14 novembre 2025

Warhol, Pollock e la sfida della rappresentazione nell’epoca contemporanea

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Al Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid, una mostra dal taglio storiografico apre un dialogo tra i due giganti del Novecento che, in maniera complementare, scardinarono i confini tra astrazione e figurazione

Warhol Pollock
Jackson Pollock, Number 1A, 1948, 1948, © 2025 Pollock-Krasner Foundation / Artists Rights Society (ARS), New York

«C’è stato un tempo in cui l’arte oscillava tra il gesto e il freddo, tra la macchia e l’immagine in serie. La storia ha collocato Pollock e Warhol su due poli apparentemente opposti». Eppure, come sottolinea la curatrice Estrella de Diego, «Condivisero molto più di quanto si sia voluto credere». È attorno a questa idea che nasce la mostra Warhol, Pollock e altri spazi americani, visitabile al Museo Nacional Thyssen-Bornemisza di Madrid fino al 25 gennaio 2026. Per la prima volta, le opere dei due artisti vengono riunite in un percorso che mette in discussione la narrazione canonica della storia dell’arte, restituendo la complessità di due personalità che, pur muovendosi su strade differenti, esplorarono un territorio comune: quello dello spazio pittorico come campo di tensione tra visibile e invisibile.

«Entrambi attraversarono l’astrattismo e l’arte figurativa per trovare nuove forme di raccontare il mondo in cui vivevano. Il Museo Nacional Thyssen-Bornemisza riunisce per la prima volta Andy Warhol e Jackson Pollock in un dialogo che mette in connessione due dei più importanti artisti nordamericani del XX secolo», spiega de Diego. «In entrambi gli artisti, fondo e figura si sdoppiano e si confondono, e i pittori finiscono per incontrarsi in quello spazio ambiguo, insieme figurativo e astratto, dove in realtà tutto accade».

Andy Warhol, Flowers, 1968, serigrafia su carta, cm 91×91, Collezione privata

Il percorso della mostra si apre con delle opere emblematiche: le due bottiglie di Coca-Cola dipinte da Warhol nel 1964. In una, l’artista sperimenta pennellate gestuali che rimandano alla Scuola di New York; nell’altra, elimina ogni traccia del gesto, scegliendo la neutralità. «Warhol chiese consiglio ai suoi assistenti», racconta la curatrice, «E tutti concordarono che la bottiglia “fredda”, quella senza pennellate, rappresentava meglio la nuova era che avevano davanti».

Da questa scelta prende forma il dialogo tra Pollock e Warhol, tra l’energia del corpo e la meccanicità del segno. Le sei sezioni di cui si compone la mostra si susseguono come variazioni sul tema del rapporto tra figura e sfondo, ospitando opere di Lee Krasner, Helen Frankenthaler, Marisol Escobar, Sol LeWitt, Cy Twombly e Robert Rauschenberg. Le superfici di collage di quest’ultimo, spiega de Diego, «Dialogano perfettamente con le ripetizioni di Warhol: spazi fratturati, dove la figurazione si dissolve in tracce e vestigia, in un territorio intermedio, instabile, quello che la storia spesso ha cancellato».

Jackson Pollock, Red Composition

Nella sezione Tracce e vestigia, la figurazione si frantuma in segni e residui: corpi che si dissolvono, superfici che trattengono impronte. I ritratti di Warhol, da Silver Liz as Cleopatra a Single Elvis, mostrano figure sospese su sfondi evanescenti, in bilico tra presenza e sparizione. La serialità diventa un modo per misurare la distanza tra le immagini e il loro svuotamento.

Il confronto si fa più diretto in Ripetizioni e frammenti, dove le celebri serie di Warhol – Flowers, Skulls, Electric Chair e le drammatiche Car Crash – rivelano un dialogo silenzioso con l’energia del dripping di Pollock. In entrambi i casi, la pittura non rappresenta più lo spazio: lo consuma, lo esaspera, lo abita e lo satura fino alla perdita di ogni punto di fuga.

© The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, Inc.

Le ultime sale rendono esplicita la reciprocità tra i due artisti. Gli Oxidation Paintings di Warhol, realizzati con processi fisici e corrosivi, evocano direttamente i gesti e le colature di Pollock, trasformando il corpo in strumento e in materia. Accanto, le campiture fluide di Frankenthaler e il silenzio cromatico di Rothko suggeriscono un’estensione metafisica di quello spazio senza orizzonte che entrambi, a modo loro, hanno contribuito a reinventare. Il percorso si chiude infatti nella sezione Spazio come metafisica con la serie Shadows di Warhol, dove il fondo diventa protagonista assoluto, in dialogo con un’opera di Mark Rothko della collezione Thyssen.

Pollock cambiò per sempre il senso dello spazio, Warhol ne cancellò la prospettiva e l’unicità: è forse in questa doppia negazione che la mostra trova la sua forza: non come confronto tra opposti, ma come riconoscimento di una comune inquietudine. «Esplorarono un territorio comune, capace di proporre un nuovo modo di intendere lo spazio e di mettere in crisi le false contraddizioni del racconto. Questa mostra è un invito a guardare di nuovo, a varcare i confini tra figurazione e astrazione, a tornare a contemplare come atto sovversivo». osserva Estrella de Diego. Una dicotomica ma gravida relazione che il Thyssen-Bornemisza ci invita ad analizzare, proponendoci anche una colonna sonora di sottofondo.

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