06 aprile 2020

Raffaello, maestro sfortunato ma molto pop, grazie allo “sbaglio” di Fiorucci

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Cinquecento anni dalla morte di Raffaello e viverli a distanza online, ricordando il clamoroso errore di sovrascrittura degli Angeli in occhiali da sole di Fiorucci

Rovistando nell’archeologia dell’internet, sarà capitato a tutti di imbattersi nelle leggendarie domande di Yahoo Answers. E nelle altrettanto epiche risposte. Come dei misteriosi geroglifici, miracolosamente scampati all’usura del tempo e alle razzie dei (tomb) riders, alcune di quelle pagine ancora emergono, resistendo con tenacia al vorace algoritmo dell’indicizzazione. E ci raccontano come eravamo, cosa pensavamo e quale era il nostro orizzonte di aspettativa, quando digitavamo le nostre richieste e le nostre speranze ai motori di ricerca. Per esempio: «Come si chiama l’autore del quadro con i due angeli che è usato anche da Fiorucci?», è la richiesta dell’utente Sailor, inserita più di un decennio fa, nella categoria Arte e Cultura. Tante risposte, alcune sintetiche, tipo «Raffaello», altre fuorvianti, «Michelangelo!», altre ancora più enigmatiche della domanda stessa, «davide luise» (chiunque tu sia, se mai dovessi imbatterti in questo articolo, contattaci). E poi la risposta con il banner dorato a cinque stelle: «Raffaello Sanzio. I volti innocenti dei due angeli compongono la parte inferiore dell’opera “La Madonna Sistina”, – la quale si trova alla Pinacoteca di Dresda». La risposta completa, la migliore. Peccato che sia sbagliata. Gli Angeli di Fiorucci non sono quelli di Raffaello, lo sanno tutti eppure è inevitabile, per la nostra memoria visiva, sovrapporli. Un errore nel sistema della mente, che corre e ricorre tra momenti, immagini e sensazioni conservati da qualche parte e che, sbagliando i nessi, dà forma e sostanza a una realtà alternativa. In questo caso, poi, epic fail, visto che stiamo parlando di un’inesattezza fissata a doppio giro di vite nella percezione collettiva, ben prima di Yahoo Answers.

Paradossi del tempo e della memoria cache: dieci anni fa, visti da oggi, sembrano un’eternità. Magari più distanti rispetto ai cinquecento dalla morte di Raffaello, che cadono esattamente oggi, 6 aprile 2020. Morto lo stesso giorno della nascita (anche se la data del genetliaco è oggetto di una disputa: forse era il 28 marzo). Sfortunato Raffaello, genio maledetto, il 2020 doveva essere il suo anno e, da qualche parte, Leonardo si starà gustando saporitissime risate, sfogliando sul suo browser tutti gli eventi dedicati all’Urbinate, rigorosamente a distanza di sicurezza, tra cui la grande mostra alle Scuderie del Quirinale, attesissima, presentata e poi subito chiusa causa Covid-19. Ma almeno c’è il tour virtuale, in attesa di una passeggiata de visu. Insomma, Raffaello Artista maudit oltre la sua volontà, per quanto entrato nel paradiso della moda pop by Fiorucci per un abbaglio.

Tutti hanno desiderato e in qualche modo avuto la semplicissima t-shirt con gli angeli di Raffaello che non sono di Raffaello. Nel 1967, Elio Fiorucci aveva aperto il suo primo negozio a Milano, in Galleria Passerella, con allestimento di Amalia Del Ponte. Qui arrivavano capi meravigliosi, mai visti prima, esotici, provenienti direttamente da Londra. E poi, nel 1970, il momento di svolta, con l’introduzione del logo disegnato da Italo Lupi che sarebbe diventato iconico: due angioletti vittoriani, paffuti, boccolosi e con vistosi occhiali da sole, perché Elio Fiorucci seguiva il brit style, appunto. L’ispirazione raffaellesca è abbastanza chiara ma non così vistosa eppure l’identificazione è stata pressoché totale, sovrascrivendo la paternità di Lupi.

Elio Fiorucci e Andy Warhol

Ma il meccanismo non è poi così difficilmente spiegabile. I due angeli nella parte inferiore della Madonna Sistina diventarono immediatamente un soggetto copiatissimo e, aspetto ancor più significativo per questo nostro discorso, indipendente dalla composizione principale, che pure era rivoluzionaria per l’epoca. Terminato nel 1514, il dipinto a olio probabilmente fu realizzato per il convento di San Sisto a Piacenza, almeno così scrive il Vasari nelle sue Vite.

Il dipinto fu poi venduto nel 1754 a Federico Augusto III, re di Polonia e Sassonia, che voleva averlo sempre a portata di sguardo, al punto da far sistemare la sala del trono per osservarlo con comodità. «Fate posto al grande Raffaello!», disse il monarca, interessato più alla caccia che alla politica. Tra le sue passioni, il teatro, la musica, fu amico di Johann Sebastian Bach, e l’arte: la maggior parte delle opere della Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, uno dei musei più antichi e prestigiosi d’Euorpa, provengono da quelle collezioni regali e l’acquisto della Madonna Sistina di Raffaello sancì ufficialmente il primato di Federico Augusto come mecenate e protettore delle arti.

L’opera fu tenuta in grande considerazione non solo dal re ma anche da altri artisti, scrittori, poeti, musicisti che, nel corso degli anni e poi dei secoli, l’hanno osservata e portata con sé, nella propria memoria e trasformata ognuno nel proprio linguaggio. Dostoevskij la fa comparire nei Demoni, in Delitto e castigo e ne L’Adolescente. Uomini e donne reali e personaggi di finzione, tutti ammaliati dalla Madonna, con quel suo vestito così semplice e leggero, nonostante l’incredibile teatralità dell’epifania miracolosa. Dallo sfondo di volti quasi cesellati in una coltre di nuvole e prospettiva, dalle tende verdi aperte sulla scena da chissà quali mani. Dai due angioletti poggiati a un parapetto che chissà dove affaccia – forse nel mondo reale? – e che partecipano a ciò che sta accadendo con un certo distacco, con un’espressione vezzosa e annoiata e un po’ distante, come modelli di qualche rivista patinata.

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