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09
settembre 2008
fino al 14.IX.2008 Gregor Schneider Venezia, Fondazione Bevilacqua La Masa
venezia
Una mostra per raccontare un’opera che non sarà mai realizzata. Perché troppo simile alla Ka'ba a La Mecca. Perché troppo a rischio terrorismo per una città bomboniera come Venezia. Un’occasione sprecata? Tutt’altro...
Talvolta la verginità di pensiero è un buon approccio per il visitatore di una mostra, com’è il caso della personale veneziana di Gregor Schneider (Rheydt, 1969). Basta dimenticare le polemiche prima e durante la Biennale del 2005, l’idea della Ka’ba e quant’altro, per lasciar spazio all’esperienza individuale: si è così accolti dal portone della Bevilacqua La Masa, dipinto di nero, che prelude ed enuncia la successiva completa oscurità.
Si entra infatti in un budello in cui è letteralmente impossibile vedere, e i rumori -a cominciare da quello dei nostri passi o della nostra voce- sono attutiti fino quasi al silenzio. È uno spazio in cui mancano i riferimenti cartesiani cui siamo quotidianamente abituati, al punto di essere costretti a misurare i movimenti con le mani alle pareti, chiusi in una vagina buia a metà strada tra accogliente spazio fetale e claustrofobico contenitore di vuoto filosofico, in bilico tra curiosità e primordiale paura del buio. Poi, come un brutto sogno da cui usciamo accendendo un’abat-jour, ecco una luce flebile che annuncia il ritorno a un luogo in cui si può esercitare la facoltà della vista.
Potrebbe finire qui la mostra, in maniera inaspettata, decisa, asciutta, provocatoria. Un’esperienza forte, una magistrale e teatrale Gesamtkunstwerk, da esperire tutta d’un fiato, lasciando poi a visitatori e critici il senso del vuoto unito allo smarrimento, con lo stile raffinatissimo con cui Schneider ci ha abituati sin dalla Haus Ur (e che gli è valso, pur giovanissimo, il Leone d’Oro alle Biennale del 2001).
Ciò che segue è infatti la documentazione dell’arcinoto e irrealizzato progetto Cube Venice, con tanto di maquette e foto, unito a un video che ne testimonia, in visione notturna, l’effettiva realizzazione a Berlino.
La sensazione è quella di una grande caduta emozionale, un climax discendente che fa torto a una ouverture così strepitosa. La tensione declina verso un didascalico déjà-vu che racconta il lavoro preparatorio fatto dall’artista sul cubo nero, unito alle risapute difficoltà di portare a compimento il progetto, la cui realizzazione -per timore di atti di terrorismo- non venne mai presa in considerazione da parte del vecchio sindaco lagunare e nemmeno da quello attuale (come riferisce curiosamente nel testo in catalogo la curatrice Angela Vettese).
Di interesse l’ultima sezione della mostra, che presenta alcune delle foto di ambienti e di opere di grande dimensione di Schneider, e soprattutto alcuni dei suoi video più interessanti, tra cui quello, assolutamente da vedere, della passeggiata al buio nei sotterranei della Fondazione Morra Greco.
Si entra infatti in un budello in cui è letteralmente impossibile vedere, e i rumori -a cominciare da quello dei nostri passi o della nostra voce- sono attutiti fino quasi al silenzio. È uno spazio in cui mancano i riferimenti cartesiani cui siamo quotidianamente abituati, al punto di essere costretti a misurare i movimenti con le mani alle pareti, chiusi in una vagina buia a metà strada tra accogliente spazio fetale e claustrofobico contenitore di vuoto filosofico, in bilico tra curiosità e primordiale paura del buio. Poi, come un brutto sogno da cui usciamo accendendo un’abat-jour, ecco una luce flebile che annuncia il ritorno a un luogo in cui si può esercitare la facoltà della vista.
Potrebbe finire qui la mostra, in maniera inaspettata, decisa, asciutta, provocatoria. Un’esperienza forte, una magistrale e teatrale Gesamtkunstwerk, da esperire tutta d’un fiato, lasciando poi a visitatori e critici il senso del vuoto unito allo smarrimento, con lo stile raffinatissimo con cui Schneider ci ha abituati sin dalla Haus Ur (e che gli è valso, pur giovanissimo, il Leone d’Oro alle Biennale del 2001).
Ciò che segue è infatti la documentazione dell’arcinoto e irrealizzato progetto Cube Venice, con tanto di maquette e foto, unito a un video che ne testimonia, in visione notturna, l’effettiva realizzazione a Berlino.
La sensazione è quella di una grande caduta emozionale, un climax discendente che fa torto a una ouverture così strepitosa. La tensione declina verso un didascalico déjà-vu che racconta il lavoro preparatorio fatto dall’artista sul cubo nero, unito alle risapute difficoltà di portare a compimento il progetto, la cui realizzazione -per timore di atti di terrorismo- non venne mai presa in considerazione da parte del vecchio sindaco lagunare e nemmeno da quello attuale (come riferisce curiosamente nel testo in catalogo la curatrice Angela Vettese).
Di interesse l’ultima sezione della mostra, che presenta alcune delle foto di ambienti e di opere di grande dimensione di Schneider, e soprattutto alcuni dei suoi video più interessanti, tra cui quello, assolutamente da vedere, della passeggiata al buio nei sotterranei della Fondazione Morra Greco.
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mostra visitata il 30 giugno 2008
dal 30 maggio al 14 settembre 2008
Gregor Schneide – Cube Venice
a cura di Angela Vettese e Stefano Coletto
Fondazione Bevilacqua La Masa – Galleria di Piazza San Marco
Piazza San Marco 71/c – 30124 Venezia
Orario: da mercoledì a domenica ore 10.30-17.30
Ingresso: intero € 3; ridotto € 2
Catalogo Electa
Info: tel. +39 0415237819; info@bevilacqualamasa.it; www.bevilacqualamasa.it
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