30 novembre 2023

Lisbona, il racconto di Alkantara Festival, tra performance e atmosfere ancestrali

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All’Alkantara Festival di Lisbona si riflette sugli aspetti mimetici del colonialismo, del razzismo e della non inclusione, per trasgredire le definizioni e i confini binari

Nadia Beugré - Prophétique (on est déjà né.es). ph. Dajana-Lothert

È sempre coinvolgente e appassionante seguire la programmazione di Alkantara Festival. I direttori artistici Carla Nobre Sousa & David Cabecinha hanno selezionato performance e spettacoli riguardanti gli aspetti mimetici del razzismo, del colonialismo e della non inclusività di genere. Il collettivo giapponese ChimPom di Smappa!Group, a Marvila, alla periferia di Lisbona, ha organizzato performances, concerti, incontri e workshop molto seguiti da artisti e persone che vivono nel quartiere. Hanno progettato nidi per uccelli e alberghi per insetti e eretto una Yagura, ossia una torre, come quelle costruite in Giappone per onorare i defunti e i rituali di trasformazione.

Il loro progetto è stato vissuto come momento di aggregazione con gli abitanti e i collettivi del quartiere, un luogo di spettacoli e di feste, ma anche di conversazioni che hanno generato altre conversazioni e proposte, come la raccolta del nome da scegliere per il nuovo parco urbano proprio a Marvila. La scelta di invitare Chim↑Pom, anche conosciuti come «Il volto sovversivo della scena artistica contemporanea giapponese», indica la volontà di integrare il festival, svoltosi a Lisbona dal 10 al 26 novembre, con e nella città. Spettacoli e performance sono stati presentati in teatri, spazi pubblici, centri culturali come il Garagem Culturgest, dove il Collettivo Afrontosas ha preparato, per il party di chiusura del festival, un omaggio ai tanti modi in cui i movimenti neri LGBTQIA+ della diaspora fanno festa.

Chim↑Pom

Whitewashing di/e con Rébecca Chaillon, è stato lo spettacolo di apertura, in cui il corpo della performer francese di origini martinicane, nero, voluminoso e queer, vuole indicare la pervasività dello stigma del razzismo ancora troppo presente nella società contemporanea. Sul palco Chaillon e Ophélie Mac hanno inizialmente strofinato della candeggina sul pavimento del teatro do Bairro Alto, e poi l’hanno fatto sulla loro pelle, per sbiancarla. «Ho voluto recitare il paradosso quotidiano delle donne razzializzate che nel cosiddetto mondo sviluppato hanno il dovere di prendersi cura degli altri ma non possono prendersi cura di se stesse. E questo desiderio di iscrizione sociale comporta la ricerca di un mutamento, come lo sbiancamento della pelle», ha raccontato Chaillon alla fine dello spettacolo. Il titolo fa riferimento al Whitewashing, pratica cinematografica in cui in passato attori bianchi recitavano ruoli di personaggi appartenenti ad altre etnie.

Marco Mendonça, nato in Mozambico nel 1995, era invece solo sul palco del teatro do Bairro Alto. Il suo spettacolo intitolato Blackface è una conferenza-spettacolo musicale che oscilla tra cabaret, satira, teatro documentario e autobiografia. Attraverso immagini, video e sketch comici ci accompagna in un viaggio attraverso le disavventure razziste che ha vissuto in Portogallo, dove vive da diversi anni. Lo spettacolo mette in discussione i limiti di ciò che può, o non può, essere rappresentato sul palco.

Marco Mendonça apresenta Blackface no Teatro do Bairro Alto. Alkantara, Novembro 2023

Altrettanto attento alla spinta espropriante del desiderio è Prophétique (On est déjà né·es) spettacolo di Nadia Beugré, nata a Abidjan (Costa d’Avorio) e residente a Montpellier. Lo spettacolo mette in scena aspetti e frammenti di vita della comunità trans in Costa d’Avorio. Parrucchieri di giorno e dive del dancefloor di notte, trasgrediscono le definizioni e i confini binari, per ridefinire ciò che è bello o brutto, maschile e femminile, legale o illegale. Fluttuano tra i generi sessuali per cercare forme di libertà, aliene da un modello di società patriarcale che nella migliore delle ipotesi finge di non vederli, per creare reti di solidarietà, inventare le proprie danze e i mezzi per sopravvivere.

Dopo il queer, il post-colonialismo, e l’attivismo con lo spettacolo Antigone in the Amazon di Milo Rau, riguardante gli attivisti del Movimento dei Lavoratori Senza Terra in Amazzonia, Sónia Baptista con Sweat, Sweat, Sweat (Um conjunto de pequenos afrontamentos), celebra la sessualità e la spudoratezza nell’invecchiamento. Circondata dai colori dell’oceano, dell’adolescenza, degli unicorni e delle sirene, Baptista affronta in modo giocoso e i turbamenti dell’invecchiamento, come i cambiamenti del corpo e dello spirito. Un dolore silenziato che trasforma con toni surreali e ironici.

Sónia Baptista

Il coreografo brasiliano Marcelo Evelin con Demolition Incorporada ha presentato Uirapuru, al teatro Sao Luiz. Spettacolo di danza che trae ispirazione dall’immaginario cosmologico delle foreste brasiliane che identifica l’uirapuru come un uccello mitico, noto per portare fortuna a chi lo ascolta.

Nella lingua Tupi-Guarani delle popolazioni native del Brasile Uirapuru significa “uomo trasformato in uccello”. Si narra che un essere umano dopo la sua morte sia diventato Uirapuru, dando nuova vita alla foresta silenziosa. Sia nella leggenda che nella realtà Uirapuru è un simbolo di bellezza rarefatta.

Marcelo Evelin © Pedro Sardinha

«L’uirapuru trasforma il canto in un territorio per evocare l’ignoto e l’impossibilità di vivere una storia d’amore, secondo la cosmologia dei nativi. È un invito a concentrarsi all’ascolto della propria interiorità, per la quale sembra esserci sempre meno tempo», ha affermato Evelin al termine dello spettacolo. E aggiunto «Ho trascorso diverso tempo con i nativi in Amazzonia. Nello spettacolo ho cercato di riproporre i loro movimenti nelle danze, che sono lenti e ripetitivi, non per appropriarmene ma per restituirli attraverso il mio vissuto e i miei ricordi. Mi sono trasferito in Europa nel 1986, ma ho sempre mantenuto un forte legame con il Brasile, dove sono nato. Cerco di far conoscere la cultura indigena del Nord Est del paese, perché non c’è solo Riode Janiero e Sao Paulo, e non tutti i popoli devono seguire il modello di sviluppo occidentale, anzi è necessario presentare la ricchezza del mondo simbolico dei nativi. A Teresina insieme a Regina Veloso ho fondato CAMPO, spazio che è la sede di Demolition Incorporada ma non solo, organizziamo laboratori e incontri, perché creare comunità significa essere inclusivi, attivare dialoghi tra diverse culture e non monologhi».

La valorizzazione delle differenze e l’indagine degli elementi comuni dell’immaginario contemporaneo è stata indubbiamente affrontata nel festival, vissuto come luogo di aggregazione, che ci ha incantato e fatto riflettere, grazie all’eterogeneità delle performance e degli spettacoli.

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