01 ottobre 2025

Viaggio nel codice della pittura: intervista all’artista David Maljkovic

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Con l’artista croato David Maljkovic parliamo del senso della pittura come atto poetico di riscrittura, a margine della sua mostra alla Cukrarna Gallery di Lubiana

David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić

Al Cukrarna di Lubiana sarà visitabile fino al 26 ottobre 2025 la personale dell’artista croato David Maljkovic (Rijeka, 1973), a cura di Kathrin Rhomberg. L’edificio era un antico zuccherificio della fine degli anni ‘20 dell’Ottocento, che il comune della città ha acquistato e riconvertito dal 2021 in centro culturale dedicato all’arte contemporanea.

In mostra al secondo piano dello spazio sono presenti dipinti che l’artista ha realizzato dal 2017 a oggi, uniti a “oggetti” che raccontano il legame con la sua ricerca, aprendo così un campo di discussione rispetto alle molteplici relazioni tra immagine, spazio e tempo.

La pittura, che ha perso il suo ruolo da “mediatore”, ha però mantenuto il suo “codice pittorico” e Maljkovic riprende e rielabora anche dipinti precedenti, inducendo così il pubblico ad una riflessione che gioca con «La natura dello sguardo e la complessità del tempo». Ne parliamo con lo stesso artista, in questa intervista.

David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić

Cosa ha motivato la decisione di presentare principalmente dipinti, realizzati dal 2017 in poi, rispetto al numero di “oggetti” esposti?

«Possiamo vedere la mostra come un’installazione in cui i dipinti predominano, ma restano comunque uno degli elementi dell’esposizione. Direi che la mostra stabilisce un sistema di segni che incarna la posizione del dipinto all’interno della pratica stessa, e ne segue anche lo spostamento in altri media. Si tratta di una sorta di paesaggio pittorico in cui tutti questi elementi partecipano insieme e creano una certa tensione.

Parlando della pratica artistica in sé, in un certo senso la posizione del dipinto avviene sul muro che si estende attraverso tutti e tre gli spazi della galleria. Dal momento che ho studiato pittura, l’esperienza stessa della pittura si incarna nella mia pratica, o meglio in altri media – nella struttura del film, del video o dell’animazione. La pittoricità era presente anche in alcuni allestimenti espositivi, installazioni e oggetti. Ciononostante, tutte queste esperienze diventano in qualche modo un loro sedimento che, necessariamente, non partecipa al ritorno al processo pittorico.

Negli ultimi anni, la pittura ha perso il suo ruolo di mediazione rispetto ad altri media ed è tornata al linguaggio della pittura stessa, ma si potrebbe dire che vi sia una costante: la presenza del codice pittorico. La materialità del codice stesso non è legata solo alla pittura, ma all’intera attività della pratica. In questa mostra, in un certo senso, la pittura appena riaffermata è una posizione, più che un ciclo».

David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić
David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić

Ogni dipinto sembra avere un riferimento specifico. Ad esempio, The Missing Master (2023/2024) richiama il costume archetipico d’avanguardia dell’artista ucraino Anatol Petrinsky, mentre Overpaint with Venice (2021/2023) si riferisce alla scenografia di Ljubo Babić per l’Otello di Verdi. Nel foglio di sala si legge: “la voce di un altro pittore diventa il veicolo del processo pittorico”. Potresti spiegare questo processo? Descriveresti il suo metodo come postmoderno — basato sull’idea che “tutto è già stato fatto”? Oppure lo vedi più come un modo per evidenziare e dare visibilità alla produzione delle avanguardie (Sud-) Est europee, accanto alla sua stessa pratica?

«Direi nessuna delle due. Possiamo guardare ai nostri predecessori come a una grande famiglia con cui occasionalmente ci si siede a tavola, ma alla fine si parla della materialità del proprio tempo. Gli esempi citati appartengono a letture storiche più lineari in cui i sistemi linguistici si opponevano gli uni agli altri o si riferivano ai predecessori. Oggi questi rapporti sono più fluidi e non presentano più i comportamenti di un qualche “fine del linguaggio” o di un presunto “uccidere il padre”».

David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić
David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić

Nel dipingere sopra nove tele già completate, hai creato nuovi strati semantici. Potresti spiegare la stratificazione materiale dei dipinti in relazione alla loro stratificazione di significato? La questione spazio-tempo emerge anche qui?

«Direi che si tratta piuttosto di un atto poetico che introduce un’ulteriore cancellazione di motivi o pitture precedenti. La costruzione della struttura del dipinto si basa su quella precedente, ma i sedimenti della pittura non nascono dalla necessità di separarsi dal già dipinto: tendono invece a stabilire nuove relazioni. L’atto di ridipingere è allo stesso tempo letterale e metaforico. Non si riferisce soltanto all’atto del dipingere o alla pittura in sé, ma si rivolge anche al contenuto, o meglio al punto di partenza. Si potrebbe dire che non stiamo parlando dell’atto in sé, ma della posizione. In questo caso, il ridipingere (overpaint) non nega, ma crea spazialità».

David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić

Vorrei tornare alla domanda posta nel foglio di sala a proposito di His Master’s Voice (2022): “Chi è il Maestro dietro la Voce?” Più in generale, qual è il vero modello o punto di riferimento a cui, come artista, guardi?

«Se parliamo del dipinto His Master’s Voice, il protagonista è una figura tratta da una pubblicità per His Master’s Voice, l’etichetta discografica e rappresentante ufficiale della compagnia inglese Albert Breyer, che vendeva grammofoni e dischi. L’artista croato Sergije Glumac realizzò questa pubblicità nel 1929.
Se invece parliamo di “modello o punto di riferimento”, non ci riferiamo a un modello da seguire ma a una nozione. Si tratta dei prototipi del nostro materiale genetico visivo, i codici trasmessi della nostra memoria visiva. Nelle loro transizioni, diventano archetipi muti o nostre proiezioni mute. Sono campioni trasferiti generati nella nostra realtà».

David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić

Nella prima sala, dove è esposto His Master’s Voice (2022), lo spazio è perlopiù vuoto. Perché la scelta curatoriale di lasciare un’area così ampia libera, con solo due sedute vicino ai dipinti? Volevate predeterminare due specifici punti di vista? Inoltre, le due sedute sembrano realizzate con un tessuto molto usurato: sono collegate alla sua pratica in studio?

«La mostra comincia con un corridoio lungo e stretto che conduce a stanze più grandi. Anche alle estremità, dove il corridoio si apre, i dipinti si confrontano con oggetti disposti a seguire la linea del corridoio. Oltre quella linea, lo spazio è “vuoto”. Questa parte vuota diventa lo spazio per lo spettatore, cioè lo spazio attivo che consente la posizione dello sguardo. Ricorda un po’ le piazze rinascimentali italiane, dove si usciva dai passaggi o dai portici e ci si ritrovava nella piazza, guardandola dall’interno.
Questa coreografia dello sguardo è simile alla mostra With the Collection del 2020, al Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Fiume, o anche alla mostra With the Gallery, 2015 alla Galleria Massimo Minini di Brescia.
Sì, le panche sono in un certo senso un’oggettivazione dello spazio dello studio, dove ho trasformato il tappeto dello studio in una panca».

David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić

Nella seconda parte della mostra vengono esposti la maggior parte degli “oggetti”. Oltre a Forthcoming (2021), dove il cavalletto è messo in una teca, vi sono anche opere come Alterity Line (2002–2017), dove la tela è arrotolata su se stessa e anch’essa intecata. Sembra che l’opera venga nascosta, eppure la teca ha dei decori. In questo senso, l’attenzione si sposta dalla materialità dell’opera all’idea di ciò che potrebbe contenere, all’immaginazione dello spettatore. Diresti che questo approccio risuona con le strategie concettuali di Duchamp o con l’attenzione di Manzoni alla trasformazione dell’oggetto artistico in idea, oppure vede le tue intenzioni andare in un’altra direzione? Quale ruolo gioca la teca nel definire questa relazione tra oggetto e idea?

«Sì, insieme alle panche della prima parte della mostra, la maggior parte degli “oggetti” è esposta nella seconda. Svolgono un ruolo importante nel protocollo espositivo. Le già citate opere Alterity Line incorporano dipinti precedenti ed estendono la pratica dell’alterare, riconfigurare e ripresentare lavori precedenti in installazioni site specific. La complessa trasformazione di opere provenienti da diverse fasi della pratica in nuove serve a celare le gerarchie tra media, giocando con la natura dello sguardo e la complessità del tempo».

David Maljković, Razstava, veduta della mostra, Cukrarna Gallery (MGML, SLO), 2025, Ph. Hrvoje Franjić

Infine, cosa significa esporre oggi in uno spazio come la Cukrarna di Lubiana?

«Lo spazio è relativamente nuovo, la Galleria Cukrarna è stata aperta solo pochi anni fa; possiamo dire che l’istituzione stessa è ancora in fase di sviluppo del suo programma e in un certo senso ascolta la regione e il suo contesto attuale. L’architettura dell’edificio è molto dominante e, in dialogo con la curatrice austriaca Kathrin Rhomberg, abbiamo preparato questa mostra a lungo, così come la traduzione stessa della pratica nello spazio della galleria».

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