forte l’idea di insegnamento, di lezione. Seguendo questa linea, il programma del festival, molto ampio e variegato, basato sull’incontro tra diversi tipi di arte, ha proposto anche alcune con-formance basate proprio sull’idea didattica dei due artisti citati. Una di queste, ad inaugurare il festival nel pomeriggio del 16 settembre, ha visto come protagonista Cesare Pietroiusti, una delle figure chiave del performativo contemporaneo.

Cesare Pietroiusti durante la con-formance Fase Orale, Ph. Francesco Scipioni

Con Fase Orale l’artista ha tenuto una vera e propria lezione sull’importanza tattile della lingua, cercando di indagare e ricercare il punto di passaggio tra reale e simbolico, tra tatto e parola. Un tentativo di performare l’atto linguistico, di fare esperienza del contatto, provando a sentire all’interno della bocca quello che precede la significazione. Un evento erede della visione didattica di Beuys e che rimanda anche a quell’idea di contatto, in questo caso della lingua con il palato, che ritroviamo nel titolo del festival. Oltre alle con-formance, cinque in totale, PERFORMATIVE.01, grazie alla collaborazione con l’Accademia di Belle Arti L’Aquila, ha visto lo svolgersi di alcune performance di danza e teatro all’interno del Teatro dell’Accademia. Con la volontà di un ritorno allo spettacolo dal vivo anche all’interno di spazi teatrali, l’evento è stato un’occasione unica per poter rivivere emozioni e sensazioni purtroppo perdute, sempre seguendo quel fil rouge caratterizzato dall’idea di interazione e di legame, alla base del festival. La sera del 16 settembre la compagnia mk di Michele Di Stefano con Bermudas, alla sua cinquantacinquesima replica, ha contribuito a mettere in luce il tema del festival, portando in scena un meccanismo di moto perpetuo, basato interamente sulla relazione tra i corpi e tra le loro energie. Michele Di Stefano descrive Bermudas come “un lavoro modulabile, basato su un sistema evolutivo, che si autogenera e si evolve, basato sull’idea dell’imprevisto e dell’imprevedibile”. Uno spettacolo che sviluppa una relazione molto forte con lo spettatore che si ritrova immerso in questo moto perpetuo, incapace di distogliere lo sguardo da ogni movimento frenetico ed energico. Ancora con le parole di Di Stefano: “Per me la relazione con l’altro è il mondo, la possibilità di condividere la tua traiettoria, la possibilità di generare tempo, spazio, immaginazione, linguaggio; la possibilità di costruire. Il rapporto con l’esterno è talmente necessario alla danza e al corpo che in questo senso la relazione è semplicemente la vita nella sua forma più pura”.
L’artista sottolinea come “la pandemia ci ha costretto a pensare in altri modi e le sensazioni che il pubblico ha avuto una volta tornato, l’incertezza, il punto interrogativo per me è molto fecondo perché fa rinascere quello che conta veramente. Noi quassù e voi laggiù siamo nello stesso spazio e ci comprendiamo. Niente è come prima, certe cose sono affiorate e forse aiutano anche a comprenderci meglio”.

Bermudas, mk / Michele di Stefano, Ph. Francesco Scipioni

Sempre al Teatro dell’Accademia di Belle Arti è stato presentato <OTTO> della compagnia Kinkaleri, un lavoro basato sull’idea di crollo e di sottrazione del fare, in favore di una scena che si compone di oggetti che, come resti, invitano il pubblico a ricostruire, ad interpretare, a riconnettere una serie di associazioni proposte. Massimo Conti e Marco Mazzoni, due dei fondatori della compagnia, descrivono il lavoro così: “Ogni volta che un interprete entra con un’intenzione sul palco poi c’è una frattura, una caduta; da una verticalità a una orizzontalità. Lasciamo alla scena il compito di descrivere quella sorta di impossibilità”. Un lavoro coinvolgente che invita il pubblico a interpretare e riflettere, rendendolo parte attiva della rappresentazione.
All’interno del festival sono stati proposti anche alcuni talk, definiti “Podcast live”, curati da Silvano Manganaro, docente di Storia dell’Arte all’Accademia di Belle Arti L’Aquila.
Vari gli esperti intervenuti per affrontare diversi aspetti legati alla performance, dai suoi significati ai grandi artisti che l’hanno interpretata. È il caso, per esempio, dell’incontro con la docente e storica dell’arte Maria Alicata, che ha riguardato proprio le conferenze-performance realizzate da Fabio Mauri nel corso della sua carriera.

Sparks 2021, Francesca Grilli, Ph. Francesco Scipioni

Un altro aspetto centrale è stato il rapporto con la comunità e con i cittadini, grazie anche ad alcune open call aperte alla popolazione, organizzate dagli artisti Francesca Grilli e Jacopo Ceccarelli. In questa direzione, molto rilevante è stato il lavoro che i MASBEDO (Nicolò Masazza e Jacopo Bedogni) hanno realizzato per l’occasione. Gli occhi del topo prevedeva una performance audiovisiva che ha visto protagonista il forte spagnolo della città, elemento molto vicino agli aquilani.

Gli occhi del topo, MASBEDO, Ph. Francesco Scipioni

Nato come reenactment della video installazione Learned Helplessness in Rat (1988) di Bruce Nauman, il lavoro si è sviluppato, affidandoci alle parole dei protagonisti, come “la registrazione di una camminata angosciosa all’interno dei labirinti del forte e poi proiettata sulle mura. L’idea è stata quella di rendere visibile su una superficie esterna quello che è interno, come un’ecografia, con l’aggiunta di diverse sonorizzazioni, fondamentali per il lavoro”.

Selvatico Spot, Edizioni Brigantino (Canedicoda + Valentina Lucchetti) in collaborazione con Hynverno, Ph. Francesco Scipioni

Interessante ancora per l’idea di relazione e di interazione è stata l’opera Selvatico Spot di Edizioni Brigantino (Canedicoda + Valentina Lucchetti) in collaborazione con il collettivo Hynverno, basata sulla collaborazione tra i diversi protagonisti che all’interno della corte del MAXXI L’Aquila hanno restituito al pubblico il frutto del loro lavoro: una zuppa di orapi, spinaci selvatici, raccolti sul territorio aquilano. Con le loro parole: “C’è una grande volontà di scambio e partecipazione con il pubblico. Tante volte le cose funzionano proprio attraverso uno scambio, delle connessioni o gesti che si rivolgono al pubblico in modo partecipativo. Offrire un’idea, e poi aprirsi, offrire gli orapi in questo caso, porgere del nutrimento concreto. Piccole cerimonie in cui poter far si che il pubblico possa entrare nella dimensione, nello spazio che si va a costruire di volta in volta”.
Un festival multidisciplinare, nato con l’idea di creare una rete, di tessere relazioni e sostenere energie forti e inclusive. Alla base l’idea di “partecipazione”, con il desiderio e l’intenzione di proseguire negli anni.

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